UN PO’ DI LATINORUM …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Gennaio, 2015 @ 10:01 pm

Detto altrimenti: Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”, cap. II: “Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?” dice Renzo a Don Abbondio che cerca di rimandare la celebrazione delle nozze nascondendosi dietro le molte regole canoniche che regolano il matrimonio   (post 1895)

Post 1895, anno 1895. In Sicilia, con la scusa delle varie rivolte, si toglie il diritto di volto al 50% degli aventi diritto 8che erano già pochini!), Il Signor Gillette inventa la lametta da barba.

Il “latinorum … a suo tempo noi ragazzi (ragazzi di allora) si diceva mapperchè invece di questa lingua morta non ce ne fanno studiare una viva (in più, oltre quelle già previste)?

E invece oggi, dopo “qualche anno” (quanti anni ho? Andate a leggerlo nel breve curriculum sotto la mia foto, nella home page), senza voler apparire uno snob della cultura – soprattutto oggi che il latino ed il greco siano ancora di più “cose in più” – oggi, dicevo, mi accorgo di essere stato fortunato per quella “costrizione” a suo tempo subita così “contro pelo”. Fortunato e ricco. Ricco, dite voi? Ecchè, ti stai arricchendo con l’impartire lezioni private a caro prezzo?

No, raga, scialla, no.

Ricco perché gli sforzi e gli esercizi di logica, di precisione, di analisi e di sintesi ai quali ti induce lo studio di quelle due lingue rendono le tue capacità mentali assai più forti, formate, addestrate a … a cosa? A tutto, ad ogni genere di “tentativo di comprensione, di dialogo, di comunicazione”. Una palestra. Fate conto: uno si è allenato per anni in una difficile palestra di roccia. Quando poi affronta le scalate delle Dolomiti è chiaro che si trova meglio di chi non si è allenato in quella stessa misura.

Ma … bando alle ciance e veniamo ad un po’ di “latinorum” vero, ad alcune sue sintetiche espressioni, all’essenzialità del suo pensiero così come traspare dall’essenzialità del suo linguaggio.

Age quod agis (Plauto): se fai una cosa, falla bene (soprattutto se sei un legislatore, n.d.r.)

  1. Corruptissima republica, plurimae leges (Tacito): quando la repubblica giunge all’estremo della sua corruzione, allora si varano moltissime leggi (e viceversa, n.d.r.).
  2. Legem brevem esse oportet, quo facilius ab imperitiis teneatur (Seneca): ogni legge deve essere breve per essere facilmente comprensibile dai non addetti ai lavori.
  3. Leges bonae ex malis moribus procreantur (Macrobio): le buone leggi nascono dai mali costumi.
  4. Non omne quod licet, honestum est (Cicerone): non tutto ciò che è legale è anche onesto.
  5. Legum servi sumus ut liberi esse possumus (Cicerone): siamo servi delle leggi per potere essere liberi.
  6. Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat? (Petronio): che possono mai fare le leggi là dove regna solo il denaro?
  7. Quod non vetat lex, hoc vetat fieri pudor (Seneca): ciò che non vietano le leggi può vietarlo l’onestà.
  8. Silent leges inter arma (Cicerone): le leggi taccion in tempo di guerra.
  9. Summa lex summa iniuria (Cicerone): per quanto sia perfetta una legge, tuttavia può arrecar danno a taluno.
  10. Nulla lex satis commoda omnibus est (Tito Livio): nessuna legge può andare bene a tutti.

Ecco, per oggi basta. Provate a ricollegare molte situazioni odierne ai principi affermati (o violati) nelle massime qui sopra riportate. Poi ne riparliamo.

Un esempio? Dicono che la pensione di circa 600.000 euro l’anno assegnata all’avvocato dipendente del Comune di Perugia è stata fissata nel rispetto della legge: valutate questo fatto rispetto alle massime di cui ai nn. 4 e 7. Oppure, altro esempio: provate  a valutare le leggi sugli appalti di fronte alla corruzione (n. 4).

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