ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Maggio, 2016 @ 5:30 am

 

Detto altrimenti? Si vedano i tanti precedenti post sull’argomento              (post 2364)

IMG_4009Ieri era, anzi, ieri seratona: La prima parte dedicata a Georg Friedrich Haendel da Cristina Endrizzi (pianoforte), Letizia Grassi (fagotto e voce soprano); Giovanna Laudadio (mezzo soprano); Stefano Galetti e Sergio Runcher (bassi). Tutti: voce narrante. Vita, opere e molti singoli brani eseguiti. All’ ”Alleluia” standing “ascolto” come suggerisce la tradizione anglosassone, visto che l’Oratorio concluso dal famoso coro è stato rappresentato per la prima volta alla corte di Londra, ricevendo questo splendido riconoscimento da parte del re e del pubblico (appena mi saranno inviati i testi delle esposizioni li aggiungerò in calce a queste mie note oppure ne farò un post a parte. Vedrò …).

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Dopo una ricca cena-buffet, Maria Luisa Postal De Carli ci ha esposto la sua ricerca sulla Chiesa di S. Apollinare in …   Trento (via spettavate “in Classe”, dite la verità!), la più antica chiesa di Trento dedicata, per volere di Teodorico, re degli Ostrogoti, al Santo di Ravenna, città dove egli aveva posto la sua reggia.

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Ciò detto, mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune sottolineature:

  • IMG_4003L’idea di Cristina di fondare l’Accademia – ormai siamo all’ottava stagione –ha avuto ed ha un grande successo, tal che siamo già qui a “selezionare” le richieste di intervento per la stagione 2016-2017. La sua disponibilità a organizzare e preparare tante serate è ammirevole. In questo caso, ad esempio, si è trattato di mesi di preparazione per regalarci un’0pora da sogno! Grazie Cristina, garzi amici che avete lavorato con lei!
  • Inoltre le serate accademiche hanno un secondo, non meno importante risvolto: cosentono la diffusione reciproca di molte iniziative di vario genere.
  • IMG_4005 - CopiaAncora, l’Accademia è un fattore di socializzazione. Infatti, avvicina le persone, gli amici vecchi e nuovi: ci si incontra, ci si confronta, si fa “comunicazione” ovvero communis actio ovvero azione comune il che sta lla base della civile convivenza.
  • Last but not least, ormai l’Accademia delle Muse è un “simbolo” nel senso che ci fa identificare non solo e non tanto come “amici reciprocamente diretti”, ma anche – e talvolta esclusivamente – come “amici in quanto facenti rifermento ad essa”. A questo punto, diventata simbolo, l’Accademia è di tutti noi e di nessuno in modo esclusivo (v. post precedenti su “il simbolo 1,2,3”), il che comporta la nostra individuale e collettiva responsabilità ad alimentarla con le nostre iniziative e con la nostra presenza.

 

Detto doverosamente ciò, ecco l’angolo delle “anteprime” (iniziative aperte a tutti, Accademici e non):

  • IMG_40045-31 maggio, Padova, “Arte Paolo Maffei” Via Riello, 5 – Mostra dei quadri di Giovanni Soncini – Catalogo in internet all’indirizzo ….. (appena me lo dà ve lo giro).
  • Maggio 2016 – Salone Pedron Via dietro le Mura B (da Piazza venezia): mostra forografifa del vostro blogger su FIAB-Federazione Italiana Amici della Biciletta. Trattasi di “foto che parlano” senza molte pretese tecniche ma tutte “di comunicazione”.
  • 15 maggio ore 17, Forte de la Bene – Levico. Alfonso Masi in Maledetta la guerra!
  • 17 maggio ore 17,00 – Muse, “La botanica della Musica”. Il legno dei liutai. Relazione di Gabriele Rinaldi, Direttore dell’Orto Botanico di Bergamo – Segue musica (quartetto egli alunni del Bonporti di Trento).
  • IMG_4006 - Copia27 maggio ore 17,00 – Circolo Rosmini, Trento, Alfonso Masi in “Nel mezzo del cammin di nostra vita” con lettura e commento di alcuni canti e tre interviste: una di masi a se stesso sotto le spoglie di Dante; e due di Edoardo Sanguineti e Umberto Eco a personaggi famosi della Commedia.
  • Francesca lancia un messaggio: sta raccogliendo materiale del nonno sulle vicende belliche dell’Ortigara. Vorrebbe che non passasse inosservato il centenario del 2017, per cui cerca contati con le PP.AA. dell’Altopiano di Asiago.

