EDIPO RE, QUELLO DI SENECA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Dicembre, 2014 @ 4:02 pm

Detto altrimenti: la stessa tragedia due autori, due diverse visioni   (post 1814)

Biblioteca Comunale di Trento. Gruppo di lettura dei classici “di” Maria Lia Guardini, la nostra Prof. Il 25 novembre scorso  avevamo visto quello di Sofocle (cfr. ivi).

Edipo si crede figlio di un re e di una regina (Corinto) . L’oracolo gli predice che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre,. lui va in altra città (Tebe) , uccide un tizio (re) per una questione di precedenza stradale (sic) e ne sposa la vedova (che risulterà essere sua madre che lo aveva affidato infante a certe persone, per liberarsene), diventa re Gli dei mandano la pestilenza su Tebe. L’oracolo dice che per fermare la pestilenza occorre punire chi uccise il vecchio re. Viene fuori tutta la verità. Edipo per punirsi si acceca. la madre-moglie si uccide.

Qualcuno potrebbe dire: si tratta di un post “erudito, riservato a pochi”. E invece no. No se facciamo un duplice sforzo: quello di immergerci del periodo storico (per conoscere meglio la Storia (e poichè historia magistra vitae … hai visto mai che prima o poi noi alunni s’impari qualcosa di buono!) e quello di vedere se non sia possibile attualizzate quelle situazioni, ovviamente “mutatis mutandis”.

L’angolazione dell’approccio può essere molteplice: storica, psicologica (le più rilevanti); letteraria, teatrale, morale, religiosa, per citarne alcune delle altre.

Dice .. la Storia? Ma è una tragedia, un parto della fantasia! Dico, si, è vero, ma chi l’ha scritta è un personaggio storio che è vissuto un periodo storico. E Seneca sotto sotto ha la pretesa di educare nientepopodimeno che … Nerone! Infatti nel periodo dell’età imperiale (Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone) veniva avvertito molto forte il problema della libertà e il ruolo di governo del “principe ideale” in contrapposizione al “principe tiranno”.  Ed Edipo, tiranno un po’ lo è, quando ad esempio ordina a taluno di parlare “o vuoi che ti ci costringa con la tortura?” E a chi gli risponde che il “diritto a tacere” è la richiesta minima che si possa fare ad un re, replica “Per un re e per un regno spesso la libertà di tacere è più pericolosa della parola, quindi parla!”.

Psicologicamente. I personaggi di Seneca sono tutti caratterizzati psicologicamente, un vero campionario. Essi passano dall’inconscio al conscio. In Sofocle passavano dallo sconosciuto al conosciuto.

Letterariamente. Forme e vocaboli ricercati, frasi brevi, conclusioni sintetiche ad effetto. destinato alla lettura per un pubblico dotto. Poco rappresentabile a teatro. Quanto alla descrizione della peste, sembra quella manzoniana (ovvero: viceversa!). Viene poi in mente Lucrezio, là dove si descrive la natura. E infine Shakespeare, to be or not to be … vivere o morire, resistere o farla finita ….

Teatro. In Seneca il coro ha una funzione quasi lirica, è una voce molto erudita, fuori capo per “far passare” elementi filosofici e morali sui quali meditare: Si differenzia dal coro di Sofocle che è “drammatico”, ovvero partecipa all’azione e agisce sulla base del comune sentire. Il prologo poi anticipa il tema dominante dell’ “angoscia”, diversamente dal prologo greco che invece prepara la vicenda. In scena: Edipo esce di scena quasi sempre da solo. Nella “sceneggiatura” vi è alcune volte quasi gusto dell’orrido (Seneca, Dario Argento ante litteram) nella descrizione di sacrifici mal riuscii; dell’auto accecamento; del karakiri della regina. La sceneggiatura è divisa in cinque parti, come sarà fino alla commedia dell’arte.

Morale. Tragedia ethocentrica, concentrata sugli aspetti morali, sintesi dell’etica stoica: vivi, resisti combatti ma se proprio vedi che non ce la fai, puoi sempre suicidarti.

Religione. Dio è il logos. Per i latini è la logica. Per i Greci il logos dell’uomo libera l’uomo dal male. Per i cristiani il logos è il salvifico atto divino di grazia.

Ma la ciliegina sulla torta la nostra Prof l’ha messa fine, quando chi ha spiegato come il Signor Bertolt Brecht vede la differenza fra Seneca ed Euripide, ovvero fra la dorma “drammatica” e la forma “epica” del teatro. Prima di elencare le differenze, mi permetto di esporre una mia personale breve considerazione: proviamo a porre noi stessi di fronte agli avvenimenti della nostra vita: li viviamo in forma drammatica o in forma epica? La differenza non è da poco. Infatti la “narrazione” che gli altri o noi stessi facciamo ad altri o a noi stessi dei fatti della vita può articolarsi diversamente:

Forma drammatica del teatro (e della vita)

(Seneca)

Forma epica del teatro (e della vita) (Euripide, Sofocle)

Azione Riflessione
Si è coinvolti nell’azione scenica e si esaurisce la propria azione Si è spettatori stimolati
Emergono sentimenti Emergono decisioni
Emergono emozioni Emergono nozioni
Si è immessi in un’azione Si è posti di fronte ad un’azione
Emergono suggestioni Emergono argomenti
Si conservano le sensazioni Le sensazioni diventano consapevolezza
L’uomo è noto, conosciuto L’uomo è oggetto d’indagine
L’uomo è immutabile L’uomo si cambia e modifica la realtà esterna
Tensione riguardo all’esito finale Tensione riguardo all’andamento
Le scene sono interconnesse Ogni scena è autonoma
Corso lineare degli accadimenti Contra
Natura non facit saltus Contra
Il mondo com’è Il mondo come diviene
Ciò che l’uomo deve fare Ciò che l’uomo non può non fare
Gli impulsi dell’uomo I motivi dell’uomo
Il pensiero determina l’esistenza Contra

 

E ognuno di noi, dove si colloca?

Prossimo appuntamento: 13 gennaio 2015, Edipo a Colono. Seguirà: dalla Medea di Euripide alla Medea di Seneca.