FINANZA PUBBLICA ED ECONOMIA MISTA IN AMBITO COMUNALE e non solo

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Maggio, 2020 @ 6:42 am

DETTO ALTRIMENTI: QUESTO E’ UN LP-LONG POST, MA LEGGETELO CON ATTENZIONE, E’ UN POSTIMPORTANTE!!    (post 3893)

Tutto inzia là ... anzi, qui dove finisce. Ovvero nel luogo nel quale vivono le persone: il COMUNE, luogo nel quale vivono i cittadini, sui quali ricadono immancabilmente tutte le decisioni per quanto “in alto” esse siano state prese, siano questi i luoghi dell’UE, delle multinazionali, della finanza internazionale o dello stato. Ed ecco che questo apparente luogo u-topico, non-luogo-decisionale nel quale non vengono prese “quelle” decisioni, può ben essere il luogo-topos–scintilla nel quale nascono idee destinate a risalire la corrente gerarchica dei luoghi-decisioni.

Esprimo lo stesso concetto con altre parole. Se al COMUNE – dopo avere incassato ogni tipo di imposta locale –  mancano le risorse finanziarie per gestione e investimenti, si rivolge all’Ente Pubblico immediatamente superiore e così via via, risalendo, fino ad arrivare all’UE. Ma se in un punto qualsiasi della risalita il flusso si inaridisce, ecco che il “salmone“  COMUNE non può più risalire ad alimentarsi per generare … gli investimenti ed i servizi necessari ai suoi cittadini. A questo punto – rimanendo nell’immagine “fluviale”, occorre fare una specificazione, e cioè evidenziare una distinzione fondamentale fra i flussi pubblici che alimentano le finanze del COMUNE al di fuori delle consuete forme di tassazione diretta: essi sono “pubblici” nel senso di denari chiesti ed ottenuti dagli Enti “superiori”; e sono flussi privati nel senso dei flussi di risorse private attivate attraverso il coinvolgimento finanziario e/o operativo delle energie dei privati.

” … e allora voi mettete una grande patrimoniale …”

Parliamo dei numeri del debito (pubblico): l’Italia è arrivata ad avere un debito pubblico (che sta crescendo!) già pari al 160% del proprio PIL (che sta decrescendo!). La Germania, con una decisione tipo “soluzione finale” suggerisce che si intervenga con un’imposta patrimoniale del 20-30%: “Dopo il debito italiano sarà ridotto a livelli accettabili”. Su cosa, mi chiedo io? Sui 1400/1700 (circa, quien sabe?) miliardi dei nostri depositi bancari privati? A parte lo sconquasso nell’equilibrio operativo delle banche, le quali a raccolta ridotta risponderebbero con investimenti ridotti e con propri licenziamenti (e un numero così elevato di bancari … come e dove li ricicli?); a parte queste considerazioni, quei 300-400 miliardi circa che deriverebbero dalla manovra ridurrebbero il debito pubblico del 10-20%, intervento assolutamente insufficiente a riportarci ai parametri di Maastricht che fissano quel livello al 60%. Ed allora ecco che la Merkel sicuramente ha in mente che noi si tassi la casa degli Italiani, quell’appartamento che la maggior parte di noi si è comperato con decine di anni di lavoro, di sacrifici  di mutuo, quell’alloggio che dal punto di vista finanziario genera solo l’esigua  differenza fra i costi (spese di amministrazione e imposte già esistenti) e i “ricavi” consistenti nel non dovere pagare un canone di locazione: poca cosa, quindi, assolutamente insufficiente a consentire alla massa della popolazione di pagare una simile nuova pesantissima imposta, soprattutto in una fase in cui molti stanno perdendo il proprio lavoro. Una tassazione del genere provocherebbe una vera e propria rivoluzione.

Di fronte a questa gravità, l’opinione pubblica appare non ancora del tutto consapevole, impegnata com’è a farsi assegnare i pur legittimi contributi e a riaprire tutto al più presto, secondo un’ottica visuale di breve periodo.

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In occasione dell’uscita del libro “Ricostruire la Finanza” scritto insieme all’amico di Gianluigi De Marchi, abbiamo inteso  allargare quanto più possibile la conoscenza dei fatti finanziari, la cui importanza strategica emergerà alla ripresa delle attività nel prossimo autunno ma  soprattutto l’anno prossimo, allorchè si faranno i consuntivi dei mancati incassi privati e delle mancate entrate fiscali da parte degli Enti pubblici percettori e ci si confronterà con un debito pubblico che ha raggiuto il già citato elevatissimo livello del 160% del PIL.

