L’ATTUALITA’ DE “L’UTOPIA” DI TOMMASO MORO (THOMAS MORE)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Dicembre, 2014 @ 3:07 pm

Detto altrimenti: Tommaso Moro, più attuale che mai (post 1805, un po’ più complesso dei soliti, si può leggere anche “a rate”), con la sua opera “L’Utopia”, ovvero lo Stato Ideale.   (post 1805, ma v. anche post di ieri).

Premessa

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Sir Thomas More

Sir Thomas More, alias Tommaso Moro, Lord Cancelliere del re d’Inghilterra Enrico VIII, pensatore politico. Nel febbraio del 1531 il parlamento inglese, su proposta dell’arcivescovo Warham, accetta che il re sia il capo della Chiesa. Nel maggio del 1535 la monarchia si sostituisce al papato nella direzione della Chiesa nazionale. Tommaso Moro rifiuta di seguire il sovrano nella sua politica religiosa: il 6 luglio dello stesso anno il Moro viene giustiziato. Nel 1935 Pio IX lo proclama santo.

Ve l’avevo promesso, ve lo dovevo. Non è facile sintetizzare il pensiero di Tommaso Moro. La sintesi è infatti, da sempre, il procedimento logico più complesso, soprattutto per chi si propone di evitare di perdere per strada qualche passaggio rilevante.

Ed allora mi viene in aiuto la “scusa del blogghese”: infatti posso sempre dire che ogni imperfezione, ogni carenza sia dovuta alla necessità di tradurre in tale linguaggio i concetti dell’opera del Moro, ovvero di tradurli non tanto in un linguaggio immediatamente comprensibile da parte delle mie lettrici e dei miei lettori (con il che infatti – se non altro – farei offesa alla loro intelligenza), bensì in un linguaggio immediatamente  leggibile.

Anteprima

Platone aveva adottato “i dialoghi” quale forma letteraria immediatamente leggibile. Il Moro, in una qualche misura, lo ha copiato: infatti si è inventato un dialogo fra se stesso ed alcuni personaggi, fra i quali spicca un viaggiatore, tale Itlodeo, che narra delle sue esperienze maturate in giro per il mondo (alcune fatte sulle navi di Amerigo Vespucci), e che nel romanzo-saggio-denuncia fa la parte del leone, soprattutto raccontando come è organizzata la Repubblica dell’Isola di Utopia.

thM7OXH4DLL’attualità dell’opera del Moro? La descrizione di una società felice e ben strutturata (quale oggi potrebbero essere gli Stati uniti d’Europa, n.d.r.) in contrapposizione ad un’Europa dilaniata da guerre militari e/o economiche e/o religiose: la chiamata di tutto il popolo “alla cultura” (v. qualche tempo dopo, tale Adriano Olivetti, n.d.r.), contro l’attuale panem et circenses; la valutazione “formale” dell’ordine naturale e della natura, contro l’attuale violenza alla natura e al suo ordine; l’esistenza e la valorizzazione di leggi morali eterne preesistenti, contro l’attuale amoralità dilagante; un’economia di puro consumo e di giustizia sociale ed economica, contro l’attuale accumulazione esasperata di ricchezza da parte di pochi; la solidarietà sociale, contro l’attuale sfrenato individualismo; l’immortalità dell’anima, contro l’attuale distratto ateismo materialistico; la semplicità dei fatti fondamentali di verità, contro l’attuale esasperato tecnicismo dogmatico; il suo pacifismo e la individuazione di pochi e ben definiti casi di “guerra giusta”, contro l’attuale corsa al colonialismo armato integralista e/o religioso e/o economico; l’esaltazione della ragione umana quale veicolo verso la fede, contro l’attuale contrapposizione fra ragione e fede.

Quanto sopra, per riassumere anticipatamente il senso del pensiero del Moro a vantaggio di chi non avesse il tempo per leggere innanzi. Detto questo, possiamo incominciare, con la tecnica espositiva dell’  “elenco”

Elenco (in grassetto le parti che io condivido maggiormente)

