AMARCORD, MI RICORDO (a vela)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Agosto, 2021 @ 6:13 am

UNA FAVOLA A VELA: LA MIA GIRAGLIA

Detto altrimenti. E se non avessi motore, radio e GPS?

Premessa dell’autore

Una favola che va un po’ spiegata. La Giraglia è un importantissimo campionato di regate veliche nel Mar Ligure centro-occidentale: alcune costiere e l’ultima da Saint Tropez, allo scoglio della Giraglia (Capo Corso), sino a Genova. La regata, in caso di mal tempo, è assai pericolosa. Infatti la zona di Capo Corso, insieme al più famoso Capo Horn e al Golfo di Marsiglia, è una delle tre zone più pericolose in assoluto al mondo in caso di tempeste da nord. Ciò in quanto il fondale del Golfo di Marsiglia è molto irregolare, a gradoni e le masse d’acqua vi si scontrano innalzandosi in onde enormi e assolutamente imprevedibili, pericolose anche per le grosse navi! A Capo Corso il motivo della pericolosità è un altro. In quella zona infatti si scontra la tramontana che proviene da 0° cioè da nord con il Mistral che proviene da 280-290°, cioè da Nord ovest. Da questo scontro nasce un mare “impazzito” con onde che “non corrispondono” direzione del vento. il che crea non pochi problemi ai velisti regatanti.

Capirete quindi che l’eroe della favoletta che vi sto per raccontare, deciso a traversare da Genova a Capo Corso, in solitaria, senza strumenti elettronici, senza motore ausiliario, a bordo di un  FUN, una barchetta a vela da regata di sette metri che discloca (pesa) solo 1.000 Kg, ha corso un bel rischio. Ma questa è una favola e lasciamo che a raccontarla sia proprio il natante, la barchetta, per intenderci, in prima … persona, si fa per dire.

Fine della premessa. Ora parla il Fun.

Ha deciso. Questa volta non userà motore, telefonino, radio e sistema satellitare di posizionamento se non in caso di assoluta necessità. Vuole veleggiare provando la sensazione della navigazione esclusivamente a vela, stimata ed in solitario. Userà quindi solo l’orologio, il log, la bussola e le carte nautiche. Quale barca userà? Ma me stesso, io medesimo, che sono un FUN che poi sono di origine francese e voglio dire Formule Un, Formula Uno e non “divertimento” all’inglese, ci mancherebbe altro! Anche se con me il divertimento è garantito! Meta stabilita: Capo Corso, il mio piccolo Horn personale: circa 80 miglia da Genova in linea d’acqua.

Primo giorno

E’ una fresca mattina di luglio. Prima di lasciare l’ormeggio, lui si concede l’ultimo lusso: la lettura del bollettino meteo. Espone quindi randa piena e fiocco autovirante e procede al lasco verso Punta Chiappa, a cinque nodi costanti, mure a sinistra, sotto una brezza da nord che fa il pelo all’acqua senza alzare onda, una meraviglia. Io scivolo felice, ed io con lui. Saluto alcuni gozzi intenti a pescare e mi godo il panorama della mia costa d’origine.

Alle sette si abbatte, cioè “si vira verso destra” rotta verso sud ovest al lasco, allargando l’andatura, mure a dritta. La velocità scende a quattro nodi.

Alle 11 la terra è sparita all’orizzonte ed il vento cala. Il log gli dice che ho percorso 15 miglia verso sud. Lui ne approfitta per mangiare e riposarsi un po’. Dopo il caffè (dell’unico termos), si alza la brezza di mare, da sud.

Lui fisso il timone sopravvento con un elastico e sottovento con una scottina. Dopo qualche tentativo funziona! Ho il timone automatico, evviva! Lui può quindi riordinare le idee e mettermi in ordine, diamine! Inoltre lui aggiorna la rotta ed il libro di bordo.

Terminate queste incombenze, va a prua e si siede davanti al fiocco, sul pulpito, con le gambe di fuori. Mi sento un cavallo da corsa con in groppa il fantino tanto siamo entrambi sensibili agli spostamenti impostici dalle onde!

Improvvisamente due delfini emergono dall’acqua ed iniziano a giocare con la mia prua: Ho il cuore in gola dall’emozione, fortissima, che sto provando. Dopo un po’ mi salutano e se ne vanno. Lui rientra nel pozzetto. Devo intendere anch’egli con l’animo colmo di gioia e di serenità. Grazie delfini!

Nel frattempo procedo verso sud di bolina tirando bordi di due ore ognuno, scadenzati dal timer del suo orologio  da polso.

In totale percorro altre 32 miglia, ma considerando il bordeggio penso di essere sceso solo di 20. Dovrei quindi trovarmi a 35 miglia un po’ a sud ovest di Portofino.

Ormai è sera, il vento è calato, lui è stanco ed ha fame. Ammaina il fiocco, prende due mani di terzaroli e comunque ammaina tutta la randa. Quindi cena e va subito a nanna! Io non ho bisogno di dormire, non ho bisogno di ormeggi, cime, parabordi, sonniferi o tappi antirumore per le orecchie (che non ho!) anche perché qui dove mi trovo non ci sono discoteche dalle quali difendersi. La serata è tranquilla. Qualche pesciolino salta intorno allo scafo e mi augura la buonanotte. Ricambio di cuore.

