LA SANITA’ TRENTINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2016 @ 4:08 pm

Detto altrimenti: CAMERA CON VISTA … (post 2593) …

download… sulla sanità trentina. La mia è una camera virtuale al piano rialzato di un palazzo virtuale che si affaccia sull’entrata del maggiore, (reale) ospedale cittadino. Mi affaccio e ne sento d’ogni tipo: “Si stava meglio prima; no, ora; no dopo”. Ecco, il giudizio più caratterizzante un atteggiamento diffuso è l’ultimo, paradossale: “Si stava meglio … dopo”. Esso indica la tendenza più diffusa a misurare la realtà della nostra sanità con il metro del tempo: l’adesso con il prima e con l’auspicato “dopo”.

Le ricette che sento sciorinare sono tante, ognuno ha la sua, un po’ come accade per la nazionale di calcio. E allora io stesso … come posso sottrarmi a questa epidemia di giudicanti? E siccome di calcio io – rara avis – non mi intendo “affatto”, per esclusione non mi resta che misurarmi con ciò che conosco “molto poco”: la sanità trentina. Io che tutto posso essere tranne che un esperto dell’organizzazione e della gestione di un simile servizio pubblico! Ma vi pare giusto? Eppure eccomi qui a pontificare, forte di 1) un invito a farlo; 2) singole mie esperienze di paziente occasionale; 3) essere manager di esperienza (così almeno dicono i miei 40 anni “lavorati” in quel ruolo). Ed allora cominciamo.

Io articolista. Chi è stato a “farmi scrivere”? Non ve lo dico per una questione di privacy e per non mettere in imbarazzo quella persona.

Io, paziente. Operato due volte per polipi nasali; ricucito tre volte per voli dalla bicicletta, una volta per caduta in barca; sistemata una spalla per volo fuori pista con gli sci; un’ernia inguinale; due cataratte: questo il mio curriculum. Sono stato ospite di strutture pubbliche e convenzionate. Come mi sono trovato? Sempre molto bene. Dice … ma niente è migliorabile? Certo, tutto, sempre, è migliorabile a questo mondo. Io vedo la nostra Sanità un po’ come vedo la nostra Autonomia: deve essere dinamica, non “per migliorare se stessa” quanto per “essere la migliore possibile in assoluto”. Sapete … è un po’ come quando s’era a scuola: se avevi preso un cinque ti dicevano che avresti dovuto migliorare. E si sbagliavano! Infatti tu studiavi “da sette”, la media era sei, promosso, ma non avevi migliorato di molto te stesso. E invece no. Il nostro modello deve essere irraggiungibile, una utopia, ovvero un livello semplicemente non ancora raggiunto. Ed allora dobbiamo “studiare da dieci e lode”. Tutto qui. Come fare? Basta guardarsi intorno e confrontarsi con i migliori. Dove sono i migliori? Anche all’estero, che problema c’è? Un mio amico, maestro di sci, preparatore di campioni mondiali, è stato pagato da società impiantistiche per … andare a sciare in giro per il mondo per scoprire se e in cosa le “altre” stazioni sciistiche siano migliori delle nostre. Semplice. Last but not least, il servizio del medico di base. Mai trovato meglio di adesso. Facilità di accesso, visite approfondite, ricette telematiche richiedibili – se ripetitive – anche via telefono.

 Io manager. Io sono nato e cresciuto a Genova, “ma” risiedo in Trentino da trent’anni (le virgolette su quel “ma” nel testo la dicono lunga …). A Genova io sono un “raccomandato” perché mio fratello è bi-primario, ed allora con quello stesso cognome ricevi una diversa attenzione. Ma altrimenti … (e questo “ma” nel testo non ha virgolette) … altrimenti sono guai, a cominciare dal posteggio dell’auto. Il maggiore ospedale, 2000 posti letto, fatichi a posteggiare, indi ti arrampichi per centinaia e centinaia di metri di strade in salita, entri nella “cerchia delle mura” del complesso. Fai fatica a trovare il palazzo giusto. Entri, noti cicche di sigaretta dove non dovrebbero essere, etc. Mi dicono: “Non si possono gestire strutture così grandi”. No, “questo io non credo” (e rubo la frase a quel tale senatore …). Non credo perché io stesso ho lavorato in gruppi finanziari e industriali di centinaia di migliaia di persone (Stet-Finanziaria Telefonica per Azioni; Siemens, per citarne solo due) e tutto era perfettamente gestibile. Un esempio: in Siemens un capo poteva avere sotto di sé al massimo cinque persone (un numero maggiore avrebbe provocato una strozzatura a collo di bottiglia) e così via. Una piramide di persone, poteri, doveri, obiettivi, responsabilità, risultati. Basta far funzionare la catena, dalla redazione del piano strategico alle cicche negli ascensori.

