BORGHESIA E CETO MEDIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Maggio, 2012 @ 6:52 pm

Detto altrimenti: la scomparsa di due pilastri sociali

Giuseppe De Rita

Il Professor Giuseppe De Rita (Censis) individua buona parte delle cause della nostra attuale crisi socio-politica-economica nella scomparsa della borghesia, ove con questo termine individua una classe di persone colte, cresciute ed educate alla missione del Servizio alla collettività e ad esso dedicatesi non per motivazioni economiche bensì per puro spirito di servizio.

Come si è arrivati a ciò? Non voglio ragionare sul processo che ci ha condotti a questa situazione, bensì mi soffermerò sulla situazione attuale, sul dato istantaneo quindi, non “di periodo”. Oggi ad avviso di molti di noi, il numero dei parlamentari è troppo elevato. Essi poi sono troppo pagati. Ciò genera una enorme massa di candidati “aspiranti, prima, e di parlamentari “disponibili”, poi, spinti soprattutto dal richiamo dello stipendio e della pensione facile, preoccupati soprattutto del raggiungimento di questi traguardi (che si ottengono con 35 mesi – mesi – di … onorato servizio) , costi quel che costi, anche se si tratta di votare a favore o contro un provvedimento che non si è nemmeno letto, anche se si confonde il deficit di bilancio con l’indebitamento, anche se non si conosce il livello dell’indebitamento pubblico o il significato del termine “esodato”.

Ed allora, cosa fare? Proviamo a ipotizzare alcuni possibili interventi.

1. Investire molto di più sulla scuola, sulla cultura, sulla formazione civile e sociale dei cittadini;
2. ridurre di molto il numero dei parlamentari (si consideri che in Italia siamo 60 milioni di abitanti ed abbiamo 315 senatori e 630 deputati. In USA sono in 300 milioni ed hanno 100 senatorie 435 deputati!);
3. fare in modo che gli emolumenti di chi governa e delle assemblee legislative non siano decisi dagli stessi interessati;
4. ridurre comunque i loro emolumenti, ma non tanto da non consentire anche a chi ricco non è di partecipare attivamente alla Politica;
5. rivedere i regolamenti parlamentari, al fine di verificare la effettiva partecipazione attiva di ogni parlamentare alla vita pubblica alla quale lui stesso, volontariamente, si è dedicato, mettendo in relazione presenze, attività e remunerazione;
6. in applicazione del principio della separazione dei poteri, se un parlamentare è chiamato al governo, si dimetta dal ruolo di parlamentare;
7. limitare fortemente l’attività legislativa del Governo affinchè il Parlamento si riappropri della sua funzione.

Ceto Medio, chi era costui, scriverebbe oggi Alessandro Manzoni? Uno, nessuno, centomila, per dirla con Luigi Pirandello? Il Ceto Medio (d’ora innanzi per brevità chiamato anche CM), è stato la meta, l’obiettivo della maggior parte degli Italiani. All’inizio del secolo scorso non si aveva nulla e si aspirava ai “beni del CM”: uno stipendio fisso (le famose mille lire al mese), una casetta, il frigorifero, la TV, la Seicento, le vacanze al mare, etc. e poi via via, sempre più in su, senza sconfinare nell’area dei capitalisti. Un male? No di certo, il CM consumava e risparmiava e l’industria produceva. Ma nel frattempo il giocattolo si è rotto. Taluno dice: perché vivevamo al di sopra delle nostre possibilità. Ma chi viveva in tal modo? A nessun operaio è stata regalato il televisore, la Seicento, la casa, etc.. mentre a un certo numero di persone sono stati riservati volumi di beni e di denaro ben superiori a quanto ciascuno di questi privilegiati potesse mai consumare, stimolando quindi la produzione, etc.. Sta di fatto che il seguente mix: globalizzazione (il computer sul quale sto scrivendo è un ex IBM stato fabbricato in Cina!); concentrazione della ricchezza su poche persone, a livelli centro americani; livello insopportabile del debito pubblico; sperpero del denaro pubblico; evasione ed elusione fiscale etc., ha generato minore lavoro, maggiori tasse, minori consumi, minore produzione e così via. Da qui, la tendenziale scomparsa del CM, quindi dei consumi, quindi della produzione quindi dell’occupazione, quindi delle entrate fiscali, quindi l’impossibilità di abbattere il debito pubblico etc..

Che fare? Io mi permetto di suggerire: siamo tutti più curiosi, più analitici, più critici, più esigenti e rigorosi verso noi stessi e verso gli altri, più attenti alla relazione fra causa ed effetto e leggiamoci un libro: “Meno e meglio. Decrescere per progredire” di Maurizio Pallante, Bruno Mondadori Editore. Dopo che l’avremo letto, ne potremo discutere.

Altri, nel breve termine, più concretamente di me, propongono l’emissione da parte dello Stato di un prestito irredimibile con un rendimento del 5%. Cioè, chi ha un capitale invbestito in titoli di stato, lo trasforma in una rendita interessante, e quando rivuole il suo capitale, va a vendere i suoi nuovi irredimibili titoli in borsa. Lo Stato sarebbe esonerato dall’obbligo della restituzione del capitale. Di questo abbiamo già parlato in un post precedente pubblicato il 30 aprile 2102.