VELA DA MARE E D’AMARE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2023 @ 4:11 pm

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C’era una volta un ragazzo, nato e cresciuto a Genova, collina di Albaro, vista mare, parte  orientale della città, là  dove sorge l’alba:  Albaro appunto, costellata di ville signorili e di ville di contadini (villan, baccan), all’interno di campi poi diventati prede di condominii di lusso.
La viabilità  principale, parallela alla costa, prima fra tutte una certa Via Aurelia, tutta a seni e a golfi, per dirla con il Manzoni. Di traverso, le croexe (de ma, Fabrizio de Andrè), piccole stradicciole centenarie, difficilmente carrabili, strette fra muri a secco, alti, a proteggere lateralmente le ville ma aperte verso sud, a concentrare l’attenzione e lo sguardo sul mare.

Per una di quelle stradicciole (e ci risiamo con il Manzoni), ogni giorno, d’estate, a piedi, il ragazzo andava al mare, praticamente sua residenza estiva. Fin da casa aveva indossato il costume da bagno sotto i pantaloncini corti, per non perdere tempo nel cambiarsi, una volta arrivato sulla spiaggia.

In inverno egli osservava il mare dalla finestra, saranno stati 3 km, valutandone la forza dalle pecorelle di schiuma e studiava come la tramontana riuscisse a far navigare sul balcone della sua cameretta il praho (veliero) malese, trimarano costruito con gli angoli prismatici delle cassette (allora di legno) della frutta, “armato” con un’unica vela quadra: un fazzoletto. 

Fu quindi il turno di una sorta di Star, lft (lunghezza fuori tutto) 70 centimetri, disegno ad occhio delle ordinate, prua scolpita in legno di balsa, carena in listelli di tiglio, chiodini in ottone, stucco francese con colla per calatafare, deriva di piombo fuso fra due rivestimenti in compensato. Fiocco autovirante, boma legato al timone, navigava e virava da sola. Cantiere: oratorio parrocchiale S. Francesco d’Albaro, Genova.

Già in primavera il ragazzo agognava il primo contatto con la spiaggia e con l’acqua. Era un desiderio vissuto assai intensamente, come il ritrovare la persona amata dopo un lungo periodo di separazione. Analogamente, l’ultimo giorno della stagione estiva, talvolta protratta sino a metà ottobre, egli si rotolava nel bagnasciuga, cercando di prolungare il contatto con i sassi e l’acqua per imprimersi la loro sensazione sulla pelle e nella mente sino alla primavera successiva.

Mare di Liguria, spesso poco ventoso in estate, tranne che per sciroccate o libecciate impetuose. Ed allora onde altre tre, quattro metri esplodevano sugli scogli, allagando l’azzurro del cielo con milioni di perle di candida schiuma. E nel bagnasciuga i ragazzi a rotolare, a levigarsi nel corpo e nello spirito, insieme ai sassi. Sassi levigati, lisci, per nulla pericolosi. L’ “arte” consisteva nel non opporsi ai frangenti, ma nell’assecondarli, nel lasciarsi portare, nel diventare parte di quell’energia. E appena planati a terra, via, di nuovo, in piedi, di corsa, a riguadagnare “il largo”, cioè¨ quella decina di metri che avrebbe consentito una nuova planata, scrutando le onde in arrivo e avvisando tutti i compagni con un grido gioioso (“Quella, quella … guardate”!) l’avvistamento dell’onda più alta della altre, con il “ventre” nero, minaccioso per chi stava a terra: per loro ragazzi un meraviglioso regalo, la prospettiva di una veloce planata. La risacca non era pericolosa: non ti trascinava al largo: ciò era dovuto alla ripidità della pendenza con la quale la costa si immergeva nel mare, a differenza di certe pericolose risacche di oste meno ripide, le quali, proprio a causa della minore pendenza del fondale marino costiero, una volta che hanno “afferrato” le tue gambe, ti trascinano al largo per lungo tratto, pericolosamente. Con la bonaccia, il nuoto, la pesca subacquea, il canottaggio e la vela.

La vela? Con due barche “di gruppo”: un dinghy ed un gozzo “parcheggiate” sulla spiaggia dello stabilimento balneare Monumento a Quarto dei Mille.Ma come facevano a non affondare le altre barche, quelle vere barche a vela, sottili sottili con una stellina dipinta sulla randa? Non entrava acqua a bordo? E come mai non si rovesciavano?

Il ragazzo ed i suoi amici si sentivano più sicuri sui loro praho liguri, più adatti alle loro “regate”. Tutto era permesso, anche remare o lanciarsi secchiate d’acqua. Importante era arrivare primi sotto bordo alla portaerei americana di turno (Forrestal, Enterprise, etc.), per scambiare, attraverso sottili cime calate dall’alto dai marinai, fiaschetti di vino con accendisigari zippo originali e berrettini militari bianchi, originali garantiti anch’essi! Ligures, commercianti nati. 

Quindi, dopo le vele di Salgari, quelle dei suoi velieri giocattolo, quelle del gozzo, finalmente, alla tenera età di 46 anni, la prima vela vera: quella del Fun Whisper ITA 526, acquistato al Salone Nautico di Genova nel 1990 (e dove, sennò?) e residente insieme a lui in Trentino, Fraglia della Vela, Riva del Garda … and still going strong!

25 anni di regate, al cui interno un giro d’Italia a Vela in regata (ma con una barca più grossa), e i trasferimenti in Sardegna. Infatti, per ben tre anni ex ragazzo ha portato Whisper in vacanza al mare, d’estate, ed insieme hanno navigato dalla Toscana sino a Palau, anche in solitaria notturna, andata e ritorno sono sei volte.

Da ultimo, avrebbe voluto portarlo in Liguria almeno per un inverno, e planare al traverso, da Genova a Punta Chiappa, con vento teso di tramontana. Ma ha esitato troppo e domani quel ragazzo compie 79 anni. Evvabbè ….

Nel frattempo Whisper continua ad abitare a Riva del Garda.