REFERENDUM PROPOSITIVO? NO GRAZIE!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Febbraio, 2019 @ 8:17 am


Detto altrimenti: dalla democrazia all’oligarchia        (post 3524)

La rete, un’arma micidiale

No grazie, perché credo che questo strumento trasformi la democrazia in una oligarchia. Infatti esso prevede che la proposta di una nuova legge sia presentata da almeno 500.000 elettori. Ora io credo che sia inimmaginabile che 500.000 elettori si radunino e riescano ad elaborare tecnicamente una univoca proposta di legge da sottoporre all’approvazione (solo formale) del Parlamento. Che poi se il Parlamento non approva o anche solo la modifica, la proposta diventa oggetto di un referendum approvativo secondo quorum ridotti. Da quanto sopra discende che a fare le leggi saranno poche persone, i moderni retiarii, quelli che hanno in mano il controllo della rete attraverso la quale poi cattureranno il consenso delle masse. Leggo i giornali, anche quelli di parte avversa alla proposta, e vedo che al caso Formigoni è dedicata un’intera pagina, mentre il referendum propositivo è purtroppo relegato in un articoletto  a piè di pagina. E a Roma si discute … sui dettagli! Quali siano le modifiche parlamentari accettabili e quali no; a che livello debbano essere fissati i vari quorum, etc..

Mi viene in mente un famoso passaggio delle Storie di Tito Livio: dum Rome consulitur, Saguntum expugnatur: la frase è l’amaro commento dello storico in merito alle incertezze del Senato romano di fronte alla richiesta di aiuto degli ambasciatori di Sagunto, città alleata di Roma, assediata dai Cartaginesi del generale Annibale Barca, che durante questo tergiversare romano rase al suolo quella città. Oggi la frase suona così: mentre a Roma di discute, la democrazia è espugnata.

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Mi piace citare un piccolo grande libro di Umberto Eco, un libretto di cinquanta paginette scritto vent’anni fa e oggi ripubblicato da La nave di Teseo (€5,00, mai così ben spesi!):  “Il fascismo eterno” nel quale Eco ci mette in guardia contro il populismo qualitativo, attraverso il quale la volontà di un leader viene fatta passare come volontà dell’intero popolo: piccolo grande libro nel quale ci avverte che presto saremo governati da chi avrà il controllo delle reti web e TV. Al che mi viene in mente l’evoluzione che nei millenni ha successivamente avuto il termine “democrazia”: 1) potere sul popolo (il democrator era il tiranno); 2) strapotere del popolo; 3) potere del popolo. Oggi mi pare che si stia regredendo dal terzo al secondo significato: strapotere del popolo delle reti, cioè di chi governa le reti. Quanto al democrator, ho scovato una lirica illuminante:

Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride.

Per chi non conoscesse l’inglese, traduco: “Chi ha aperto la porta al democrator? / E come è accaduto che egli si sia collocato nel novero dei conquistadores? / Perché egli si sta comportando come se avesse qualcosa nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di essere preso in giro”.

IL COMMENTO DI UN LETTORE

Caro blogger, non avevo seguito la vicenda, quindi mi sono documentato. Premetto che “idealmente” fin dai banchi della mia università di Giurisprudenza ero favorevole alle leggi di iniziativa popolare, poi me le sono perfino dimenticate, sono scomparse dal panorama politico e culturale italiano. Provo a fare qualche considerazione sulle tue tesi, non per polemica, ma per amore ella discussione.

Certo, chi ce le vede 500.000 persone a elaborare un DDL … però in quale altro modo si può fare? Qualcuno lo prepara, lo si fa girare… anche in rete, ovviamente, la rete bisogna conoscerla e saperla usare, dobbiamo essere tutti retiarii, meglio così che andare senza rete! Non lasciamo la rete in mano a nani, ballerine, comici e amici di comici! Certo il problema è sapersi muovere nella rete, vedi tutta la questione delle fake news (= panzane), ma ne parliamo un’altra volta. 

Sulla qualità di una legge di iniziativa popolare, si potrebbe anche essere ottimisti … vista poi la qualità delle leggi di iniziativa parlamentare di questo Parlamento! Anche i quorum vanno visti con attenzione: nel disegno dei M5S non ce n’erano e allora sì che sarebbe stato possibile approvare una legge con una manciata di voti (ma allora andiamo a votare, caspita!). Con l’emendamento del PD (approvato) è richiesto il 25% degli aventi diritto, cioè degli iscritti alle liste elettorali, cioè della popolazione italiana in età di voto. Oggi la partecipazione ai referendum raggiunge a fatica il 50%, per fare il 25% degli aventi diritto perciò ci vuole almeno il 50% dei votanti. Insomma, basta che qualche Schettino torni a bordo … pardòn, che qualche cittadino faccia il suo dovere e la faccenda diventa una cosa seria: alle ultime elezioni un partito o una coalizione con il voto del 25% degli aventi diritto avrebbe stravinto! Comunque ci rifletto ancora. E hai fatto bene a sollecitare opinioni su questa faccenda.

Firmato PF

MIA RISPOSTA AL LETTORE PF

Caro PF, grazie dell’attenzione che dedichi alle mie sudate carte. Ecco, io sono preoccupato innanzi tutto da quel tuo iniziale “non avevo seguito la vicenda” detto da una persona “studiata” (come si dice qui in Trentino) e capace di ragionamenti seri e maturi. Infatti se tanto mi dà tanto, mi domando: cosa sta capendo la massa della popolazione? Avrà la capacità di esprimere un pensiero originario o sarà strumento del pensiero altrui? Io credo che il popolo italiano non sia maturo per una gestione così diretta. Il problema centrale a mio avviso è che si svuota il parlamento della sua funzione e di fatto si introduce il vincolo di mandato per i parlamentari, che diventano soldatini ubbidienti alle decisioni dei manovratori della rete. The rest are details, per concludere  con le parole di quel tale Einstein dopo che aveva affermato di volere conoscere il pensiero di Dio. Comunque il dibattito, grazie al tuo intervento, è aperto.

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