CAPORALATO IN CAMPAGNA E IN CITTA’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Febbraio, 2017 @ 10:45 am

Detto altrimenti: combatterlo? Ma dai, che se po’ fa’ … se po’ fa’ … si può fare, basta volere!   (Post 2655).

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Il “quinto” stato:  il popolo degli schiavi

Hai una pizzeria. Dall’ammontare delle fatture della lavanderia che lava le tovaglie del tuo locale, la Guardia di Finanza può dedurre il volume di affari. Ed allora, compariamo il volume del prodotto agricolo (ad esempio: pomodori) con il totale della manodopera impiegata. Solo per indicare un possibile sistema di controllo. Ma ve ne sono anche molti altri. In questi giorni (finalmente) al problema del caporalato (agricolo) si sta dando finalmente la dovuta centralità.

Ma … al caporalato urbano? A cosa mi riferisco? Ecco qui: ci sono città italiane nelle quali operano da anni intere “fabbriche in nero”. In nero? Conosco casi del genere: un addetto tecnico specializzato, orario dalle 12,00 alle 22,00 sette giorni su sette. Una settimana di riposo in estate, una in invero. Retribuzione tutta in nero.

In entrambi i casi: cui prodest? Chi ci guadagna? Lavoro nero = sfruttamento dei lavoratori = evasione fiscale = anche una sorta di “ammortizzatore sociale”. Ammortizzatore sociale? Si, provate a pensare alla famiglia di quel tecnico specializzato: se non avesse quell’introito, che farebbe?

Dice … magari quella persona è un esodato, magari sta versando contributi volontari per arrivare alla pensione … e tu, caro blogger, vuoi toglierli tutto questo? Vedi bene che il problema sei tu, non chi si avvale di lavoratori “in nero”, che invece è quasi un benefattore!

Dico: ah … vabbè … ho capito … scusate, non lo faccio più … promesso.