MEDEA DI EURIPIDE E SENECA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Febbraio, 2015 @ 9:59 pm

Detto altrimenti. commento dei classici alla biblioteca Comunale di Trento con la Prof Maria Lia Guardini  (post 1916)

Post 1916, anno 1916 – Guerra: Cadorna? Una cappella dopo l’altra, al costo di centinaia di migliaia di morti. I nostri alleati? Si pre-spartiscono le future conquiste territoriali senza consultarci.

thF7F6G9X2Da tutti si può imparare. E’ il titolo dell’ultimo libro di Don Marcello Farina. E la nostra Prof Maria Lia Guardini per di più, non è certo una qualunque! Oggi ci ha commentato la Medea di Euripide in parallelo alla Medea di Seneca. Greci e Romani a confronto.

Non è facile per me, solo da pochi anni “uscito” dalle SpA (ovvero, manager in pensione da quattro anni), riprendere le fila degli studi classici di una cinquantina e più anni addietro. L’ho dello alla Prof anche per mettere le mani avanti, l’ho detto.

Iniziamo e il discorso diventa subito “filosofico”. I Greci, che hanno “inventato” la filosofia”, ovvero la “ricerca” (delle ragioni del sapere, della vita, etc.). I filosofi greci sono moltissimi.

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Lucio Anneo Seneca

Lucio Anneo Seneca

I Romani, che utilizzano la filosofia per creare “buoni” cives, ovvero in modo strumentale, senza ricercare (e quindi senza scoprire) nulla.  I filosofi (anzi, pseudo filosofi, in quanto non-ricercatori) romani sono solo tre: Lucrezio, Cicerone, Seneca. Lucrezio, uno sfigato infelice alla ricerca dell’atarassia epicurea; Cicerone, il traduttore ripetitore televisivo di Platone; Seneca l’unico che “cerca”: cerca di educare il suo imperatore (Nerone) attraverso i suoi scritti (“Right or wrong, I am still the king” non va bene! – I re ingiusti durano poco – Il giudice analizza, il tiranno impone – Anche se giudichi bene ma non hai ascoltato l’altro, sbagli).- Ecco la finalità strumentale della “filosofia” della tragedia romana. Questa la differenza culturale che sta alla base delle due interpretazioni drammatiche della stessa trama tragica.

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Dal punto di vista letterario la forma “tragedia” viene meno quando vengono meno gli ideali: infatti la tragedia è condanna della violazione di ideali. Se mancano quelli, non c’è nulla di cui denunciare la violazione. E Giàsone non crede nei valori se non nel denaro. Oggi, 2015, si scrivono pochissime tragedie. Chi sono i tanti (troppi, n.d.r.) Giàsoni d’oggi?

Euripide

Euripide

In Euripide, Medea è “diversa” in quanto donna, straniera e maga. Ancora: in Euripide l’intellettuale viene isolato, non riconosciuto né esistente, né necessario. Orbene, poiché Medea è anche “intelligente”, è ancor più diversa, al punto da sovrastare la Medea maga. Nella Medea greca la tragedia è la contrapposizione fra la sua crudele razionalità e il proprio istinto materno. Gli Dei sono assenti. Fa tutto l’uomo (anzi, la donna), che costruisce la vittoria della crudele e spietata razionalità a danno dell’amore materno. Euripide: tragedia filosofica alla greca, si diceva; di ricerca. al proprio interno.

In Seneca tutto è già prestabilito sin dall’inizio. Questo è male, non si fa così. Manca la costruzione del processo evolutivo, manca la lotta fra la razionalità e l’amore materno. Si evidenzia subito il “furor” come elemento negativo da evitare, per perseguire invece la “mens sana” : questo è  male, questo è  bene. Didattica. Seneca: tragedia filosofica alla romana.

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Nella prossima riunione (martedì 17 febbraio) affronteremo le Argonautiche di Apollonio, ovvero una terza “Medea”, quella ripresa nel film di Pasolini (Medea interpretata da Maria Callas). In Apollonio Medea è una giovinetta e il suo Giàsone non è in grado, da solo, di conquistare il famoso Vello d’Oro che gli darebbe potere e fama. Ecco che la sua Medea lo aiuta con le proprie arti magiche.

Vedremo.

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