IL LAVORO INTRAPRENDENTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Luglio, 2014 @ 6:09 am

Detto altrimenti: la partecipazione del lavoratore (post n. 1599. Il post n. 1 è del dicembre 2011)

Anteprima

Scialla, raga (calma,  ragazzi):  io non mi riunisco con amici solo per andare in biciletta! Da pensionato qual sono (assolutamente non certo d’oro, ma quanto basta ….), da persona “libera di” e “libera da”, sento comunque il bisogno di “esserci” nel cercare di fornire al Sistema un contributo per la crescita, soprattutto in un periodo di crisi quale l’attuale. Più volte è capitato di chiedersi quale sia il primo problema del Paese, e più frequentemente si sente dire ”il lavoro, l’occupazione”.  A me piace proporne un altro: il problema antropologico dell’appartenenza ad un gruppo, ad una città, ad una  Provincia, ad una Euregione, ad uno Stato e soprattutto – mi auguro presto – agli Stati Uniti d’Europa!. Appartenenza nel duplice senso: io “appartengo a quella Entità” e quella Entità “appartiene (anche) a me”. Da questo senso di appartenenza-immanenza scaturisce l’obbligo, il piacere, la necessità, il dovere di fornire il tuo contributo a questo “Sistema territoriale di concepire il mondo”.

Fine dell’anteprima. Ora possiamo iniziare

A cena in una sala riservata. Ognuno paga il suo. Alcuni tavoli. Ognuno un tema. Il mio? “La partecipazione del lavoratore”. Partecipazione su quattro livelli: motivazionale, giuridica, economica, culturale (cultura= insieme delle conoscenze, n.d.r.).

N.B.: parlo di livelli non  in quanto siano all’interno di una scala gerarchica:  bensì solo per una esigenza di ordine, di chiarezza nei ragionamenti …

Fino a poco tempo fa, era un top-down: da una parte l’imprenditore, il capo; dall’altra il lavoratore: “Vieni che ti dico cosa devi fare” (IT, Information Technology). Oggi dalla crisi si esce con la competitività che deriva soprattutto dalla “partecipazione” di tutti alla crescita ed allo sviluppo dell’ “intrapresa”, soprattutto in termini di idee, di contributi anche volontari ben oltre l’imposizione del contratto di lavoro (ICT, Information Communication Technology). Da parte del lavoratore ciò può e deve avvenire sulla base di una premessa: egli deve essere motivato. La motivazione è oggi il primo fattore della produzione, prima dl “capitale” e prima del “lavoro ex previsione contrattuale”. La motivazione deriva dall’attribuzione al lavoratore di responsabilità e potere, mai dalla attribuzione – come purtroppo assai spesso avviene – della sola responsabilità. Deriva dal rispetto che è dovuto ad ogni persona, al rispetto della sua dignità che si traduce innanzi tutto nella convinzione che l’impresa cresce solo insieme alla crescita di chi vi lavora e viceversa.

Questo primo livello o meglio, primo approccio al problema è comune ad ogni Paese. Poi vi sono Paesi (ad esempio la Germania, l’Austria, l’Olanda, la Svezia) che hanno sviluppato più del nostro un secondo, differente, ulteriore, livello partecipativo, quale quello della creazione di istituzioni e strumenti di governance che coinvolgono direttamente i lavoratori nella gestione dell’impresa: gli strumenti sono quelli del “doppio canale” (attivazione del sindacato e in parallelo direttamente dei lavoratori stessi); la partecipazione – nella gestione dell’impresa – ai Consigli di Gestione e/o a quelli di Sorveglianza.

Il terzo livello è rappresentato dalla partecipazione economica ai risultati dell’impresa, attraverso la pratica dell’MBO (Management By Objectives o premi di rendimento che si aggiungono – in misura marginale – alla retribuzione fissa); la trasformazione della retribuzione da “fissa” in parte fissa ed in parte - ben più che marginale –  variabile; più raramente, la partecipazione del lavoratore al capitale azionario dell’impresa. Per inciso … si dice che la nostra Cooperazione trentina con il suo “una testa, un voto” rappresenti vera partecipazione. Io mi permetto di dubitarne, visto lo stravolgimento che essa ha subìto rispetto alla iniziale Cooperazione del suo fondatore, Don Lorenzo Guetti; di fronte ai molti “livelli cooperativistici” esistenti; rispetto al sistema della pre-organizzazione dei consensi. Ma questa è un’altra storia …

Quarto livello. La partecipazione del lavoratore deve prendere le mosse anche da quanto più egli è formato, istruito, da quanto più egli stesso “cresce” all’interno dell’impresa, e ciò chiama in causa un altro aspetto della questione: quello del “mantenimento e trasmissione della Conoscenza”. Le aziende medio-grandi possono investire a tal fine su apposito management (il Manager della Conoscenza), sempre che lo vogliano fare. Le piccole imprese spesso non possono dedicare risorse finanziarie a tale scopo. Ed allora occorre intervenire sul capo, sul proprietario… anzi, occorre che a intervenire sia il capo, il proprietario. Ma costui … saprà intervenire? Vorrà intervenire? Per il Trentino – terra di poche grandi imprese; di alcune imprese medie, di molte piccole imprese – questo problema è sicuramente molto rilevante. Una soluzione potrebbe essere quella che le piccole imprese, a gruppi, formino dei consorzi, delle filiere, delle reti anche o anche solo esclusivamente a tale fine: per “concedersi il lusso”, condividendone i costi, di tale servizio.

E questo può essere un compito della Politica: della Politica dei Politici e dei Sindacati (le lettere maiuscole non sono utilizzate a caso, perché purtroppo esistono anche una “politica”, molti “politici” e semplici “sindacati”, n.d.r.): quello di dare centralità a questo problema, di porlo scientificamente sul tappeto, di affrontarlo a piene mani e non solo con la mano sinistra, distrattamente, marginalmente, con le spalle, la testa, la mente e lo sguardo già rivolti altrove, a “cose” ben più importanti: “Che volete, ho ben altro cui pensare io … alle prossime elezioni, altro che alle prossime generazioni!”

E invece ieri sera, la Politica, i Politici ed i Sindacati – che pure erano presenti – hanno fatto, insieme,  vera “Politica”.

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