BIBLIOTECA COMUNALE DI TRENTO, I CLASSICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Novembre, 2015 @ 4:06 pm

Detto altrimenti: ancora il Satyricon di Petronio   (post 2160)

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Bibetque bibatque quicumque phalernum, sua cura citiusque solvetur cadetque …

La nostra Prof Maria Lia Guardini … il Satyricon …Ne abbiamo già parlato (v. il post del 20 ottobre scorso), ma tant’è … Noi, suoi “giovani” alunni, abbiamo riletto il romanzo, un bel libro composto dai 2 soli “libri” giunti sino a noi dei 10-15 dell’opera integrale, per di più ricchi” di frammenti mancanti. Un’opera “di peso”, sicuramente, soprattutto se la considerate scritta su tavolette e pergamene! Una satira … ma mentre quelle di Orazio, il campione dell’aurea mediocritas, avevano anche la pars construens, qui vi è solo la pars destruens: la descrizione delle dissolutezze di una parte della società del tempo (di Nerone), senza alcun giudizio né morale né d’altro tipo. Potremmo dire “alla ricerca del sesso perduto”, ove volessimo amplificare uno degli aspetti di fondo del racconto: quello del “labirinto” come abbiamo imparato a conoscerlo sin da tempi del mito cretese. I tanti labirinti nel lavoro di Petronio: delle vicende, delle case, dei sentimenti, delle strade: alla ricerca di -. Appunto.

Un romanzo, si diceva: un banchetto orgiastico se non altro dal punto di vista alimentare, che ruota al centro della figura dell’arricchito Trimalchione, che richiama la figura dello zingaro-mafioso di certi recenti funerali romani (Casamonica, settembre 2015) e dello zingaro capo-clan del film Suburra (ottobre 2015). E poi il viaggio di due ragazzi, di cui uno studente, in una sorta di interrail dell’epoca. Il tutto raccontato secondo il linguaggio di ogni protagonista: colto, becero, pomposamente dotto, volgare, etc.. Viaggio che nella letteratura di sempre è il leit motif maggiormente utilizzato (da Omero a Dante, a Giulio Verne etc.).

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Umberto Eco

La domanda che tutti si pongono è sempre la stessa: quale la motivazione, quale la finalità dell’opera? Io ho cercato di darmi una pre-risposta: all’epoca, quale poteva essere la sua diffusione? Infatti Umberto Eco nel suo lavoro “Lector in fabula” ci insegna che al di là dello scrittore e del lettore empirico, esiste una scrittura ed una lettura preordinata, nel senso che si scrive sapendo o volendo “farsi leggere da –“ , per cui un’opera non esiste se non quando viene letta. Inoltre lo stesso Eco, nell’Appendice a Il Nome della Rosa, afferma che spesso il lettore legge anche al di là delle intenzioni dello scrittore. Ok, ma se l’opera non è diffusa per mancanza di editori e tipografie, chi sono i pochi “privilegiati” che la possono leggere? E’ il caso nostro. Essi sono i nobili della corte di Nerone. ma allora le soluzioni sono almeno quattro:
• si tratta di una macchinazione letteraria, una manifestazione di “muscolatura letteraria”?
• Si tratta della ricerca del puro divertimento da parte dello scrittore?
• E’ una critica severa della amoralità del tempo?
• Oppure si è voluto superare definitivamente il mondo del mito, pur non rifuggendo Petronio dal ricorrere a dotte citazioni dei classici?

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Alfonso Masi

La morale: completamente assente nell’opera, al pari della religione.
Per capire meglio il significato del romanzo occorrerebbe un incontro-dibattito con l’Autore, ma la cosa appare piuttosto ardua da realizzare a causa della sua prematura morte avvenuta circa 2.000 anni fa. Una soluzione potrebbe essere quella di suggerire allo studioso-scrittore-scenografo-regista-attore Alfonso Masi di scrivere – inventando – tale intervista. Vedremo cosa ne pensa Alfonso …

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Un’opera realistica? Certo, ma solo nella descrizione degli aspetti deteriori della vita (di corte). Realistica poi anche quanto alla sua attenzione al contemporaneo, scevra di ogni idealizzazione.

O mùzos delòi oti … concludevano le favole di Esopo: la favola ci insegna che … ecco, quale è la “morale” ovvero l’insegnamento che possiamo trarre da questo romanzo? Io mi permetto di dire che dobbiamo rileggere con molta, molta calma e senza alcun tipo di prevenzione un romanzo valutato come “capostipite di tutta la narrativa occidentale” (così Luca Canali): se non altro ci aiuterà a scoprire come nasce un genere letterario.

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Prof. Andrea Aragosti

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Quale edizione leggere? Io, che pure ho studiato latino per otto anni, ho preferito leggerlo nella sua traduzione italiana (testo latino a latere) di Andrea Aragosti (BUR Rizzoli – Classici greci e latini Ed.), che mi permetto di suggerire per l’attualità e quindi l’efficacia del linguaggio.

Prossimo appuntamento nella Biblioteca: martedì 17 novembre ore 10,00. Parleremo delle Metamorfosi di Apuleio, che peraltro abbiamo già esaminato (si vedano i miei post del 9 e del 24 aprile 2013). Anch’egli in un certo senso dissacratore, in quanto trasforma la “ricerca filosofica della verità” nelle semplice e banale “curiosità umana” (del protagonista). Sarà interessante raffrontare i due romanzi.

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