SCANDALIZZIAMOCI DEGLI SCANDALI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Ottobre, 2012 @ 1:33 pm

 Detto altrimenti: c’era una volta … Valletta e il suo operaio

Una volta … anni ’50, cioè primo dopoguerra. Oggi RAI Storia talvolta ci mostra spezzoni di quella società. Recentemente sono rimasto colpito da uno di quei filmati. Si trattava dell’intervista ad un famoso attore del momento. Per strada. L’intervistatore in piedi, l’attore seduto in una enorme auto decapottabile, aperta, chiaramente americana. Fra le tante domande: “Quanto le è costata quest’auto?”. Risposta, con orgoglio: “Cinque milioni”. All’epoca lo stipendio di un operaio … quant’era? 40-50.000 lire al mese? Giù di lì. In allora a scandalizzarsi erano in pochi. La massa percepiva la cosa come il sogno da sognare, l’obiettivo da raggiungere, una situazione invidiabile e moralmente irreprensibile. Solo pochi si scandalizzavano. Oggi le coscienze sono molto maturate e il rapporto fra chi si scandalizza e chi no si è invertito. Tuttavia siamo ancora troppo pochi a scandalizzarci ed inoltre, al pensiero non segue l’azione, direbbe Giuseppe Mazzini! Intendiamoci. Non voglio certo innescare una “lotta di classe”. Voglio solo riportare le varie grandezze all’interno di un comune commensurabilità. Mi spiego. Se io guadagno 1, tu 2, lui 10, quell’altro 20 (Valletta alla Fiat percepiva uno stipendio 20 volte superiore a quello di un suo operaio), mi sta bene. Ma se l’operaio percepisce 1 e l’altro (non facciamo nomi, per favore!) 500, bè, forse qualcosa non quadrava ieri o non quadra oggi. Tertium non datur.

Ma … attenzione! L’esempio di Valletta ci riporta al confronto fra due posizioni – Valletta e l’operaio – operanti all’interno dello stesso Sistema Fiat. Ma ecco che il discorso di può ripetere fra soggetti appartenenti – in ambiti diversi – ad un sistema più ampio, il Sistema Italia, al cui interno vi sono settori non privilegiati e settori privilegiati, i quali ultimi, ad esempio, consentono il pensionamento a 52 anni o “dopo due legislature”; consentono cumuli di incarichi, stipendi e pensioni; livelli retributivi “troppo multipli”; benefit vari, etc.. Sull’altro fronte, settori che “esodano” i propri appartenenti, che pagano pensioni minime, etc. Cioè, vi sono situazioni diverse, molto diverse, troppo diverse secondo quel multiplo che prima ho assunto ad esempio, ma che exemplum fictum proprio non è …

Allargando il discorso, arriviamo al Sistema Internazionale. Due esempi per tutti: il capo della nostra Polizia guadagna multipli dello stipendio del Capo della Cia. Lo stesso dicasi per i nostri parlamentari.

A questo punto, alcune domande: questo sistema squilibrato ….

…è moralmente corretto? No. La morale … taluno pensa ai principi di equità che pure il Vangelo insegna … ma “il non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” risale al codice di Hammurabi, qualche annetto prima di Cristo. “Non fare agli altri …” nello specifico potrebbe tradursi con “non mettere gli altri in condizioni di indigenza, di povertà”, anche perché – se non altro – l’indigente ed il povero non consuma beni, quindi tu non li puoi produrre, etc.. La morale? Preferisco non disturbare la religione e rifarmi a principi evidentemente innati nella natura umana (Hammurabi docet, come dicevo poc’anzi).

E’ conveniente per lo sviluppo economico? No, perché l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di molti comprime i consumi e quindi la produzione.

E’ utile all’occupazione? No, dico io. Ma mi si potrebbe obiettare: io imprenditore guadagno di più, investo in automazione, produco di più. Si, dico io, ma con meno operai e i “meno operai” sono anche “consumatori in meno”. Ed allora, che se l’accatta la tua extra produzione?

E’ funzionalmente efficace? No, perché una retribuzione troppo elevata attira comunque pretendenti, indipendentemente dalla attitudine, preparazione, professionalità, impegno lavorativo, disponibilità a farsi carico di obiettivi e responasanbilità,  impegno sociale di ciascuno.

E’ socialmente conveniente? No, perché innesca spinte di protesta che possono degenerare.

E’ finanziariamente sostenibile? Oggi no. Dobbiamo destinare ad altro quelle extra-risorse.

E’ la legge del mercato! Replico. Ok, abbiamo visto dove ci ha portato questa legge. Il Comunismo ha impiegato oltre un secolo a fallire. Il “libero mercato” solo qualche decennio.

Ma mi si obietta: se un giocatore di calcio è bravissimo, viene conteso da più squadre e se lo aggiudica chi mette sul piatto un maggior numero di milioni (di Euro). Eh no, signori, a parte che alcune squadre (spagnole) sono molto indebitate e stanno mandando a fondo le banche che le hanno finanziate, a parte questo …. poiché “nulla si crea e nulla si distrugge”, quei milioni che entrano nelle tasche del calciatore o della squadra che lo vende, da quali tasche sono stati presi? Provate a riflettere. In ultima analisi dalle nostre tasche di spettatori allo stadio, nostre di consumatori di prodotti reclamizzati allo stadio, nostre che paghiamo il canone TV o l’abbonamento a tv private, nostre di noi che sia pure inconsciamente siamo gli sponsor degli sponsor delle squadre sul campo.

Ed allora, riflettiamo. Occorre riscrivere l’ordine delle priorità; occorre un ridimensionamento generale, che non è un appiattimento, ci mancherebbe altro! Inoltre, occorre ridare un significato specifico ad ogni parola, alle parole che formano frasi, alle frasi che esprimono concetti, ai concetti che permeano di sè le leggi. La legge è uguale per tutti? OK, ma per tutti tutti, non “per tutti coloro che appartengono alla stressa categoria”, non “La legge è uguale per tutti, tranne le eccezioni di legge”.

Sino qui, la “problematica”. Come uscirne? Ecco la “soluzionatica”: abbiamo la Costituzione Italiana e il Vangelo. I due documenti sono concordi. Ora, anche se uno è non credente ma mi rispetta la Costituzione, il gioco è fatto. A parte che, in tal caso, il non credente diventa – nei fatti – credente … “a sua insaputa”, s’intende!