Ma allora, come valuto la sanità trentina? Cosa posso osservare, suggerire, proporre? Be’ dopo tanta filosofia, un po’ di pratica:

  1. gradirei minori tempi di attesa telefonica quando devi fare una prenotazione (e poi ogni tanto, cambiate quelle musichette …);
  2. molte infermiere sorridono: bene! Poche no: peccato!
  3. Gestione del tempo. I Medici gestiscono il loro nel senso che fanno un “overbooking” ovvero per fare un esempio, nello spazio di un’ora fissano appuntamenti a tante persone le cui visite richiederanno due ore. Da ciò deriva che loro – anche in caso che persone che pur prenotate non si siano presentate – non hanno tempi morti, ma noi utenti precisi e rispettosi degli orari, sì;
  4. i cartelli e gli avvisi. Il lessico: “Il presente cartello viene esposto per informarvi che desideriamo comunicarvi che..” Ovviamente questa è una mia esagerazione, ma invece del “Si avvisano i signori pazienti che è severamente vietato fumare etc.” basterebbe un semplice “Vietato Fumare”. Che se poi a fianco vi sono altri “Vietati”, basterebbe un Vietato solo con sotto l’elenco di cosa non fare. Banalità, certo, come l’avviso che “Sportello temporaneamente impresenziato”. Ma passiamo ad altro cartello: “Bussare e attendere”. Ecco, questo sì che dovrebbe essere vietato. Cosa? Il bussare? No! L’attendere? No, è il dover “bussare e attendere” che dovrebbe essere vietato. Infatti è snervante, fa insorgere un problema di conoscenza e di coscienza: “Mi avranno sentito? Ci sarà qualcuno all’interno? Devo bussare nuovamente? Sto disturbando una visita importante? E se poi si arrabbiano?” Restiamo lì impalati, incerti sul da farsi, con il corpo leggermente proteso in avanti come per far vedere a tutti che “Vedete anche voi, mi siete testimoni … cerco di non disturbare … ma non ho sentito risposta” Dovrò attendere qui o torno a sedermi? E se mi siedo e dopo di me bussano altre persone e poi ancora io stesso e se poi loro aprono la porta cosa devono pensare, che sia stato io a bussare tutte quelle volte? Oppure, se dopo cinque mie bussate a vuoto arriva un tizio, bussa (per lui è la prima bussata, per chi sta dentro è la sesta), gli aprono ed entra: lui si, io no? Io resto fuori come un allocco a domandarmi se devo fare un corso di “bussologia”.

Dettagli. Altri sono i problemi certo: l’Ospedale Nuovo, gli Ospedali locali, i centri nascita, la qualità della Direzione Generale, quella di ogni primariato, la spending review … ma che volete, chi mi ha invitato a scrivere lo sapeva bene che non sono un esperto di sanità! E poi … de minimis non curant Pretores, ovvero i capi sono in altre importanti faccende affaccendati per dirla con il Giusti. Ed allora me ne occupo io, di queste cosucce da dozzina! Termino riportandovi un brano autentico di una mail ricevuta pochi giorni fa da un amico del sud del Paese, una persona che invidia le nostre piste ciclabili e la nostra sanità e si lamenta della sua:

“… mi sveglio in preda a dolori addominali che man mano diventano laceranti e violenti spasmi, accompagnati da rettoragia, tanto da richiedere l’intervento del 118 che mi trasporta in ospedale con diagnosi d’ingresso “recidiva di retto colite ulcerosa”. Morale: tre giorni passati in barella tra corridoi e astanteria del pronto soccorso, beccandomi anche una bronchite causa le correnti d’aria; quattro giorni ricoverato in chirurgia d’urgenza (ma non era urgente …? N.d.r.). Che brutta esperienza, che schifo la sanità …. (sua locale, n.d.r.)! Figurati che nell’astanteria del Pronto Soccorso c’era solo un infermiere per venticinque malati!”

 CONCLUDO CON UN SINCERO E GRATO EVVIVA ALLA SANITA’ TRENTINA!

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