“IL PANE DI FARINA” di Piergiorgio Cattani

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Dicembre, 2016 @ 8:46 am

(Non è una riflessione su di un libro – che peraltro non ho ancora letto – bensì un “incontro” – Molto di più dell’ “Incontro” con Marcello Farina di cui al mio post del 6 dicembre 2012, mio primo anniversario di blogger).

Detto altrimenti: un libro-inchiesta, un uomo, un filosofo, un sacerdote anche …     (POST 2582)

(Marcello Farina, autore di molti libri, cfr. in internet)

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E io … che alla Doria ci sono nato …  io che il mio gatto si chiamava Dorian …

Don Marcello Farina: “Una domanda che Piegiorgio non mi ha fatto? Sullo sport, sono tifoso della Sampdoria … (scoppia un applauso) … ho smesso di giocare a calcio solo a quarant’anni …”. Al che il conduttore dell’evento, Alberto Faustini, direttore del quotidiano Il Trentino: ”Ci devono essere molti Liguri in sala”. “Sandoriani dico io!” L’osservazione ci sta tutta, visto che siamo a Trento. Gianantonio Stella è solito dire che per fare una buona intervista ci vogliono due persone intelligenti, capaci: l’intervistatore e l’intervistato. E’ quello che è accaduto in questo caso, visti i due nomi: Piergiorgio Cattani e Marcello Farina, i quali hanno scritto a quattro mani il libro intervista “Il pane di Farina”.

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img_4241Faustini apre le danze: “Don Marcello, storico, filosofo, insegnante … dalle elementari in su … fino alle Università … ti è mancato l’asilo! Ah, in Curia si sono dimenticati che sei anche un prete …”. La sala ride, apprezza questo modo umano più che sconsacrante di avviare il discorso. La sala del Theodosianum è piena. Molta gente in piedi. Come sempre Marcello “attira”. A vincere è la sua umanità. Il volumetto in vendita è esposto su un tavolino, all’ingresso: un saggio? Un romanzo? Una biografia? Il frutto di otto sedute di una sorta di “psicanalisi” … “Chiamatemi contemporaneo!” … Chi lo ha detto? Un vivente di fronte alla sua biografia non-postuma …

Riflessioni. Marcello cita Cartesio per superarlo: “Cogito ergo sum”, gli sta stretto quel penso dunque sono … una ragione semplicemente “calcolante”, individualista alla quale lui oppone la delicatezza della “ragione materna” di Maria Zambrano.

E’ con questo spirito che il filosofo (spesso ci ricorda: ”No, semplice storico della filosofia”. Ma non è vero, dico io: filosofo, filosofo! N.d.r.) Marcello affronta la confessione di se stesso.

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Piergiorgio Cattani

Cattani sottolinea in Marcello la pacatezza, la non cattedraticità, i sassolini tolti dalla scarpa, la istintiva capacità di “spiazzare” attese troppo scontate, l’attaccamento al “natìo borgo selvaggio”, Balbido, nelle Giudicarie Esteriori: centocinquanta persone “galline comprese – aggiunge Marcello” – Marcello che in estate fa il parroco in Germania, che la domenica dice Messa al paesello, “luogo di quiete prima e dopo la tempesta”, affacciato sull’ampia valle soleggiata, “dove ho passato la fanciullezza lavorando nei campi”.

Cattani: “Anche a Balbido ti registrano le prediche?” Marcello sorride … “Il tempo preziosissimo di certi vescovi … a ricercare eresie nelle prediche dei preti …”. Incalzato da Faustini: “Marcello, tu di solito scrivi, non parli: qui parli di te”. “Ecco, io non avrei voluto che fosse scritto questo libro  … già tanti carissimi amici mi dicono e scrivono che sono un presuntuoso … figuriamoci cosa dicono i “nemici”! Ma Piergiorgio mi ha interrogato con pazienza e profondità, mi ha obbligato a tirar fuori angoli reconditi di me stesso, della mia psiche, una sorta di psicoanalisi …”

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Alberto Faustini, Marcello Farina

Faustini: “Qual è stato il tuo ’68?”. “E’ stato l’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII, il suo discorso della luna e anche questa sera abbiamo una splendida luna piena … ecco, allora ho deciso che sarei stato prete per coltivare quel progetto, il “Vaticano II°”. Ed eccomi cappellano in quel di Arco, a “respirare realtà” in bicicletta dopo cinque anni di imbalsamatura teologica in seminario. A respirare la freschezza della brezza del Vangelo”.

