POST 1114 – ANTONELLO DA MESSINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2013 @ 4:24 pm

Detto altrimenti: L’Accademia delle Muse di Trento in visita alle opere di Antonello da Messina al Mart di Rovereto.

A Rovereto, eravamo “quattro” amici al bar (“del Teatro”) … anzi ben di più … “quindici” (!) ma non entravamo tutti nella foto. Noi, amici Accademici delle Muse, dell’omonimo circolo culturale privato di Trento, in missione. Guidati dalla prolusione del nostro Umberto Sancarlo, che ci ha “preparatì” alla visita alla mostra delle opere di Antonello da Messina, lui, professore di Storia dell’Arte, lui … “siculo” non di Messina ma di Palermo (e vabbè …).

Antonello. L’avevamo anche studiato a scuola, ma quanti anni fa? Ed eccoci al ripasso della materia. Umberto ci ha tenuto a che la nostra visita non si traducesse poi solo in “un, sì, certo ci sono stato … è bellissima”, ma in qualche cosa di più sostanziale. Ci ha illustrato l’ambiente messinese della nascita del pittore, come pure l’ambiente napoletano, ovvero Angioini (Renato d’Angiò) e Aragonesi (Alfonso d’Aragona), francesi e spagnoli, stranieri dunque, non italiani. E straniera era l’arte del quattrocento in Sicilia fino a quando … fino a quando Antonello, a metà del ‘400, non impara a conoscere i pittori Fiamminghi – invitati a Napoli – e la loro nuova tecnica di pittura ad olio su tela; e fino a quando non se ne va a Firenze e a Venezia ad assorbire, soprattutto a Firenze (Piero della Francesca), il primo Rinascimento italiano e a trasportarlo all’estero. In Sicilia, appunto.

Umberto Sancarlo

Il Rinascimento che pone al centro l’uomo, ne rivaluta la figura, ne valorizza il ritratto, lo spazio (realistico) che lo circonda, l’ambiente nel quale l’uomo vive, la natura in cui vive, rappresentata nel modo più realistico possibile. Il Rinascimento che si inventa la prospettiva architettonica (linee e spazi, v. Brunelleschi) e la prospettiva aerea: i diversi piani del dipinto con colori sempre più sfumati man mano che si allontana dall’osservatore e ci si avvicina all’orizzonte. Spazio come visto dall’occhio umano. E l’uomo rappresentato nella sua concretezza. Il Rinascimento nell’arte è soprattutto umanesimo nella pittura. L’uomo del Rinascimento è l’uomo concreto. Nel ‘300 di Giotto non era stata avvertita questa esigenza. Prima di Antonello la pittura (medievale e bizantina) era soprattutto “piatta”, a tempera e su pala di legno. Con Antonello da Messina si introduce, man mano, la prospettiva anche nei ritratti e, soprattutto grazie all’innovazione delle Fiandre, trasportata a Venezia, si dipinge non più su “pale” lignee ma su tela. Infatti le “pale” – ad esempio di 3×4 metri, erano assai difficili da trasportarsi in un città, Venezia, che non aveva strade e che poi, soprattutto con l’umidità, si “imbarcavano” “si piegavano” (a Venezia quindi si imbarcavano due volte: si caricavano sulle gondole da trasporto e si “imbarcavano” in quanto di piegavano!).

Nato a Messina, ragazzo di bottega presso pittori locali, mandato dai genitori a Napoli (primi venti anni). A ventisei anni apre una propria bottega d’arte, bene affermato, con un buon portafoglio d’ordini e alcuni allievi. Curioso della grande innovazione, soddisfa la sua curiosità con frequenti viaggi a Firenze e in altre città rinascimentali. Invitato a Milano da Francesco Sforza, non riesce a recarvisi per i suoi numerosi impegni.

L’ Annunciata

Significativo il suo soggiorno veneziano (1345-1347) durante il quale conosce Giovanni Bellini, il capostipite della serie dei pittori veneziani: Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese. Dal 1347 al 1349 è a Messina ove realizza le sue migliori opere, fra le quali spicca l’ “Annunciata”. Con tale opera è la prima volta che l’Annunciazione non è rappresentata in un cortile, con l’Angelo, bensì con la sola Madonna, di fronte, Madonna che guarda in faccia l’osservatore, il quale è in tal modo partecipe del Mistero. Sfondo nero, leggio chiaro, dipinto non frontalmente, una pagina del libro che quasi svolazza. Molta umanità e prospettiva. Quest’opera è quella che maggiormente di distacca dalle opere “prima maniera”, cioè da quelle anteriori alla sua “conversione” al Rinascimento.

Che altro dire? Grazie, Umberto!