BARCHE A VELA O “STRUMENTI TECNOLOGICI DA CORSA”?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Maggio, 2013 @ 7:07 am

Detto altrimenti: proiettiamoci nel … passato ed evitiamo questi tristissimi, inutili  lutti nel mondo della vela!

Tragica scuffiata

Baia di S. Francisco, California, USA. 10 maggio 2013 – L’atleta olimpico britannico trentaseienne Andrew “Bart” Simpson, che vinse una medaglia d’oro a Pechino nel 2008,è morto durante le prove dell’America’s Cup nella Baia di San Francisco, in California. Il velista era a bordo insieme ad altri undici compagni sul catamarano Artemis (manager Paul Cayard), che si è capovolto (ha “scuffiato”) durante una prova di allenamento per le gare della Coppa America. Bart è stato sbalzato in mare quando il natante si è ribaltato, è rimasto imprigionato sott’acqua ed è affogato. Innanzi tutto esprimo le più sentite condoglianze ai familiari della vittima, ed al suo equipaggio.

… storica!

Detto ciò, vengo al dunque. In un recente passato ho assistito a questo dialogo: “Perché un a volta le navi (a vela, n.d.r.) le facevano in legno?”. Risposta: “Perchè erano più flessibili sulle onde”. Risposta sbagliata. Quella giusta sarebbe stata : ”Perché non c’era altro materiale disponibile”.

In planata, come una tavola da surf!

Erano in legno ed avevamo forme arrotondate, quelle adatte a “dialogare” meglio con le onde. Infatti quelle navi/barche erano fatte per navigare “anche se” il mare non era completamente piatto. Poi si sono sviluppati altri materiali: vetroresina, ferrocemento, alluminio  e da ultimo il carbonio. Alla ricerca della leggerezza e della rigidità. Inoltre si sono modificate le forme, soprattutto a vantaggio di carene plananti, cioè con il “fondo” (cioè la carena) piatto, molto larghe soprattutto a poppa e con il “dritto” di prua e poppa verticali per allungare la linea di galleggiamento.

Catamarano “oltre” la planata!

Ma non è bastato: ci siamo inventati i moderni catamarani, che sviluppano velocità fono a 40 -45 nodi, cioè circa 80 kmh! Il risultato? Si tratta di strumenti da corsa ( non li definisco  barche), sui quali un errore umano o un imprevisto può trasformarsi nel migliore dei casi in danni milionari e nel peggiore in perdite di vite umane. Ecco, io credo che l’attuale periodo di crisi che sta attraversando gran parte del mondo “civilizzato” ci debba far riflettere anche su questo tipo di “sviluppo” della navigazione (rectius, competizione) a vela.

Azzurra … solo per vederne la carena: “dislocante”, non “planante”

Ho qui davanti a me che scrivo due riviste di vela: il n. 6 del giugno 1983 di “Vela e Motore” riportante in copertina l’equipaggio di “Azzurra” condotto da Mauro Pellaschier (il 18 giugno 1983 sarebbero iniziate a Newport le regate di selezione per la Coppa America); e il n. 5 del giugno 1992 di “Vela” con in copertina un grande “Grazie Moro”, quello di Paul Pierre Cayard. E provo tanta nostalgia, nostos algeo, dolore per il (mancato) ritorno (al passato). Dal greco.

Ecco, “7,40 metri” di barca da vera crociera vera!

Infatti io credo che così come in altri settori dello sport si adottano cautele a tutela dei partecipanti (reti di protezione nelle piste da sci; vie di fuga nelle gare automobilistiche, laddove nel passato i piloti si schiantavano contro i muretti a bordo pista); così anche nelle regate veliche occorrerebbe proiettarsi … verso il passato, abbandonare gli “strumenti da corsa” e tornare alle “barche”: anche se da corsa (nella nautica si dice “da regata”). Ciò inoltre potrà aiutare anche a divulgare maggiormente la cultura della vela e la diffusione della nautica a livello popolare. So bene che questo discorso è assolutamente fuori luogo in un periodo di dura crisi economica, ma la crisi c’è anche in Francia, e in quel paese, da sempre, possedere una barchetta di sette metri per “tirare bordi” con la famiglia è stato (ed è) come da noi possedere ieri una Fiat 1100 (ve la ricordate?) e oggi una Fiat Punto. E non essere persone – bersaglio del fisco.

Ecco, “8 metri” da regata travestiti da crociera

E le barche da crociera? Ormai anche quelle cosiddette da crociera spesso sono barche da regata “travestite” da crociera, così chi le acquista partecipa a regate destinate a barche da crociera e le vince perché lui, sotto sotto … sotto il suo fondo schiena, quando è seduto al timone, si ritrova – di fatto – una barca da regata!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Â