DINAMICA DEI FLUIDI, dalla pallina da golf, agli areoplani alla barca a vela

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2021 @ 6:08 pm

Detto altrimenti (da Einstein): “Vorrei conoscere il pensiero di Dio. Il resto sono dettagli”   (post 4577)

Chiedo scusa ai fisici veri se userò qualche termine o concetto in modo improprio: mi scuseranno, io sono laureato in legge!

Un mio amico ingegnere, scienziato, studioso di fisica e di teologia, si è posto da tempo il problema del rapporto della scienza con Dio. Una volta, in coda ad una sua conferenza, gli chiesi: “Perché la forza di gravità “tira” verso il basso?”. Mi rispose: “Se avessimo questa risposta avremmo la soluzione di tutto”. Infatti, l’uomo non “crea” nessuna legge della fisica: le scopre.

Ha scoperto che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Voi colpite un oggetto, l’oggetto si sposta oppure, se è inchiodato al suolo o è un masso di granito, la reazione la sentite voi come dolore/calore/frattura di un osso. Più semplicemente, con il vostro “ferro” colpite una pallina da golf. La pallina “reagisce” cioè s’invola perché il ferro che l’ha colpita non è scivolato via dalla sua superficie, bensì vi da aderito compiendo un lavoro. Aderito, aderenza, la forza di aderenza rectius portanza. Se immergete la mano in acqua, la mano esce bagnata perché l’acqua ha aderito alla vostra pelle.

La pallina vola per effetto di una forza, l’inerzia, la quale tende a farle mantenere lo stato di movimento fino a quando non è del tutto sconfitta da un’altra forza, quella di gravità unita alla resistenza dell’aria al suo avanzamento. Mentre è in volo, la pallina “galleggia” nell’aria, ci si appoggia con “forza” aderendo e ne riceve una reazione, il suo sostentamento. Ma quando la spinta diminuisce, la pallina “scia” sempre più lentamente sulla sua “neve” (l’aria) fino a quando la sua traiettoria è sempre più determinata dalla forza di gravità e dalla resistenza dell’aria ed allora inizia la sua graduale parabola discendente. Questo suo galleggiare e non precipitare all’improvviso è dovuto al fatto che la pallina non va in stallo, e cioè che i flussi d’aria non le si distaccano improvvisamente di dosso (aderenza, portanza). Ciò è agevolato dal fatto che la superficie della pallina è ruvida il che aiuta i flussi d’aria a non “scivolarle” inutilmente via senza sostenerla, senza “portarla” (portanza, appunto).

Poi l’uomo ha scoperto un’altra regola della fisica stabilita da Dio: maggiore è la velocità di un fluido, minore è la sua pressione interna. Un’auto decapottabile con la capote di tela chiusa procede a 100 kmh: la capote si gonfia verso l’esterno perché all’esterno il fluido ha una velocità di 100 kmh e all’interno di 0 kmh. Se avvicinate perpendicolarmente la superfice convessa di un cucchiaio al flusso d’acqua del rubinetto, il cucchiaio viene risucchiato all’interno del flusso.

Altra scoperta, non esistono i vuoti d’aria. Per cui l’aria si muove velocemente verso i luoghi di minore pressione.

Il vento. Siamo in bicicletta, fermi, su una pista ciclabile. Vento “reale”, 0 kmh. Pedaliamo fino a raggiungere la velocità di 15 kmh: in faccia sentiamo il vento “relativo” con la forza di un vento relativo uguale ad un vento “apparente” che abbia la velocità di 15 kmh.  Se a quella nostra velocità constante abbiamo alle spalle un vento “reale” di 15 kmh, il vento “apparente” che avvertiamo è di 0 kmh. Se quel vento “reale” lo abbiamo contro, il vento “apparente” che avvertiamo è di 30 kmh (15 di vento “relativo” + 15 di vento “reale”). Quindi in bicicletta conviene avere il vento  “reale” alla spalle perché … si fa molta fatica di meno e … non si deve decollare!

Per gli aerei il contrario: si decolla e si atterra controvento perchè in ogni caso si aumenta la portanza.

L’elica di un aereo compie due lavori: si avvita dentro il fluido aria; convoglia sulle ali un flusso di aria. L’avvitamento fa avanzare l’aereo: i flussi sulle ali lo fanno alzare da terra, in quanto la pressione dell’aria sulla parte superiore delle ali, convessa, è minore della pressione sotto le ali perchè sopra il percorso che l’aria deve compiere è maggiore e quindi l’aria è più veloce e quindi lì si determina una minore pressione. Negli aerei a reazione la funzione di spinta viene svolta dal motore interno che scarica “a vuoto” la pressione verso la coda e spinge verso il muso dell’aereo.

Barca a vela. La barca a vela è un aereo che ha le ali (la vela e la lama della deriva) immerse in due fluidi a densità diversa: la vela nell’aria; la deriva nell’acqua. Pertanto la deriva può ben avere una superfice minore di quella della vela. Una barca a vela semplicemente abbandonata al vento, si muove come un aereo su una pista, non frenato, con il motore spento che venga sospinto da una forte raffica di vento. Se poi quella barca issa le vele, aumenta la sua spinta al vento. Ma se vogliamo risalire il vento dobbiamo far sì che lavorino entrambe le sue due ali. Ora una barca ferma che si vuole opporre al vento, ha un’ala (le vele) colpite dal fluido e l’altra ala, la deriva, no, perché la barca è ferma nell’acqua. Quindi occorre partire con andature “larghe”, praticamente semplicemente “spinti” dal vento e solo quando si è generato un flusso di acqua che colpisce la deriva, si può iniziare a “volare” cioè a risalire il vento. Le due forze che lavorano sono identiche: la forza aereodinamica e quella idrodinamica. Esse agiscono sulle due ali in modo identico: la prima, sulla vela, si scompone in avanzamento e scarroccio laterale per cui la barca avanza molto e tende a scarrocciare lateralmente un po’; la seconda, sulla deriva,  un po’ in resistenza all’avanzamento, per cui la barca è un po’ frenata,  e molto in opposizione allo scarroccio laterale.

Le vele. La parte sottovento convessa, corrisponde alla parte superiore dell’ala dell’aereo: lì l’aria scorre più velocemente, si genera una pressione minore che dal lato sopravvento, per cui la vela e la barca sono risucchiate in avanti.

La velocità massima di una barca a vela. Non la si ha con il vento in poppa, cioè con il solo vento reale, ma quando per via di una sua rotta diversa, la barca genera un suo vento relativo che si somma al vento reale offrendole un vento somma dei due, ovvero il vento “apparente”: sul lago ghiacciato di Resia le barche a vela su pattini da ghiaccio raggiungono i 100 kmh con un vento reale di soli 60-70 kmh. A parte questo caso, la velocità massima di una barca “dislocante” cioè non planante, a vela e a motore, è 2,5 volte la radice quadrata della lunghezza al galleggiamento, a meno di applicarle motori di una potenza esagerata che però rischiano di “disfare” la barca.

L’unità di misura della velocità del vento: metri/secondo; nodi; kmh. Grosso modo 10 m/sec = 20 nodi = 36 kmh. Calcolatevi voi i due rapporti.

Breve storia della navigazione a vela, scritta da me: la si può ricevere gratuitamente scrivendomi: riccardo.lucatti@hotmail.it

BUON VENTO A TUTTI: VELISTI, PILOTI D’AEREO, CICLISTI!