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Quanto al “nucleo centrale” del lavoro, e cioè la proposta delle emissioni di titoli di Rendita (dal) pubblico irredimibili (già da parte di un COMUNE), conforta il fatto che – a nostro libro scritto e già inviato per la pubblicazione, in data 22 aprile 2020 sulla prima pagina del Il Sole 24 Ore sia apparso un ricco articolo nella stessa direzione dei titoli irredimibili a firma del finanziere ungherese-americano George Soros, le cui cinque argomentazioni sono riportate qui di seguito al n. 7 del documento. Qui di seguito riporto una sintesi dei contenuti del nostro lavoro citato, sintesi dalla quale emergono le diverse possibili valenze dello strumento a livello UE, statale ed anche locale regionale, provinciale e COMUNALE.

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1 – Gli interventi prioritari sono numerosi e vanno attivati in contemporanea

L’ UE, i nostri giovani, la sburocratizzazione, la diversificazione della composizione del debito, la situazione finanziaria debitoria. Noi co-autori del libro ci occupiamo di quest’ultima, anche quale base strategica per le ulteriori azioni necessarie per consentire ai giovani di oggi, uomini del domani, di  iniziare propria attività.

2 – La finanza questa sconosciuta

Un appartamento comperato e venduto a prezzi diversi può generare/ distruggere finanza in contemporanea presenza rispettivamente di una perdita/utile patrimoniale ed economica.

3 – L’intervento sul livello del debito

Intervenire sulla composizione del debito è un processo lungo e difficile. Nel frattempo la zavorra del debito pubblico aumenta pericolosamente: quindi, l’intervento realizzabile più immediatamente e in via preliminare è la diminuzione di questa zavorra.

4 – Il problema/opportunità  è contemporaneamente UE, Statale, Regionale, Provinciale, Comunale

La disponibilità / carenza finanziaria è a cascata. L’avvio della soluzione può ben partire da una città catalizzatrice, ovvero da un COMUNE

5 – Cosa sono i titoli di “Rendita” dal pubblico irredimibili

L’Ente pubblico mittente (UE, Stato, Regione, Provincia, COMUNE) paga solo interessi, non restituisce il capitale, ha opzione di riacquisto. Questi non sono un debito ed hanno un rendimento superiore.

6 – Vantaggi per lo Stato che li emette

  1. Miglioramento della tesoreria.
  2. “I “Rendita” non sono un debito, quindi riduzione del rapporto debito/PIL (in base agli accordi di Maastricht, il totale del debito pubblico non dovrebbe superare il livello di guardia del 60% del PIL e siamo al 160%!).
  3. Positivi riflessi sul rating.
  4. Positivi riflessi sullo spread.
  5. Maggiore disponibilità di risorse a beneficio dello Stato per investimenti.

7 – Ulteriori vantaggi per l’UE che li emette

  1. Eliminazioni delle restrizioni per la BCE all’acquisto di titoli.
  2. Onere finanziario lieve per l’UE, malgrado la loro notevole “potenza di fuoco”.
  3. A bilancio UE non si richiederebbero accantonamenti e ammortamenti.
  4. L’emissione può essere frazionata.
  5. La BCE non sarebbe più costretta a “bilanciare” il proprio portafoglio titoli dei vatri paesi aderenti.

Si può ipotizzare un’emissione di Rendita UE effettuata dai soli paesi “poveri”. Molto probabilmente anche i risparmiatori e le banche tedesche o olandesi si affretterebbero a sottoscrivere questi titoli, con l’effetto di indirizzare proprio verso i paesi “deboli” le loro risorse, in quanto beneficerebbero di un interesse reale elevato anziché pagare gli interessi negativi dei Bund tedeschi.

8 – Vantaggi per i risparmiatori e gli investitori

a) Maggiore rendimento
b) Facilità di recuperare in qualunque momento il capitale attraverso la Borsa (le banche potrebbero essere invitate a sottoscrivere loro stesse qualche porzione dei flussi generati dagli irredimibili ed avviare così la nascita di quel mercato).