Le domande, le provocazioni si susseguono: oggi non ci sono più le figure del passato, i Kessler, i Rogger. “C’è ancora l’ultimo dei Moicani”: Marcello, appunto, dice Piergiorgio.

Politica? Non se ne è parlato. Cooperazione? Si, quella di Don Lorenzo Guetti. 1803, cade il Principato Vescovile di Trento, per poco tempo il Trentino diventa parte della Principesca Contea del Tirolo, la Chiesa perde molto del suo potere temporale, si deve riconvertire al cristianesimo (espressione mia, n.d.r.). E qui interviene Don Lorenzo Guetti, come Marcello sempre vissute nelle Giudicarie Esteriori (nato a Vigo Lomaso, una parentesi di otto anni a Terragnolo, in mezzo alla povertà vera). Don Guetti – su informazioni raccolte da Don Lorenzoni – ha realizzato il principio delle Raiffaisen tedesche: le Coop (1890, S. Croce di Bleggio) e la Banca Cooperativa, al fine di dare dignità ad ogni singola persona, come persona e come cittadino, liberandola dalla condizione di schiavitù di fatto. Il suo progetto, ucciso poco dopo dalla sua realizzazione, nel 1898, anno della sua morte e della nascita del Comitato di Azione Cattolica, il quale decideva su tutto: spiritualità, economia, politica. Una idea pervasiva che ancora oggi induce una certa parte della Chiesa a pensare che la Chiesa sia ancora “maggioritaria” mentre invece è “minoritaria”. Marcello cita il teologo  Karl Rahner: “Si va verso l’inverno della Chiesa”.

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I posti vuoti: quelli di blogger, giornalisti e fotografi “al lavoro”

“Marcello, il tuo rapporto con Papa Francesco”. “Ecco, io lo apprezzo, ma non adoro nessuno se non il mio Dio. L’idolatria è l’unico peccato condannato dalla Bibbia e invece oggi taluni ne hanno fatto una virtù”. Di Francesco apprezzo soprattutto una cosa, che per lui la verità è relazione, che la verità è umile, ti aspetta non ti sospinge: in quanto relazione supera e sconfigge il mondo dell’etica: la nostra religione non è morale, ha una morale, è molto di più di una morale (è Creazione e Resurrezione, n.d.r., cito altro passaggio di Marcello espresso in altra sede).

Faustini: “Marcello, il dentro e il fuori? Come comunichiamo? Come “tiriamo fuori il nostro dentro?” La risposta ricorda Don Lorenzo Milani (“Le parole sono pietre”):Le parole devono essere usate semanticamente in favore di una comunicazione autentica. Dobbiamo recuperare il sono vero delle parole. Ad esempio, la Cooperazione di Don Guetti “solidarietà”, “bene comune”, “socio” sono le stesse utilizzate dalla cooperazione di oggi ma oggi non vogliono più dire nulla”.

In politica poi … abbiamo i maestri dell’flatus voci, del dire, dire … nulla!

Insomma, care lettrici e lettori di questo post, per me è stato difficile seguire la profondità dei ragionamenti di Marcello, di Piergiorgio e di Faustini e ancora di più riportarne qui parte per voi. Cerco di cavarmela, congedandomi citando alcune gocce di saggezza (non mia, ci mancherebbe altro! Bensì di Marcello):

  • La nascita? Se ne parla poco … si parla sempre di morte …
  • Il compimento? La morte? Ognuno riassuma ciò che ha compiuto nella sua vita, la morte terrena è un “compimento” un fare sintesi, fare inventario (termini miei, n.d.r.), con serenità, ognuno come ha potuto/saputo fare.
  • Libertà? E’ nel Vangelo, che non “è” una morale ma fornisce indicazioni.
  • La Storia? E? maestra di relatività: nessuna istituzione è immutabile. Così insegnava lo stesso Mons. Rogger.

Grazie, in ordine alfabetico a Alberto (Faustini), Marcello (Farina), Piergiorgio (Cattani).

 

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