 

 

 

 

 

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Prossima riunione: Cristina avverte che la serata del 6 giugno è spostata al 13 (tredici) dello stesso mese causa impossibilità dei musicisti, i ragazzi del conservatorio Bonporti di Riva del Garda, accompagnati dal M.° Corrado Ruzza.

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Null’altro essendovi da gustare di cultura, cibo e bevande, la riunione è sciolta d ore 23,15

Ed ecco l’allegato studio compilato dai “magnifici cinque”, praticamente una tesi di laurea!:

OMAGGIO A GEORG FRIEDRICH HÄNDEL

 Georg Friedrich Händel non è considerato solo un genio della musica, ma anche un grande uomo. La sua vita è piena di successi e di fama, favoriti dallo straordinario talento, ma guadagnati anche grazie al suo impegno e all’incessante lavoro.

Come ouverture Cristina eseguirà la Sarabanda (nella forma di tema con variazioni) dalla Suite per clavicembalo in re minore numero 11 della Follia. Si tratta di un tema musicale di origine portoghese tra i più antichi della musica europea. Ha un carattere grave e severo, ma deriva il nome dal fatto che la sua forma originaria era vivace. E’ un brano fra i più adatti a valorizzare le capacità tecniche degli strumentisti, in un’epoca in cui i compositori sono anche esecutori e devono saper suonare le proprie opere se vogliono che siano conosciute. L’arrangiamento di Leonard Rosenman per archi, timpani e basso continuo è stato utilizzato nella colonna sonora del film Barry Lindon di Stanley Kubrick; una versione per chitarra è stata interpretata da Andrés Segovia.

 Cristina pf: La follia

 Georg Friedrich Händel nasce ad Halle nel 1685 da una famiglia senza particolari tradizioni musicali. Nella sua città natale studia composizione, organo, clavicembalo, violino ed oboe; in seguito diventa organista nella cattedrale cittadina. Nel 1703 si trasferisce ad Amburgo per lavorare come violinista nell’orchestra diretta dal famoso operista Keiser: questa esperienza gli permette di conoscere a fondo l’ambiente teatrale del tempo e di scrivere i primi lavori di un certo impegno. Alla fine del 1706 è in Italia, a Firenze e Roma, dove si fa apprezzare come organista e compositore di musiche vocali sacre e profane, entra in contatto con i maggiori compositori italiani del tempo e scrive una serie di celebri cantate e due oratori. Tra i suoi modelli figura fra gli altri Albinoni, ma singolarmente non Vivaldi, la cui musica sicuramente conobbe nel periodo trascorso a Venezia, ma del cui personalissimo stile non è visibile alcuna traccia in Händel, a differenza di Bach che, da giovane, tanto si ispirò al “Prete Rosso”. Nel maggio del 1707 Händel realizza, su testo del cardinale Pamphilj, l’oratorio allegorico Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, che viene rappresentato sotto la direzione di Arcangelo Corelli.

Un gustoso aneddoto narra come Corelli si sia trovato in notevole difficoltà nell’eseguire l’ouverture scritta da Händel, che indispettito gli strappò il violino di mano e suonò egli stesso il brano. Si dice che Corelli, costernato, abbia obiettato:” Ma, caro Sassone, questa musica è nel stilo francese, di ch’io non m’intendo ”. Così Händel dovette rimpiazzare l’ouverture con una sinfonia in stile italiano. L’anno successivo nel giorno di Pasqua Corelli diresse l’oratorio sacro La Resurrezione, alla guida di più di cinquanta strumentisti in un teatro appositamente costruito a palazzo Ruspoli. Accorse un grande pubblico, vennero stampate 1500 copie dell’oratorio, che più del precedente tende a porsi come surrogato dell’opera. Il ruolo di Maria Maddalena venne affidato ad una donna, Margherita Durastanti, attirando l’ira di Papa Clemente XI, che ordinò per la seconda rappresentazione di sostituire la donna con un controtenore (cioè un castrato).

