PADOVA, UN BAMBINO TRASCINATO A FORZA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Ottobre, 2012 @ 5:23 am
Il poeta Quinto Orazio Flacco

Detto altrimenti: …  con quel che segue!

Est modus in rebus, sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum (Orazio). C’è una misura, un limite in tutte le cose al di là del quale non si può essere nel giusto. Da 2000 anni!

Il bambino trascinato via a forza è già un fatto ben al di là di quel confine.

Ma vi è stato anche un secondo, altrettanto grave, sconfinamento. Al TG3 delle ore 19,00 del12 ottobre 2012 si è vista una scena inaccettabile: una ispettrice di polizia, in borghese, con appeso al collo il distintivo del corpo d’appartenenza, distintivo ben visibile e bene inquadrato (non altrettanto il viso della persona), grida in faccia ad una madre che cercava di opporsi al trascinamento: “Io sono un ispettore di Polizia. Lei non è nessuno!”

Uno, nessuno, centomila? No, 60 milioni di Italiani … sono forse nessuno? Io non sono un ispettore di polizia. Io sono figlio di un maresciallo dei carabinieri che per non prestare servizio sotto i tedeschi, si fece due anni di campo di concentramento. Non l’ho mai sentito esprimersi in tal modo, né tanto meno si è mai comportato in tal modo. In tutta la mia vita sono stato educato al rispetto delle forze dell’ordine e della legge. Io non sono “nessuno”. Né io, né quella signora alla quale l’ispettrice si è rivolta.

Padova. La cosa è gravissima in sé ed anche in quanto testimonia un atteggiamento che non è assolutamente accettabile da chi detiene il legittimo uso della forza (pubblica). Così come non è stato accettabile l’invito fatto “dall’alto” ai poliziotti al G8 di Genova di eseguire tanti arresti “per ristabilire il prestigio del corpo”.

Genova. G8. Io in quella città ci sono nato e cresciuto, mi ci sono laureato in giurisprudenza un anno dopo che presso la stessa Università si era laureato il giudice che poi, in primo grado, ha assolto i poliziotti e chi li comandava. Imputati poi condannati in Cassazione, a parte i prescritti, ovviamente, in quanto in Italia purtroppo non esiste (ancora) il reato di torura! Eravamo quasi colleghi. Andavamo a sciare insieme. Ho le foto. Oggi non andrei più a sciare con il mio (ex) amico. Genova in grande, ieri. Padova, in piccolo, oggi. Ma la gravità dei fatti è la stessa.

Genova. Riterrei che ogni poliziotto, quando indossa casco con visiera calata, debba essere ugualmente riconoscibile (ovviamente solo dai propri capi e, ove necessario, dalla magistratura) attraverso un numero stampigliato sulla divisa. Ciò contribuirebbe a responsabilizzarne l’azione.

Italia. Occorre punire chi devìa dai propri doveri. Ciò fra l’altro, farà sì che l’opinione pubblica non faccia di tutt’erba un fascio e condanni l’intera categoria. Che non se lo merita.