IL TRENTINO CHE VORREI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Maggio, 2014 @ 6:26 am

Detto altrimenti: il Trentino che voglio contribuire a realizzare  (post 1532)

Dicembre 2011. L’editore d Trentoblog, l’amico Ing. Andrea Bianchi, mi offrì di diventare uno dei “suoi” blogger. Accettai “de bala” … visto che scrivere mi è sempre piaciuto. Ma come iniziare? Andrea mi suggerì: “Prova a scrivere del Trentino che vorresti”. Ci provai, senza riflettere molto, distratto dalla novità del mezzo comunicativo  che stavo utilizzando.

Oggi riprendo il tema, sollecitato dall’andamento delle elezioni europee e non più distratto dal mezzo comunicativo, che dopo i miei 1530 articoli (alias “post”) alla media giornaliera di 1,7 articoli al giorno integrati ad oggi dai 1931 commenti di voi amici lettori, mi è diventato familiare. Ma vediamo di iniziare.

Riprendo il tema, una volta tanto gratificato da una buona dose di “orgoglio comparativo”, in quanto cittadino di un’Italia nella quale – unico caso in tutta Europa! – il partito europeista di governo è uscito ampiamente rafforzato e non “sconfitto” dalle forze antieuropeiste di opposizione!

La crisi planetaria ha inciso anche sull’Italia se non altro nel senso di interrompere il fenomeno dell’aumento del debito pubblico.

Ciò ha condotto Roma a cercare di drenare risorse anche a carico della nostra Autonomia, che quindi è costretta a fare di necessità virtù, cessando di essere una “Autonomia a pioggia” (di contributi pubblici).

La politica locale si divide fra chi cerca di continuare ad essere – per quanto possibile – un cash dispenser delle risorse finanziarie residue, e chi – anche a rischio di impopolarità – cerca di utilizzare dette risorse per costruire un futuro.

Per realizzare il futuro occorre essere al governo. Per essere al governo occorrono i voti anche di chi preferisce continuare ad essere “dissetato” dalla “pioggia residua” (la quale, però, non costruisce futuro).

Occorre quindi parlare con la gente con un “parlare” del tutto particolare, che sia soprattutto un “ascoltare la gente che parla”. In altre parole occorre essere curiosi del pensiero altrui qualunque esso sia: occorre quindi creare i “luoghi dell’ascolto” entro i quali il nostro pensiero possa inserirsi come “risposta” alla proposta altrui, in un “comunicare” che non può e non deve essere mai solo “informazione unidirezionale” o scelta binaria fra “bene e male”, “bello e brutto”, “utile ed inutile”, “giusto e sbagliato”, etc..

L’Aut-aut kirkegardiano genera angoscia ed è pericoloso: estremizza e radicalizza le posizioni di ognuno, semplifica (erroneamente) il tentativo di soluzione di ogni problema: come affermava Umberto Eco, ogni problema complesso ha sempre anche una soluzione semplice, ed è quella errata …

Quindi non più solo “informazione unidirezionale” (la base chiede oppure la politica elargisce), bensì “comunicazione bidirezionale”, dialogo, communis actio, azione (del pensiero) comune. Occorre passare dalla IT- Information Technology alla ICT – Information Communication Technonoly.

E quindi … quale è il Trentino che vorrei? Quello dei luoghi della comunicazione,. Luoghi nei quali ci si scambiano le reciproche conoscenze e quindi si aumenta la cultura di ognuno, cultura che altro non è che “l’insieme delle proprie conoscenze”.

Ma “come” iniziare? In alcuni post precedenti, riferendomi all’Italia, scrissi che il primo problema del paese è il problema antropologico, cioè l’arrivare ognuno di noi a “sentirsi parte del Paese, sentire il Paese come cosa propria”. Lo stesso qui da noi in Trentino. Dobbiamo sentirci – ognuno – centro di potere e di responsabilità nei confronti dell’obiettivo “Bene Comune” che altro non è che il rinnovamento della Nostra Autonomia, intesa come desiderio, volontà e soprattutto capacità di autogoverno.

Autogoverno, capacità di auto-governare la Comunità, non se stessi singolarmente. Autogoverno e Autonomia quindi come ricerca collettiva del Bene Comune e quindi come superamento della ricerca della “pioggia contributiva per me gli altri si arrangino”. Ecco, l’ho detta … (chissà se ora il numero dei miei lettori aumenterà o diminuirà …).

Scendiamo sul piano concreto con un esempio di ciò che può essere “possibile”. Ammettiamo che dalla “comunicazione” derivi che il maggior problema sia la “paura”. Alcuni hanno “paura” per la propria incolumità fisica; altri per i propri beni; un numero molto maggiore di persone ha “paura” del futuro, di non avere un futuro o di avere un futuro peggiore. Ed allora occupiamoci di eliminare la paura più diffusa, quella relativa all’ “andamento del futuro”. Dice … occorre creare lavoro. Ma il lavoro lo si crea innovando.

L’innovazione può essere di idee, tecnologie, di processi, di competenze, di alleanze strategiche. Per fare ciò occorre abbandonare il populismo assistenzialista e l’assistenzialismo distributivo  per destinare quelle risorse  alla formazione professionale; occorre attivare azioni di collegamento fra la domanda e l’offerta di lavoro; occorre premiare le imprese che innovano. Alla base di tutto, soprattutto dev’esserci una “idea nuova”: la riflessione sulla adeguatezza dell’attuale modello di sviluppo ed il suo eventuale aggiornamento.

Per fare ciò occorre esserci. Per esserci occorre il consenso della popolazione. Il consenso potrà esserci se sarà consapevole. La consapevolezza deriverà dalla “comunicazione” nei luoghi della comunicazione, che possono essere sia fisici che virtuali, come quello nel quale io e voi tutti, miei lettori, ci stiamo ritrovando.

Ed i “luoghi della comunicazione” per eccellenza sono i partiti politici, luoghi di sintesi delle varie istanze, luoghi di formazione dell’Idea Comune volta alla realizzazione del Bene Comune. Altro che “antipolitica” o “politica personale” ad ogni livello, sia esso a livello di organi di partito e/o di organi di governo!

Un incentivo alla parteciazione comunicativa di tutti i cittadini? Che ogni progetto approvato e realizzato porti il nome dei suoi ideatori.

Ecco, ho finito. Ecco il Trentino che vorrei. E con questo credo di avere risposto al meglio delle mie possibilità all’invito rivoltomi dal mio amico editore Andrea Bianchi nel dicembre del 2011. Meglio tardi che mai, dirai tu, Andrea!