 Cristina PF: Lascia ch’io pianga, pianoforte solo

 Nel 1708 Händel è a Napoli, l’anno successivo a Venezia; in questo periodo entra in contatto con alcuni artisti appartenenti all’Accademia dell’Arcadia e sotto l’impulso di influenti mecenati romani e di ben tre ecclesiastici cattolici, fatto sorprendente dato che lui era protestante, si distingue nelle composizioni di numerose cantate profane, di oratori e di musica sacra, come il celebre Dixit Dominus, ma non compone messe e neppure opere, visto che il Papa Innocenzo XI aveva appena bandito da Roma gli spettacoli operistici. Le cantate non vanno sottovalutate: Händel ne compone un centinaio, in maggioranza per una voce e basso continuo, tra le quali spiccano per originalità ed espressività: Armida Abbandonata, Agrippina condotta a morire e La Lucrezia. Queste composizioni gli permettono di affinare le sue capacità di melodista nato; già in esse si può osservare la sua straordinaria abilità nel fondere i vari stili della scuola veneziana, romana, napoletana, bolognese, ma sempre imprimendo un proprio marchio personale.

Poco dopo diviene maestro di cappella del principe elettore Giorgio Luigi ad Hannover e in varie riprese è a Londra, dove infine si stabilisce nel 1712.

Possiamo chiederci: come mai Händel preferì trasferirsi proprio in Inghilterra? Perchè non restò in Italia, dove veniva conteso e onorato da fior fiore di mecenati, o ad Hannover, dove riceveva un compenso di 1500 corone, venti volte superiore a quello che Bach ottenne a Weimar? In Italia Händel dovette forse sfuggire alle insistenti lusinghe di quei protettori, i cardinali romani, che volevano convertirlo, lui protestante convinto, al cattolicesimo; d’altra parte Hannover era una piccola corte e di certo l’ambizione di Händel andava oltre una sistemazione così provinciale.

 Nella capitale inglese Händel collabora attivamente con iniziative teatrali e compone lavori di circostanza per la corte, trovando protezione presso alcuni aristocratici. Nonostante l’ostilità del re Giorgio I, diventa direttore della cappella privata nella sontuosa residenza di Cannons e lì realizza alcune delle sue opere più famose. Händel nel corso della sua vita si distingue in tutti i generi musicali. Diversamente da Bach, che non lascia opere per il teatro, e Vivaldi, che non scrive musica per tastiera solista, egli compone una grande quantità di musica strumentale: una raccolta di Sonate per uno strumento, flauto o oboe o violino, conosciuta come Opera 1, due di Sonate a tre per due violini o due flauti e basso continuo, tre raccolte di Concerti per organo e orchestra, due raccolte di Concerti Grossi, due di Suite per clavicembalo, sei Grandi Fughe. Il brano che ora ascolterete nell’esecuzione di Cristina al pianoforte e Letizia al fagotto è una trascrizione del secondo movimento della Sonata n. 2 Opera 8 scritta originariamente per 2 violini e basso continuo.

 Letizia e Cristina: Sonata n. 2 opera 8 secondo movimento

Le composizioni orchestrali e la musica da camera sono praticamente cadute nell’oblio. Non c’è bisogno di cercare molto lontano la ragione per cui la reputazione di Händel non si basi anche su questi lavori, che pur portano la marca del vero genio: i suoi successi sia come compositore che come uomo d’affari, dipendevano dalle grandi opere vocali; quelle strumentali erano accessorie alle opere e agli oratori, servivano tutto al più ad intrattenere il pubblico durante gli intervalli, come i famosi Concerti per organo.

Fanno eccezione i Concerti Grossi op. 6 e 3, la composizione orchestrale Water Music e successivamente i Royal Fireworks.

Water Music, in italiano Musica sull’acqua, si compone di tre suite. La leggenda vuole che con quest’opera Händel abbia ottenuto il perdono del re Giorgio I, suo precedente datore di lavoro, per il mancato ritorno al suo servizio ad  Hannover.

 La prima esecuzione avvenne su un vascello lungo il corso del Tamigi: tutti gli strumenti in uso nell’orchestra barocca vennero portati su un’imbarcazione, eccetto il clavicembalo, perché non era possibile che stesse sulla chiatta.

 Nel 1719, dopo alcuni anni in cui non vengono più rappresentate a Londra opere in italiano, un gruppo di nobili crea un’organizzazione chiamata Royal Academy of Music. Il re è uno dei primi sottoscrittori e per questo l’Accademia ottiene la qualifica di Reale. Händel viene nominato “maestro d’orchestra” ed è incaricato di scritturare i migliori cantanti per il King’s Theater.

