ANDIAMO IN BICICLETTA, ANCHE IN TRENTINO, ANCHE A TRENTO, ANCHE A ROVERETO, ETC..

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Febbraio, 2012 @ 2:47 pm

Alessio Zanghellini

Detto altrimenti: fa parte di un nuovo modello di crescita …

 

Il mio amico Alessio Zanghellini mi ha segnalato un video commentato in inglese e sottotitolato in italiano (http://video.repubblica.it/mondo/olanda-così-sono-nate-le-ciclabili/89068?/video). Ve ne trascrivo il testo, leggermente sintetizzato

BICICLETTE IN OLANDA

Olanda

L’Olanda è il paese con il più alto numero di ciclisti nel mondo, ed è anche il posto più sicuro per andare in bicicletta. Questo è in gran parte dovuto alle perfette infrastrutture ciclabili presenti in tutto il Paese. Come sono riusciti gli Olandesi a costruire questa rete ciclabile di qualità? Alcuni, fra i quali anche molti Olandesi, pensano che questa rete sua sempre esistita. Ciò è vero solo in parte. Infatti, alcune piste ciclabili esistono da sempre, ma erano completamente diverse da come sono oggi. Strette, malamente asfaltate, pericolose ed interrotte da incroci fra di loro. D’altra parte, all’inizio, le piste ciclabili non erano davvero necessarie: infatti le biciclette erano di gran lunga le “padrone quasi incontrastate della strada”, rispetto alla scarsa dimensione del restante tipo di traffico.

Dopo la seconda guerra mondiale tutto cambiò. Gli Olandesi dovettero ricostruire il Paese e divennero incredibilmente ricchi. Dal 1948 al 1962 il reddito medio aumentò del 44% e nel 1970 l’aumento toccò l’impressionante incremento del 222%. La gente poteva ormai permettersi beni di lusso e soprattutto dal 1957 in poi le auto in circolazione aumentarono moltissimo in città che non erano state pensate per accogliere automobili. Così, molti edifici vennero demoliti per far spazio per le automobili. Anche alcune vecchie infrastrutture ciclabili vennero rimosse. Le piazze vennero trasformate in parcheggi e i nuovi insediamenti vennero serviti da strade larghissime adatte al traffico a motore. Le distanze quotidiane percorse crebbero dai 3,9 Km del 1957 ai 23,2 Km del 1975. Ma questo “progresso” ebbe un costo terribile: il ciclismo venne ignorato diminuendo del 6% all’anno e nel solo 1971 ci furono bel 3.000 morti. Più di 400 di essi furono bambini sotto i 14 anni d’età.

La strage dei bambini portò la gente nelle piazze a protestare: “Fermate la strage dei bambini” si gridava chiedendo strade più sicure per loro, per i pedoni e per i ciclisti. Questa richiesta venne ascoltata, soprattutto quando nel 1973 la prima crisi petrolifera bloccò il paese. L’allora primo ministro olandese disse alla gente che quella crisi avrebbe cambiato la vita, che si dovevano cambiare abitudini per essere meno dipendenti dall’energia petrolifera e che tutto ciò sarebbe stato possibile senza ridurre il livello della qualità della vita. Inoltre, le domeniche a piedi per risparmiare il greggio ricordavano alle persone come apparivano le città senza auto in circolazione. In questo periodo vennero pedonalizzati i primi centri storici, ma le proteste continuarono.

Olanda

La motorizzazione di massa infatti continuava a uccideva le persone, le città, l’ambiente. A quel punto, imponenti biciclettate pubbliche in tutte le città olandesi e proteste anche nei centri minori a sostegno della bicicletta crearono una consapevolezza che alla fine modificò il modo di pensare i trasporti. A metà degli anni ‘70 si cominciarono sperimentare percorsi ciclabili a Tilburg e a L’Aja. In una visione retrospettiva, essi rappresentano l’inizio della nuova rete ciclabile del Paese. L’uso della bicicletta crebbe in misura esponenziale, a l’Aja sino a + 60% e a Tilbur sino a + 75%. “Costruite e arriveranno” era il motto che si rivelò vero in Olanda.
Oggi il ciclismo in Olanda è una componente primaria ed integrante della politica della mobilità e la piazza, un tempo asfaltata, sulla quale avevano manifestato i ciclisti, oggi è un gran prato verde, diventato il logo della città.

Il mio commento è già insito nell’aver pubblicato questo post. E voi, cosa ne dite?