Secondo giorno

Lui si sveglia presto, riposatissimo ed affamato. Placa la fame, indi prende un bel bagno divertendosi a rimorchiarmi un po’ da prua, nuotando sul dorso, con le pinne, per una mezz’oretta (gli avevano assicurato che i pescecani non attaccano i funnisti).

Verso le 9 si alza il ponentino da 270°. Benissimo, e noi facciamo rotta 180° al traverso per circa 7 ore. E sono altre 28 miglia che sommate a quelle di ieri fanno 63.

Dovrei essere al traverso della Gorgona, ma è troppo piccola (o lontana?) per essere visibile. Mi restano altre 20 miglia, che dovrei coprire in un sol giorno, se tutto va bene.

Seconda notte. Calma assoluta. Lui è meno stanco della prima e va a letto tardi, alle 22, in tempo per preoccuparsi un po’ al passaggio di due navi: ho le luci accese ed il riflettore radar. Tuttavia lui non sono del tutto tranquillo. Ci avranno visto? Ci avranno cercato sul canale 16? Non lo sapremo mai. Alla fine va a dormire, facendo affidamento sulla legge della probabilità, quella dei grandi numeri, dei grandi spazi ma soprattutto sulla legge del gran culo.

Terzo giorno

Scirocco teso. L’anemometro registra 15 nodi a livello del mare. Lui lascio filare una cima di trenta metri a poppa. Non si sa mai, se lui cadesse in acqua…

Prende una mano di terzaroli e alla via così, bolinazza bagnata con onda, ora dopo ora, bordo dopo bordo, virando quando squilla l’orologio. Per fortuna che la cacca lui la fa  regolarmente alla mattina presto e per il resto, meno impegnativo, si arrangia anche mentre timona!

Ad un certo punto mi accorgo che ha perso il conto dei bordi. Li ricostruisce calcolando il tempo trascorso. In totale sono nove ore, sei con mure a dritta, verso Est e tre con mure a sinistra verso ovest. ll log dice che ho percorso a 35 miglia, che dovrebbero corrispondere circa altre 10 miglia questa volta verso sud est, che sommate alle precedenti fanno circa 73. Dovrei quindi essere quasi arrivato e trovarmi a circa 10 miglia da Capo Corso, ma è sera, la visibilità è scarsa e lui è stravolto dalla stanchezza. Ammaina le vele, prua al vento, cala in acqua l’ancora galleggiante che aveva costruito a terra con i paioli dei gavoni di prua (è brevettata, attenzione!). L’ancora pare funzionare, io scarroccio poco, almeno così mi sembra.

Basta, si arrangerà, che mi si spinga dove si vuole. L’onda è fastidiosa ma non pericolosa, lui cena e va a dormire, ma passa la notte nel dormiveglia. Parla da solo: dice che si balla troppo per dormire del tutto. Pazienza…si rifarò all’arrivo.

Quarto giorno

Lui si alza alle prime luci dell’alba, aggiorna la nostra posizione “retrocedendoci” delle dieci miglia guadagnate il giorno prima. Continuo quindi ad essere a circa 20 miglia dal Capo, ma l’onda è meno forte di ieri ed io rispondo meglio ai comandi. Venti miglia di bolina, poco più che da Punta San Vigilio a Riva del Garda, dico a me stesso per consolarmi, coraggio! Devi farcela prima di sera, a tutti i costi.

Lui fa una ricca colazione ipercalorica (marmellata, banane, biscotti e pompelmo), recupera l’ancora galleggiante e mi fa ripartire terzarolato a 3,5 nodi.

Lui passa un braccio dietro la draglia. Ogni tanto è vinto da un colpo di sonno ma non ci sono auto o guard rail nelle vicinanze, per fortuna. E’ molto più sicuro che guidare in autostrada, checchè se ne dica…

Dalle sei di mattina sino a quando? Semplice, sino a quando lui avvista la terra, alle 12. Quando l’ha vista ha provato un’emozione fortissima, un vero tuffo al cuore. Sarà Capo Corso o cos’altro? Fatto sta che lui si è messo a saltellare dalla gioia!

Anch’io del resto, mi sento come il cavallo che verso sera avverte l’odore della stalla e sente moltiplicarsi le forze pur di raggiungerla al più presto.

Ormai è fatta, mi dico, qualunque terra sia quella che lui vede all’orizzonte sulla mia prua, ad una distanza che non sa calcolare.

Man mano che mi avvicino la terra, la costa gli appare per quello che è: un promontorio slanciato verso nord! E’ lui, il nostro Horn domestico, che raggiungo dopo altre tre ore di bolina.

Sfioriamo lo scoglio della Giraglia e dirigiamo, ormai ridossati, verso Saint-Florent.

Lui è sono stanco, felice e…cosa dite? Soprattutto molto fortunato!?…D’accordo…ho capito…ho capito…prometto glie lo dirò di non farlo più ….va bene così?

Buon vento a tutti

                                                                                 Il FUN “Whisper