Fra il 1720 e il 1727, anno in cui ottiene la cittadinanza inglese, Händel produce una serie di melodrammi di altissimo livello. A questo proposito le cronache narrano del suo tentativo di affidare ruoli di pari importanza a due cantanti italiane nell’opera Astianatte di Bononcini.

 L’operazione dal punto di vista artistico fu un successo, ma l’idea del confronto tra due primedonne si rivelò ben presto controproducente: le cantanti giunsero ad accapigliarsi sulla scena durante l’ultima opera dell’ottava stagione della Royal Academy e i loro sostenitori fra il pubblico finirono per insultarsi alla presenza della Principessa di Galles. Lo scandalo che seguì fu enorme e intaccò il prestigio delle rappresentazioni della Royal Academy.

 Con il venir meno dei grandi virtuosi del bel canto con cui ha collaborato in passato e dopo l’insuccesso delle sue ultime opere, Händel comprende finalmente che l’opera italiana, il genere su cui ha basato tutta la sua carriera, non avrà più futuro in Inghilterra, e matura la decisione di lasciare un paese dove la sua autorità musicale, pur non essendo in discussione, è troppo poco apprezzata.

Sul finire del 1741 gli si presenta l’occasione di partire per Dublino, dove il viceré dell’Irlanda lo chiama a condurre dei concerti di beneficenza, e Händel, “con l’obbiettivo di offrire a quella generosa nazione qualcosa di nuovo”, porta con sè la partitura di un nuovo oratorio composto in soli 24 giorni, il Messiah.

Cristina pf: musica di sottofondo: Minuetto lento in sol minore

 Nel 1752 sopravviene la prova più dura: la perdita della vista. Fu operato per ben tre volte di cataratta, dall’oculista John Taylor, lo stesso che curò in seguito Bach, ma senza successo: divenne completamente cieco (anche se a Bach toccò poi sorte peggiore: morì per un’infezione causata dall’impiego di strumenti non sterilizzati). Grazie all’aiuto del fido segretario e di un gruppo di devoti sostenitori che non lo abbandonarono a se stesso, egli fu in grado di continuare a comporre e rivedere sue vecchie partiture, dettando ai copisti, e di suonare talvolta in pubblico improvvisando all’organo e al cembalo. Ancora nella primavera di 1759, all’età di 74 anni, pur cieco, diresse e suonò l’organo in non meno di dieci rappresentazioni di oratori in un solo mese.

Ad una di esse, il Messiah del 6 aprile, mentre stava suonando la parte dell’organo, svenne a metà dell’esecuzione. L’undici aprile, dal letto della sua casa al n°25 di Brook Street, ora museo a lui dedicato, sentendo che non si sarebbe più alzato, fece la seguente dichiarazione: « Vorrei morire di Venerdì Santo, nella speranza di riunirmi a Dio, il mio dolce Signore e Salvatore, il giorno della sua Resurrezione ». Lo mancò di poche ore poiché si spense, pacificamente, alle otto del 14 aprile 1759, un Sabato Santo.

Il 20 Aprile fu tumulato, come da sua volontà, nell’abbazia di Westminster, dove ora riposa assieme ai grandi d’Inghilterra, dopo solenni funerali ai quali intervennero tremila londinesi.

 « Sotto questo Luogo

Sono riposti i Resti di George Frideric Händel.

Il Musicista più eccellente

Che qualsiasi Età mai produsse:

Le cui Composizioni erano un

Linguaggio sentimentale

Piuttosto che meri Suoni;

E superò il Potere delle Parole

Nell’esprimere le varie Passioni

Del Cuore Umano »

epitaffio anonimo pubblicato da un giornale inglese il giorno seguente ai funerali.

“ Händel è il compositore più grande che sia mai vissuto. Davanti alla sua tomba mi scoprirei il capo e mi inginocchierei ” Ludwig van Beethoven, 1824.

