HLLAS, GRECIA, LA STORIA CONTINUA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Aprile, 2012 @ 7:54 am

Marco Paolini, moderno Aristofane

Detto altrimenti: nulla di nuovo sotto il sole …

… dunque, dicevamo … i “Luoghi della Politica” della RA, Repubblica Ateniese.

Ci aiuta un Marco Paolini dell’epoca, tale Aristofane, il quale nella sua commedia gli “Acarnesi” ci descrive il meccanismo dell’Assemblea (il loro parlamento). Il banditore, una sorta di Presidente della riunione, esordiva con un “Chi vuole parlare?” E poi Pericle spiegava: “Anche se uno è povero o sconosciuto, (poverino, n.d.r.), dia pure il suo apporto alla città”(cioè allo Stato, n.d.r.). Cioè, “dia pure”, gli è concesso per facoltà derivata,

Il deserto dei ... tartari

non per suo diritto innato. E poi “dia un apporto” e non “parli all’Assemblea”. Sono sfumature “ma”. “Ma”, appunto.
Nella commedia citata il tale che voleva parlare si chiamava Diceopoli. Innanzi tutto egli nota che l’Assemblea è quasi deserta. Un po’ come quando nel nostro odierno parlamento taluno, soprattutto se è un peone, parla, magari di argomenti molto importanti ma già decisi in altra sede. Ed allora il nostro Diceopoli comincia a tirala per le lunghe sperando che qualche suo collega rientri in aula … che qualcuno lo noti, magari attraverso la diretta televisiva …

Senza parole, cioè, non ho parole ...

“ E se qualcuno mi interrompe, sono pronto io stesso urlare, interrompere, insultare”. Sic. Infatti i Signori Politici Affermati Padroni della Parola erano soliti farsi accompagnare da uno stuolo di “gregari” pronti a vociare, rumoreggiare, mostrare cappi e striscioni verdi per interrompere oratori avversari o per difendere il proprio boss dal disagio di rispondere a domande imbarazzanti.
Vi ricorda nulla, tutto ciò?

 

Ma andiamo avanti. Alla fine Diceopoli supera gli ostacoli ed anche l’invito del banditore a stare zitto (proprio del banditore, che invece era quello che avrebbe dovuto garantirli la possibilità di parlare!) ed inizia la sua arringa. Diceopoli innanzi tutto si scusa: “Scusatemi se io, pur povero e sconosciuto, oso parlare”. Già questo la dice tutta. Gli ribattono:”Cosa vuoi mai tu, che la pensi in modo diverso da tutti noi!” Ecco, “pensarla in modo diverso” è già una colpa. Oggi: “Non devi pensare contro la nostra politica! (ma contro questa politica, si, dico io, n.d.r.). Peggio di così  non si poteva cominciare … e, oggi, non si poteva finire!
Ma l’interessato  comincia a capire i meccanismi della politica e si mette a parlare (cioè, Aristofane lo fa parlare) come se egli fosse un grande politico ed un grande oratore. Quasi una comica, come quando Totò, assumendo l’atteggiamento del grande letterato, detta la famosa lettera a Peppino, per allontanare la “malafemmina” dal nipote. “Dirò cose terribili, sgradevoli, ma giuste”, afferma il nostro eroe. A dire il vero, anche il PA (Politico Affermato) le diceva, ma aveva dei limiti, nel senso che non avrebbe potuto mettere in dubbio i fondamentali della politica del governo. Nella commedia, invece, sia pure con qualche rischio, ciò viene fatto, per bocca di Diceopoli e per mente del suo autore Aristofane: cioè, si mette in discussione la stessa guerra in corso contro Sparta, si esclude comunque la responsabilità di Sparta, imputandola alla stessa Atene, cioè a Pericle, al Presidente del Consiglio in carica! Ma si può?
In altra commedia (I Babilonesi), Aristofane critica lo sfruttamento economico da parte di Atene dei propri “alleati”, presentati come schiavi alla catena. Critica cioè la fonte delle imposte che poi venivano ad essere redistribuite, sia pure in misura non equa, su tutti gli Ateniesi Doc. Ma si può?

Un F 35, appena decollato da una ... moderna trireme

Gli “Alleati”. Da bambino ne sentivo parlare e non capivo quando la gente riferiva sui “bombardamenti che subivamo da parte degli alleati”. Ma se sono (nostri) alleati, perché ci bombardano? Oggi gli Alleati non ci impongono di fornire tot triremi. Si accontentano di farci acquistare novanta cacciabombardieri F 35 da 180 milioni di euro cadauno. Ma torniamo in Grecia.

Il teatro comico greco, con le sue frecciate alle classi ricche e potenti (mai al popolo: non sarebbe stato tollerato dagli spettatori i quali avevano un contatto diretti non solo con gli attori, ma ancor prima con gli autori) ha nell’antica Grecia un’efficacia politica diretta soprattutto perchè parla esplicitamente, e non per metafora, come invece accadeva perloppiù nell’Assemblea, dei fatti della politica. E allora anche noi, oggi, rivalutiamo gli apporti dei nostri autori e attori comici che non parlano politichese, bensì in modo diretto!


I Tribunali, l’Assemblea e il Teatro erano i tre pilastri del funzionamento politico della repubblica ateniese. Fare teatro significava fare attività pubblica, strettamente connessa al funzionamento della politica. Ora, se per i poeti lirici i committenti erano i ricchi o i tiranni, per i commediografi il committente era il popolo. Vi era tuttavia una censura, imperniata sull’osservanza dei criteri dei principi della morale e sul possibile gradimento da parte del pubblico. Quanto poi al giudizio finale sull’opera, cioè alle moderne “recensioni”, giudizio che avrebbe comportato o meno anche un premio per l’autore, esso era demandato da una giuria che però era fortemente influenzata dalla folla, tal che si decise di fare emettere il giudizio finale da persone importanti che nessuno avrebbe avuto il coraggio di contestare. Non essendoci ancora il televoto, praticamente era un po’ come se il vincitore del Festival di Sanremo fosse deciso esclusivamente dai membri della giuria …

Capito a quando risale l’importanza degli odierni media?

Tutto quanto descritto, e cioè la valenza politica della commedia greca, non si ripeteva nelle rappresentazioni tragiche, le quali soprattutto si rifacevano alla mitologia esprimendo valori altissimi, molto teorici e avulsi dalla realtà quotidiana d’ogni giorno.

Rimborsi elettorali

E se mi concedete un’astrazione di pura fantasia, oggi, nei Luoghi della Politica (partitica) , mi pare di ritrovare lo stesso riferimento a valori supremi, teoricamente condivisibili ma purtroppo, appunto, teorici, quasi appartenenti ad una nuova moderna mitologia. Valori  avulsi dalla necessità politica di dare risposte immediate agli “altri” più che a “se stessa”, cioè mirati a “ristrutturare se stessa per ri-sopravvivere e vivere bene” piuttosto che a dare risposte ai bisogni immediati della popolazione, fra i quali spicca l’esigenza del ritorno della politica minuscola ad una POLITICA MAIUSCOLA.