TITOLI IRREDIMIBILI RENDITA (non di debito)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Aprile, 2021 @ 9:08 pm

Con l’emissione di Irredimibili, lo Stato non si indebita, bensì “vende una rendita”

(ove non indicato, importi in miliardi di €, in corso di continuo aggiornamento)

Il libro. Aprile 2020 – Riccardo Lucatti (CEO, finanza d’azienda)  e Gianluigi De Marchi (pubblicista, scrittore, esperto consulente finanziario)  pubblicano il libro “Ricostruire la finanza”, Ed. Amazon (seconda edizione dicembre 2020). Nel testo si citano i precedenti storici di queste emissioni. La materia è stata oggetto di approvazione da parte di esponenti dell’Alta Finanza; di articoli di stampa specialistica e di numerose conferenze in club Rotary.

Presupposti: le quote di Recovery Fund in arrivo non riusciranno a produrre una finanza tale da invertire l’andamento crescente del debito pubblico. Il rapporto fra il deficit (160), il PIL (1600), il debito pubblico (2700) e la ricchezza finanziaria privata italiana (4500 di cui 1800 nei c/c bancari) induce ad attivare strumenti che canalizzino volontariamente quest’ultima verso il settore pubblico. Inoltre, esiste una stretta interdipendenza a cascata fra le finanze UE, Stato, Regioni, Province, Comuni.

Tre segnali d’allarme: a) fine marzo 2020: duemiladuecento cittadini tedeschi hanno impugnato il Recovery Fund presso la loro Corte Costituzionale, causando quanto meno un ritardo di tre mesi all’intera procedura. Sorgeranno altri intoppi? b) Stesso periodo, il PCM Draghi in una riunione UE non deputata (era sul Covid) ha auspicato l’emissione di Eurobond; c) in genere l’Italia è stata capace di utilizzare solo in misura minima i fondi UE.

Titoli Irredimibili Rendita (non di debito). Non hanno scadenza di rimborso del capitale, pur potendo essere prevista un’opzione di riacquisto in capo all’ente pubblico emittente. Hanno un rendimento molto elevato. La loro emissione non aumenta il livello del debito pubblico e procura allo Stato nuova liquidità.

20 agosto 2020: Banca Intesa Sanpaolo emette 1,5 mildi di propri Irredimibili al 5,5 % lordo in tagli da €100.000, tassati al 26% e riceve richieste di sottoscrizione per 6.5 mildi. Poi si apprende che quella Banca è la principale finanziatrice della costruzione di una mega centrale a carbone nei Balcani. Se altre banche seguissero questo esempio, si indurrebbero le banche a investire a prescindere dall’ “eticità ecologica” dell’investimento (ad esempio in una centrale a carbone!) in favore di chi accetta comunque di pagare il denaro a tassi così alti fuori mercato; verrebbero drenati i c/c bancari; sarebbero dirottati fondi verso investimenti esteri; ci sarebbe una pericolosa concorrenza per l’emissione di titoli pubblici di debito. Sarebbe interessante conoscere i sottoscrittori.

Inizialmente, gli Irredimibili pubblici italiani potrebbero essere emessi per sostituzione volontaria delle scadenze della tranche di redimibili (diminuendo in tal modo il debito pubblico!)  oltre a ulteriori tranche (che non aumenterebbero il debito pubblico). Il tasso potrebbe essere 3,5% lordo (tassato al 12,5% trattandosi di titoli pubblici). I maggiori flussi finanziari in uscita a causa del maggiore rendimento sarebbero molto più che compensati dai minori flussi in uscita per il mancato rimborso delle quote capitale.

ll concetto di irredimibilità potrebbe essere esteso anche a livello UE e a livello locale, per quanto riguarda le emissioni di BOC, BOP e BOR, Buoni Ordinari Comunali, Provinciali e Regionali oggi possibili ex art. 35 L. 23.12.1994, già ora con durata superiore ai 5 anni -non è stabilita la durata massima – destinabili solo ad investimenti e convertibili nelle azioni delle relative SpA di scopo.

Fuor di finanza, è chiaro che all’Italia occorre aumentare la produttività, questo è il vero nostro punto debole rispetto a tutti gli altri paesi, non il debito pubblico che pro-capite è più sostenibile di quello di altri stati europei. Oggi il debito pubblico in scadenza annua è di circa 400-500 miliardi. Ormai siamo arrivati quasi al 160% del PIL. Tuttavia negli anni successivi dobbiamo assolutamente scendere anno per anno ad esempio di 5 punti alla volta, pena l’uscita dall’UE, il che comporterebbe una forte svalutazione con interesse dei soli Italiani a sottoscrivere titoli pubblici a rendimenti molto alti, ma con una moneta che varrebbe molto poco (ricordiamo la crisi della lira nella seconda metà degli anni ’70!)

Gli Irredimibili potrebbero essere una parte della soluzione a patto che il tasso fisso – inizialmente interessante – fosse rivedibile di cinque anni in cinque anni, oppure il rendimento fosse in parte e tasso fisso e di parte a tasso variabile magari indicizzato al PIL. Ciò, insieme alla “fiducia nello Stato” contribuirebbe a mantenere il valore del titolo intorno a 100, il che è un presupposto necessario per il successo del lancio. Occorrerebbe trovare una formula equa, che non fosse una sorta di “truffa” per nessuno: emittente e investitore. Interessati a sottoscrivere potrebbero essere i piccoli risparmiatori e molti  investitori istituzionali quale il comparto Assicurazioni Vita.