  1. Bersaglio del Moro è la tirannide della monarchia inglese.
  2. Insieme a Erasmo da Rotterdam: “E’ quistione di non tassare i poveri ma i possidenti, non i beni necessari alla vita ma il lusso, di praticare una politica finanziaria onesta, di prevenire il delitto piuttosto che di punirlo”.
  3. Non è corretto creare povertà, indurre in tal modo i poveri al furto e poi pretendere di punire i ladri anziché rimuovere le cause del loro delinquere.
  4. Chi sono i poveri? Le vittime della “dis-economia”, dei privilegi di casta, del latifondismo, (delle multinazionali, n.d.r.); delle politiche monopoliste ed oligopoliste, della iniqua enorme accumulazione della ricchezza in capo a poche persone.
  5. Contro la pena di morte. Dio ha detto: “Non uccidere. L’uomo non può aggiungere: “Si, vabbè, però vi sono eccezioni a questa legge, e le stabilisco io”.
  6. Si all’amnistia.
  7. Quale massima punizione infliggere? I lavori forzati per ripagare i anni causati.
  8. Dove si misura ogni cosa con il (solo, n.d.r.) denaro, non fiorisce lo Stato.
  9. Occorre che tutti lavorino non più di sei ore al giorno. Se si lavora di più, significa che si lavora anche al posto di chi non lavora. Poi, 8 ore di riposo e 10 di svago e cultura.
  10. Non bisogna avere paura del confronto, del nuovo. Non ci si può lasciar dire “si è sempre fatto così”.Occorre riaffermare la preminenza e la prevalenza del parlamentarismo.
  11. Spesso è inutile e pericoloso cercare direttamente di far ragionare chi sta governando in modo opposto ai principi etici ai quali lo si vorrebbe convertire. Occorre procedere con tatto, con prudenza, gradualmente.
  12. Le leggi devono essere poche e semplici. Non ci deve essere bisogno di avvocati.
  13. La sicurezza del re si fonda sul benessere del popolo, più che sul proprio.
  14. La dignità regale consiste nel governare un popolo di benestanti, non uno di quasi schiavi poveri.
  15. Le casse dello stato devono essere limitate al necessario; una accumulazione esagerata genera appetiti da parte di altri stati.
  16. A chi sta al governo deve essere assicurato un decoroso mantenimento acciocchè non sia spronato a rubare denaro pubblico (v. finanziamento pubblico dei partiti, n.d.r.).
  17. L’acceso all’isola di Utopia è aperto a tutte le persone oneste. Alle altre no.
  18. La legge elettorale di Utopia: le famiglie eleggono 200 senatori; il popolo elegge quattro candidati Principi fra i quali  i senatori scelgono il Principe (tale a vita).
  19. Arti e mestieri: preminente è l’agricoltura. Ogni cittadino impara due o più mestieri.
  20. Cultura: tutti devono potervi accedere.
  21. No al gioco d’azzardo.
  22. No agli sfaccendati ad ogni livello.
  23. Per le infrastrutture si spende poco: infatti si fa molta manutenzione.
  24. I giovani sono valorizzati al massimo.
  25. Molta cura per i malati e i vecchi.
  26. Pianificazione urbanistica.Molta cura del verde pubblico
  27. Il passaporto e lՉ۪assistenza ai viaggiatori.
  28. L’export.
  29. Il commercio equo e solidale.
  30. La solidarietà e la carità.
  31. Il ferro vale più dell’oro.
  32. Non rendere onori alla ricchezza in quanto tale.
  33. Politica, morale e religione.
  34. No al dolore.
  35. Si ai piaceri buoni e onesti.
  36. Si al mio bene se coesiste con il bene altrui e non lo sacrifica (cd. bene comune, n.d.r.).
  37. Si è più ricchi ove molto si doni.
  38. No ai falsi piaceri: le belle vesti, essere salutati per primi, portare gioielli.
  39. No alla caccia come sport.
  40. Si alla corretta alimentazione, al moto, al ricambio fisiologico regolare dell’organismo, si ad un tranquillo riposo.
  41. Amore per la cultura, amore per i classici.
  42. No alle spose bambine.
  43. Balie e asili nido.
  44. No ai matrimoni combinati.
  45. No all’adulterio.
  46. Si al divorzio.
  47. Il senato di allora come la Sacra Rota di oggi.
  48. No al ripudio.
  49. Si alla monogamia.
  50. No al lifting.
  51. Si all’eutanasia di malati tipo SLA.
  52. Cura ai diversamente abili.
  53. o ai trattati internazionali.
  54. Le guerre giuste: di difesa propria e altrui contro le aggressioni.
  55. Le guerre si vincono più con il cervello che con i muscoli.
  56. No alla violenza sulle popolazioni civili coinvolte in una guerra.
  57. Mai perdere fiducia nella vittoria, anche quando si sta fuggendo: possono intervenire le riserve contro un nemico ormai rilassato e distratto.
  58. Molte altre strategie di guerra (si a reparti di marines/lagunari, ai mercenari, etc.).
  59. Massima tolleranza e libertà religiosa.
  60. No alla superstizione.
  61. Se si volesse tacere sul male prodotto dagli uomini, bisognerebbe tacere su l’intero insegnamento di Cristo.
  62. L’insegnamento di Cristo spesso è travisato ad arte dagli ipocriti.
  63. Si a sacerdoti donna.
  64. Si a preti sposati.
  65. Funzione pacificatrice dei cappellani militari.
  66. Si a Cristo, all’aldilà, alla vita eterna, al giudizio divino dopo al morte.

In sintesi: libertà nella giustizia sociale, intelligente sobrietà, una ragione che conduce alla fede, il rispetto di un corretto ordine delle priorità.

Ecco, ho cercato di ridurre ad un (banale) elenco  molti dei temi trattati dal Moro. Orbene, oggi vi paiono idee trite e ritrite, banali, scontate, ovvie …? Ma provate un po’ a calarvi nel tempo e nei luoghi nei quali furono pensate, enunciate e scritte dal primo consigliere di un re tiranno nel 1500 e si comprenderà il valore della visione di Tommaso Moro. E riflettete su come ancora oggi siano irrisolti molti dei mali contro i quali il Moro teorizzava, oggi che siamo storditi di fronte alla Mafia Romana, “ultimo” scandalo – anzi, il più “recente” scandalo: magari fosse l’ultimo! – che ha superato ogni nostra immaginazione.

“L’Utopia” cos’è? Un saggio? Un romanzo storico? Una filosofia? Un manuale di governo? Io propongo che se noi vogliamo in qualche misura rendere onore al merito, e cioè al Santo, possiamo semplicemente dire che si tratta di una sorta di “Dottrina Sociale dell’Umanità”.

P.S.: Volete leggere direttamente L’Utopia? Ve lo consiglio caldamente. Potreste cominciare dall’ultima parte, quella nella quale si descrive l’organizzazione di Utopia. Poi retrocedete e leggete le altre parti in ordine inverso, fino a terminare con le immancabili prefazioni (che si chiamano “pre”-fazioni anche se sono ovviamente scritte “dopo”) e introduzioni. Potrete in tal modo sia appassionarvi maggiormente alla lettura, sia confrontare l’opinione personale che vi sarete formata in modo autonomo e non pilotato, con quella dei vari pre-fatori e introduttori.