9 – L’impatto di queste proposte su banche e mercati finanziari

  1. Nel caso di un’emissione di irredimibili Rendita italiani ad esempio al 3-4%, in occasione della scadenza di una tranche di vecchi “redimibili” ad esempio all’1%. Il privato investitore probabilmente accetterebbe volontariamente questo rinnovo con sostituzione e non vi sarebbe alcun impatto sul volume dei depositi bancari.
  2. Nel caso di una emissione nuova senza sostituzione, molto probabilmente una parte del risparmio privato custodito – e molto meno remunerato – presso le banche prenderebbe quella via, a discapito della solidità del sistema bancario, peraltro anche recentemente già in parte compromessa da certe sue politiche azzardate. Se a ciò si aggiunge il processo di automazione del lavoro bancario, ci troveremmo di fronte a imponenti masse di licenziamenti di lavoratori bancari.
  3. In ambito internazionale le centrali di potere finanziario vedrebbero intaccato il proprio potere oligopolistico di controllo dei mercati finanziari, perché perderebbero il loro potere di ricatto ad ogni scadenza dei titoli redimibili da rinnovare. Questa è una possibile chiave di lettura del rifiuto a che nella finanza possa introdursi la democrazia, cioè il potere di libera scelta del popolo (dei cittadini: contribuenti e risparmiatori).

10 – BOR, BOP, BOC:  BUONI ORDINARI, REGIONALI, PROVINCIALI, COMUNALI

Irredimibili RENDITA COMUNALI. Ci si può arrivare partendo dalle attuali emissioni dei titoli di debito pubblico redimibili degli Enti Locali previsti dalla legge 23/12/94 n.724 (art. 35), che già prevede il vincolo delle risorse ottenute al finanziamento di investimenti in specifici progetti esecutivi. Queste emissioni sono convertibili in obbligazioni o in azioni di società possedute dagli enti emittenti. Il loro rendimento non può essere superiore di oltre un punto rispetto a quello del corrispondente titolo statale. Esse scontano un’imposta agevolata al 12,50 % contro il 26%. Esistono quindi tutti i presupposti logici a che, una volta che si fosse in presenza di una emissione statale di titoli irredimibili, una nuova legge statale (ma serve? Aspetto da verificare!) prevedesse la possibilità di estendere questo tipo di emissioni anche agli Enti Locali Territoriali per la realizzazione di una specifica opera pubblica, quale ad esempio una grande funivia o l’interramento urbano della linea ferroviaria. Infatti la già prevista convertibilità in azioni di società possedute da questi enti, attribuisce loro in un certo qual modo la caratteristica dell’irredimibilità, la quale peraltro potrebbe essere espressamente confermata anche dall’attribuzione agli irredimibili locali nei confronti delle relative società di scopo appositamente create.

Inoltre, la certezza dei flussi di rendimento dei titoli irredimibili locali potrebbe essere garantita in favore dei sottoscrittori locali e non, dalla fidejussione di un pool di banche locali.

La concessione di un rendimento non superiore di oltre un punto per i redimibili locali rispetto al rendimento dei titoli statali è in contropartita al maggior rischio presunto. Ove si trattasse di irredimibili, si potrebbe ottenere di incrementare il livello di reddito ad un + 2 punti, stante l’alea (in realtà fittizia!) di riuscire a venderli in Borsa per recuperare il capitale.

11 – ECONOMIA MISTA

 Quanto sopra potrebbe essere congiunto con la rivalutazione di istituti già esistenti quali le società di scopo, di general management, miste pubblico private e con le tecniche del project financing: tutto ciò nel senso di sensibilizzare il cittadino alla realizzazione del “Bene Comune” che non è una piazza o una scuola (che sono beni pubblici, collettivi), ma che è “quel Bene realizzato sin dall’inizio con il contributo attivo di tutti”.

12 – VALENZA POLITICA DEI TITOLI IRREDIMIBILI COMUNALI

  • LOCALE – Il principio di sussidiarietà (non faccia l’ente superiore ciò che può far meglio l’ente inferiore) applicato alla finanza e all’AUTONOMIA COMUNALE – La finanza comunale è alimentata da entrate dirette e da trasferimenti dall’ “alto”, cioè da enti pubblici di ambito geografico più esteso che funzionano per certi aspetti quali gestori di una tesoreria più ampia.
  • STATALE – Trento sarebbe un esempio per tutto il paese.