 La musica di sottofondo che avete ascoltato è il Minuetto lento in sol minore tratto dalla prima delle Suite de pieces di Georg Friedrich Händel nella versione di Wilhelm Kempf, famoso pianista tedesco. Questa raccolta di nove suite per clavicembalo viene pubblicata a Londra nel 1733 e comprende materiale usato per l’istruzione musicale delle principesse Amelia e Carolina di Hannover, figlie del re Giorgio II di Gran Bretagna. Questa prima suite in si bemolle maggiore n. 434 è composta da quattro movimenti: preludio, sonata, aria con cinque variazioni e minuetto e, fra tutte, è quella che si discosta maggiormente dallo schema classico, non comprendendo nessuno dei tradizionali movimenti previsti. Il minuetto viene utilizzato dallo stesso Händel anche nella sonata per flauto n. 375.

Ad imperitura testimonianza della celebrità raggiunta e degli onori tributatogli in vita e nel corso dei secoli dopo la sua morte, Händel si può fregiare di ben tre primati, che nessun altro compositore potrà eguagliare:

 * Nel 1738, ossia quando ancora era in vita, gli fu eretta una statua, “una testimonianza di pubblica ammirazione”, un onore che nessun altro compositore, sia del periodo Barocco che successivo, ottenne mai. La statua si può ammirare ancora oggi nel Victoria and Albert Museum.

* L’anno successivo alla sua morte, fu stampata la biografia, scritta dall’amico, il reverendo John Mainwaring: “Memoirs of the life of the late George Frederic Handel”. Interessante notare che nessun compositore prima di lui era stato oggetto di una biografia.

* Händel ebbe il privilegio di essere il compositore della prima musica trasmessa via radio nella storia. Infatti durante la messa in onda della prima trasmissione radiofonica di sempre, effettuata dall’antenna di 128 metri di Brant Rock nel Massachussetts, la vigilia di Natale del 1906, il curatore del programma decise di inserire il celeberrimo “Largo” dal “Serse”.

 Händel è, assieme a Bach e a Telemann, uno dei grandi maestri del barocco, un genio universale versato in quasi tutti i generi musicali, in particolare nella musica vocale. La sua opera monumentale realizza la sintesi perfetta dell’epoca barocca: si tratta di una delle più prodigiose esperienze artistiche nella storia della musica occidentale, confrontabile per ampiezza e valore soltanto con quella di Bach, dal quale Händel si distingue per il linguaggio più esuberante e cosmopolita, per la costante vocazione teatrale sconosciuta a Bach e per la minor complessità delle tecniche compositive.

 In ambito teatrale Händel produce, soprattutto come impresario, oltre una quarantina di opere, in cui il modello italiano viene modificato e snellito riducendo i recitativi a vantaggio delle arie solistiche: i pezzi a più voci sono pochissimi, il coro ha poco peso, la strumentazione è brillante anche se subordinata alla voce. Pezzi solistici, intermezzi strumentali, cori e danze vengono poi riuniti in un corpo unitario, sulla base di un istinto teatrale che Händel ha più di ogni altro autore del suo tempo. Fra le opere si ricordano Orlando, Alcina, Berenice e Serse. Serse è il re persiano protagonista dell’opera rappresentata per la prima volta all’Her Majesty’s Theater di Londra il 15 aprile 1738. L’opera è aperta dalla famosa aria, Ombra mai fu, cantata da Serse mentre osserva l’ombra di un platano. Questo brano viene riscoperto nel XIX secolo, diventa uno dei brani più famosi di Händel e a tutt’oggi viene spesso eseguito nei matrimoni con il testo di una preghiera: questa è la versione che ora Sergio vi proporrà, intitolata O mio Signor. L’aria è stata inserita nella colonna sonora di diversi film, fra i quali Farinelli voce regina.

 Sergio e Cristina: O Mio Signor

 Nel settore della musica strumentale, in cui Watermusic resta il simbolo più efficace della sua grande sensibilità, la produzione händeliana lascia un segno indelebile.

 Al 1749 risale un’altra celebre composizione strumentale chiamata Royal Fireworks, più nota come Musica per i reali fuochi d’artificio, che il sovrano commissionò per “strumenti guerrieri”, per commemorare la Pace di Aix-la-Chappelle, firmata l’anno precedente; fu eseguita il 27 aprile nel Green Park e attirò più di dodicimila spettatori. Parteciparono alla sua esecuzione non meno di 24 oboi, 12 fagotti, 9 corni, 9 trombe e le percussioni, senza dimenticare gli archi, che Händel aveva finito per imporre al re.

