LA MANO SULLA SPALLA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Febbraio, 2015 @ 8:01 am

Detto altrimenti: l’ultima l’ho vista in occasione della cerimonia del giuramento del Presidente Mattarella … (post 1918)

Post 1918, anno 1918 – Fine della guerra. Wilson prepotente. Nascono la Repubblica di Weimar e la Jugoslavia. L’Italia maltrattata e scontenta.

La mano sulla spalla? La mano di chi sulla spalla di chi? Non facciamo nomi, mi raccomando!

th[7]Mi dispiace. Mi dispiace che quel tale sia stato invitato alla cerimonia del giuramento del Presidente della Repubblica. Dice … ma è per riappacificare … Si, ma però (“ma però”) quando – in ben altro contesto – si volle riappacificare il Sud Africa alla fine dell’aparteid, si perdonarono i responsabili dei reati purchè li confessassero e si dichiarassero pentiti. Lo so … lo so che è “tutt’altra situazione”, ma il principio è lo stesso. E quel tale mi pare proprio che non si sia pentito né che abbia chiesto scusa. Chiesto scusa a chi, mi chiedete? Per esempio anche a me personalmente, cribbio! Già … infatti lui, evasore fiscale condannato, ha derubato lo Stato e lo Stato – per recuperare – ha bloccato l’adeguamento della mia pensioncina! Per la proprietà transitiva lui è il ladro ed io il derubato. Chiedermi scusa, avrebbe dovuto, altro che storie!

1-2011 1 dicMa veniamo alla (sua) mano sulla spalla. Il gesto di mettere platealmente la mano sulla spalla al vicino ha un significato preciso, almeno nell’intenzione di chi lo compie. E’ un po’ come quando il mio compianto gatto Dorian, la mattina, saltava sul mio letto e si accoccolava sul mio petto: tu sei mio, intendeva dire, mi appartieni (solo che Dorian si esprimeva con vero affetto!). E così ancor oggi chi, in un pubblico consesso, appoggia paternalisticamente la propria mano con tanto di avambraccio sulla spalla di chi gli è (il più delle volte suo malgrado e casualmente) vicino, vuol significare “Tu sei mio, io ti controllo, io ti condiziono, tu non mi fai paura, anzi … semmai la faccio io a te, tu sei della mia squadra, di te faccio ciò che voglio, intanto ti comprometto di fronte agli occhi degli altri …” e roba del genere.

Ecchè? Volevate anche la foto? E così sarebbe stato troppo facile indovinare ... e allora, la foto io ve la do, questa sopra ...

Ecchè? Volevate anche la foto di quel tale? Eh già … così sarebbe stato troppo facile indovinare … e allora, la foto io ve la do, questa sopra …

Questa la “scrittura” del gesto. Ma veniamo alla sua “lettura”. Intanto in parte io l’ho già fatta nelle frasi che ho appena finito di scrivere. Ma specifichiamo. Il gesto è vecchio, trito e ritrito, scontato, e denuncia l’atteggiamento mentale di chi lo compie: vecchio, superato, ridicolo … un atteggiamento rimasto a schemi, trucchetti, giochi di gesti e di parole che sanno di “immediato dopo guerra”, di primissima repubblica, di primissima televisione (in bianco e nero e solo due volte al giorno). Ma oggi, via … non aver capito che oggi noi tutti capiamo, significa non avere capito. E noi questo l’abbiamo capito! E allora, dai, facciamola finita con questa messinscena, dai … tu … si proprio tu … che questo almeno l’hai capito benissimo che è di te che scrivo, anche se non ti nomino!

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