 Se si fosse nell’ambito delle SpA – Società per Azioni, potremo dire che i singoli comuni sono le società operative e che l’Ente superiore, ad esempio la Regione (o la Provincia Autonoma), è una sorta di holding finanziaria capogruppo. Ora bisogna distinguere se questa società finanziaria capogruppo svolge solo le funzioni di mero tesoriere, oppure se, attraverso il controllo dei flussi finanziari, di fatto si comporta come una SpA Capogruppo operativa, cioè che opera concretamente al posto delle società partecipate.

Un esempio: in un COMUNE si decide di aprire una nuova facoltà universitaria, i cui professori, studenti, personale ausiliario risiederanno, vivranno, consumeranno beni e servizi in quella città. La domanda da porsi è la seguente: ove il progetto possa essere realizzato solo con cospicui trasferimenti di risorse finanziarie da parte dell’Ente superiore, quest’ultimo può arrogarsi il diritto di decidere le scelte operative e strategiche dell’iniziativa?

Ecco invece che l’applicazione del principio di sussidiarietà risolverebbe ogni disputa, fermo restando il ruolo di mero tesoriere dell’ente superiore. In realtà, tuttavia, vi è la radicata tendenza dell’ente “superiore” a gestire i flussi finanziari verso gli enti “inferiori” in relazione alla conformità politica o meno di tali enti rispetto al proprio orientamento politico. Ed allora una migliore capacità ed autonomia finanziaria di quel COMUNE verrebbe in soccorso a tutto vantaggio dell’esercizio di una amministrazione libera e veramente democratica della cosa pubblica comunale.

13 – Una chicca per concludere: i nuovi Patriott

Patriott … rivolti contro di noi!

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Matteo Salvini/Giorgia Meloni propongono “titoli di debito pubblico a lunghissima scadenza, riservati agli Italiani, esentasse” i BOT PATRIOTTICI (“Dio, Patria, Bot”: e dagli con la retorica!) quasi dei nuovi missili Patriott.  Al riguardo vi sono alcune controindicazioni non di poco conto. Infatti, così facendo,
1) si escludono i finanziatori esteri; 2) non si abbatte il debito pubblico; 3) si drenano violentemente i depositi bancari mettendo in crisi l’intero sistema bancario; 4) si crea un “paradiso fiscale interno” a vantaggio di chi ha denari da investire e a danno di chi non ne ha e quindi non può beneficiare di alcuna detassazione. Mi pare che possa bastare!

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CONCLUSIONI

Alle nostre tesi finanziarie sono state fatte obiezioni ridicole: talune a livello di penultima classe di ragioneria, da parte di chi ha inteso spiegarci la differenza fra un’azione e un’obbligazione; altre di una superficialità sconcertante in quanto fatte da persone appartenenti ad ambiti di estremo livello politico ed economico, quali: “Ma chi volete che li comperi gli irredimibili all’1% e a tasso fisso? ” Ma se noi abbiamo ipotizzato un rendimento del 3-4%! e tassi fissi, variabili o misti!! Via … siamo seri!

Il libro contiene poi anche una parte sul rapporto fra finanza-economia-sociale e morale. Detto questo, ha ragione chi afferma che “dopo” la società non sarà più la stessa. Infatti occorre intervenire sin d’ora non solo sul lato della finanza (v. sopra) ma anche contemporaneamente e significativamente  su altri temi, quali ad esempio

  1. diminuzione delle spese correnti a vantaggio delle spese per investimenti (facile a dirsi; molto difficile a farsi, purtroppo!);
  2. revisione delle priorità di investimento (un esempio: l’acquisto dei costosissimi cacciabombardieri F35 si giustifica ancora?);
  3. attribuzione della centralità ai settori maggiormente significativi del paese (creatività, made in Italy, arte, cultura, turismo, industria, etc.);
  4. esaltazione di ricerca, università e scuola (quest’ultima che dia ai giovani non solo la capacità di eseguire i lavori dell’oggi, ma anche la conoscenza necessaria per imparare i lavori del domani);
  5. abolizione dei privilegi medievali ancora esistenti nel paese e riconduzione di retribuzioni, compensi, pensioni a livelli giustamente differenziati ma appartenenti alla stessa unica “scala” (niente più potrà e dovrà essere “fuori scala”);
  6. riscalettatura fiscale più progressiva, senza un tetto alla progressività.

Il mio è solo un tentativo di ragionamento. Sbagliato? Ma almeno ci sto provando. E poi, e mi sbaglio … mi corigerete!

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