16 – NATALE, LICENZIA, PRIVATO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Dicembre, 2014 @ 8:57 am

Detto altrimenti: nel pubblico no, no … non nel pubblico   (post 1850)

Post 1850, anno 1850: 1) “Liberializziamo, maggiore giustizia sociale … – ma, si badi bene, solo a parole, però!”. 2) Si accentua la frattura fra la concezione laica dello Stato e quella clericale da parte della Chiesa. 3) Quanto ai numeri 1) e 2) tuttavia rappresenta l’inizio di processi irreversibili.

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Jobs Act, solo per i privati. Dice … le SpA hanno come obiettivo il profitto (io contesto, ma questa è un’altra storia, n.d.r.), quindi si licenzia per motivi economici obiettivi. Il settore pubblico non ha come finalità il risultato economico, quindi non si possono applicare questi stessi criteri.

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Per inciso: la visione dell’economia basata esclusivamente sul massimo profitto ci ha portato alla condizione mondiale attuale, se è questo che si vuole …

Non concordo su questa spiegazione parziale cioè incompleta, la quale esamina solo uno dei tanti aspetti del problema. Infatti, se non altro: quid juris – ovvero, cosa prevede la legge – nelle SpA pubbliche? Sono migliaia e migliaia! E le banche sovvenzionate da denaro pubblico? Ma c’è ben altro … Vediamo un po’.

A mio avviso soprattutto non valutare quanto meno “economicamente in senso lato”  i dipendenti pubblici è un errore in quanto il sistema istituzionale e organizzativo della funzione pubblica è responsabile delle precondizioni indispensabili ad un buon funzionamento del sistema economico finanziario (in senso stretto). Quindi, mantenere “illicenziabili” i dipendenti pubblici perché a loro non sono applicabili i “criteri di anti economicità oggettiva” che sono alla base della neo introdotta licenziabilità privata, è un contro non senso, anzi, peggio, è un contro-senso, ovvero non è semplicemente un “non-agire” ma un “agire in direzione contraria”. Infatti è come legittimare che “il medico ha operato benissimo, l’operazione è stata perfetta. Se il paziente è morto … questi sono fatti suoi”, oppure che “io ho rispettato le regole, sono stato efficiente. Se poi è mancata l’efficacia, ovvero il raggiungimento del risultato, ciò non mi riguarda”. Sarebbe come punire il reparto vendite se non vende e non anche il reparto marketing, il quale – operando a monte delle vendite – dovrebbe orientarle quanto a prodotto, concorrenza, clientela.

In altre parole: non sto dicendo che ogni ufficio pubblico debba essere organizzato e contabilmente gestito come un “centro di profitto”, ovvero con una imputazione di costi e ricavi suoi specifici ed alla fine valutato sulla base dell’utile/perdita economica (in senso stretto) prodotta, ma che avrebbero dovuto essere individuati parametri di valutazione tali da consentire il riscontro non solo della efficienza del dipendente (rispetto da parte sua della cosiddetta “libretta”), ma anche il raggiungimento dell’efficacia della sua azione (ovvero del risultato).

Intervallo pubblicitario

 

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“Vorrei vedere voi … con tutti questi pranzi di lavoro …”

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Per quanto, uno per tutti, enti pubblici come l’ENIT che dovrebbe produrre turismo, può ben essere valutato economicamente in senso stretto. Si veda “L’Espresso” 8 febbraio 2014 a firma di Emiliano Fittipaldi. L’ENIT fa crescere …il turismo? No, per adesso fa crescere la pancia di Babbi, suo super manager (“babbo” in siciliano significa “stupido”. Ma chiamalo “stupido” questo qui …!)

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Il programma riprende

Un esempio? Viale sul quale si affaccia casa mia. Noto che le luci stradali sono accese in pieno giorno. Segnalo la cosa ad un “lavoratore del Comune” (a bella posta non specifico se membro della Polizia Locale o altro: infatti, poichè “generalia non sunt appiccicatoria”, nessuno si offenderà!). Mi risponde: “Segnalo la cosa all’ufficio competente”. Replico: “Non basta: lei deve far sì he le luci siamo spente. Fino a quel momento lei è stato efficiente ma non efficace, nel senso che saerà mancato il risultato della sua azione”.

burocr[1]Altro esempio: richiedete un servizio, l’addetto allo sportello pubblico riconosce con voi che sarebbe bene che vi fosse prestato, ma aggiunge. “La procedura non lo permette” e la cosa finisce lì. Invece quel tale impiegato avrebbe dovuto farsi carico di andare dal suo direttore e proporre la modifica della procedura. Quel direttore dovrebbe farsi carico della integrazione della procedura e nel frattempo autorizzare con una sua firma la deroga alla procedura, in maniera da anticiparne il completamento funzionale. E invece, spesso, nel migliore di casi, quando cioè proprio si superi il “non fare assolutamente nulla”, ci troviamo di fronte a comportamenti simili a quelli di quel tale che segnalava l’errata accensione della pubblica illuminazione, e cioè ad una qualcosa del tipo: ”Segnaleremo il problema ai superiori organi competenti”.

Poi c’è l’atteggiamento. Quello dell’impiegato (organo pubblico che si sente “nostro amministratore” in senso esclusivamente soggettivo (“Io amministro te, suddito”) e per nulla in senso oggettivo (“Io sono il suo amministratore, in quanto lui, il cittadino, mi ha nominato, eletto, mi paga, per amministrare i suoi beni, le sue strutture, le sue istituzioni” : è a lui che devo rendere conto” etc.).

L’atteggiamento? Un lettore mi riferisce:

Inizia:

Armi di distruzione di massa

Armi di distruzione di massa

“Ero nel Centro Italia, in una città …  a capo di una SpA a maggioranza di capitale sociale pubblico, legato alla stessa da un mandato conferitomi dagli azionisti riuniti in assemblea e da un rapporto di lavoro regolato dalla mia partita IVA, quindi da libero professionista. Mi telefona una dipendente del Comune: “Il Sindaco la vuol vedere alle ore … tot ..del giorno … tot ..”. Rispondo: “Mi lasci solo un attimo per controllare la mia agenda …”. Al che l’impiegata mi interrompe, bruscamente: “Lei vuol forse dire che il Sindaco deve adattarsi ai suoi comodi?” Ecco, sottolineo che il problema non è che chi dei due – il sindaco o io stesso – dovesse modificare i propri impegni in funzione di quelli dell’altro, ma l’atteggiamento dell’impiegata, la quale si poneva di fronte ad un “suddito”, non di fronte ad un cittadino libero professionista, ben più anziano di lei, di esperienza e ruolo ben più elevato del suo, che stava comunque lavorando per il Comune.

Sempre in quell’area geografica, in un’altra occasione: “Non sei mai stato in elicottero? Dai che un giorno ti faccio fare un giro io …” Solo che si parlava di elicotteri pubblici! Oppure, con orgoglio e ostentazione (ecco il punto! N..d.r): “Da casa all’aeroporto ho consumato il 17%!” (Di benzina, alla guida dell’auto pubblica di servizio! N.d.r.).”

Finisce

Ecco, a parer mio, questi sono atteggiamenti da licenziamento in tronco.