La prima esecuzione ufficiale fu costellata di incidenti: quel giorno piovve e una parte della macchina per i fuochi d’artificio, anziché azionarsi, prese fuoco e crollò al suolo.

Quando l’opera venne pubblicata, Händel avrebbe voluto presentare il lavoro come un’ouverture, ma la Corona diede il titolo di Musica per i reali fuochi d’artificio come propaganda in favore di un trattato altrimenti impopolare.

 Nella produzione händeliana i grandi oratori drammatici occupano il posto di maggior rilievo: in essi il coro riveste il ruolo principale grazie a una scrittura sapiente e varia, sempre tesa a una diretta comunicazione con gli ascoltatori. Sulla struttura portante di questa parte si inseriscono i pezzi solistici e i ricchi accompagnamenti orchestrali, direttamente legati alla parallela esperienza operistica.

 Fra gli oratori, il Messiah è certo il più famoso e artisticamente riuscito. L’oratorio è una composizione musicale d’ispirazione religiosa non liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza scenografia e personaggi in costume; viene fatto derivare dalla Lauda cinquecentesca. Il testo del Messiah, composto da Charles Jennens nel 1741, consta in una raccolta di testi biblici da eseguire durante la Settimana santa. Händel compone la musica in meno di 24 giorni, riutilizzando in parte brani già esistenti, e l’opera debutta a Dublino nella New Music Hall nell’aprile 1742.

 Durante la prima rappresentazione la sala era riempita a dismisura: si era chiesto, per l’opportunità, alle signore di non portare delle gonne a cerchi e agli uomini, di non portare la spada per fare più posto, mentre centinaia di persone dovettero ascoltare dalle finestre e dalle porte. Sembra che sia stata una delle rare volte nella storia in cui una grande opera fu percepita immediatamente nel suo pieno valore.

 Dal Messiah vi proponiamo alcuni brani: He was despised è tratto dal capitolo 53 del libro del profeta Isaia e si legge nella liturgia del Venerdì santo. Il testo si riferisce al servo del Signore, che “fu disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo dei dolori, che conosce il patire”. Parla della sofferenza che il servo del Signore sopporterà con grande pazienza per espiare i peccati, prefigurazione del sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità.

 Giovanna e Cristina: He was despised

 The people that walked in darkness è un testo tratto dal capitolo 9 del libro del profeta Isaia: si tratta di un oracolo, di una visione sul popolo ebraico. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che camminavano in terra tenebrosa una luce rifulse.” Si legge di solito nella messa della notte di Natale.

 Stefano e Cristina: The people that walked in darkness

 Rejoice greatly è un testo tratto dal capitolo 9 del libro del profeta Zaccaria, che parla dell’avvento di un Messia che farà nascere un nuovo universo, un regno diverso dagli imperi umani, un regno dei semplici di cuore. Il testo dice: Esulta grandemente figlia di Sion, giubila figlia di Gerusalemme. Ecco, il tuo re viene a te, Egli è il giusto Salvatore, ed egli annunzierà la pace alle genti.

 Letizia e Cristina: Rejoice greatly

 Terminiamo con il brano in assoluto più famoso del Messiah, l‘Halleluja. La musica è un rimaneggiamento di un coro proveniente da una delle sue opere dove un pagano rendeva grazie al Dio Bacco.

La prima rappresentazione dell’oratorio in Inghilterra nel 1743 fu un insuccesso, ma, quando il coro attaccò l’Halleluya, pare che il re Giorgio II ne fosse talmente commosso che per tutta la durata del brano si alzò in piedi, ovviamente imitato da tutto il pubblico. Quella di alzarsi in segno di rispetto durante l’esecuzione del mitico coro divenne così una consuetudine tramandata fino ai giorni nostri in molti paesi anglosassoni.

Questo brano corale, che vi proponiamo in una versione a tre voci rielaborata da me, conclude la seconda delle tre parti dell’oratorio. Il testo è composto da alcuni versetti del libro dell’Apocalisse e dice: “Alleluia. Poichè ha preso possesso del regno il Signore, nostro Dio, l’Onnipotente. Il regno del mondo è passato al nostro Signore e al suo Cristo, ed Egli regnerà per i secoli dei secoli. Re dei re e Signore dei signori.”

 Alleleuja, Cristina e cantanti

 

 

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Gli allegati? In arrivo … in arrivo …