INCONTRI – 19) ANONIMO … ITALIANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Ottobre, 2012 @ 4:40 pm

Detto altrimenti: lasciate che i giovani … lasciate che i giovani possano trovare lavoro ed essere trattati con rispetto!

Nell’ambito di una ricerca di testimonianze sul lavoro giovanile, ho intervistato una giovane, oggi circa trentenne, la quale mi ha permesso di pubblicare i contenuti del nostro colloquio. Su mia proposta, abbiamo concordato di mantenerne l’anonimato.

“La mia prima esperienza lavorativa? Assistente di direzione. Se non fossi scesa a patti … “particolari” con il capo non avrei avuto alcuna forma di gratificazione. Mi sono licenziata, avendo già maturato ben due manate sul sedere. Nel frattempo per un anno e mezzo avevano intercettato le mie mail con le quali inviavo ad altre società il mio curriculum e mi avevano definita “pessima dipendente”. Ma se ero “pessima”, perchè non mi avevano licenziato? Non l’ho mai capito. Ero stata assunta con il contratto di apprendistato, iniziavo alle 8.00 e finivo alle 18.00. Dopo le 18.00 ci si fermava spesso e volentieri per una birra o un aperitivo, se si saltava la prendevano male. Ho conquistato cosi 10 chili in più e sino a 1000€ in busta paga (evviva gli straordinari!). Quando presentai le dimissioni, in quanto per di più per l’ennesima volta mi era stato negato il permesso per andare a sostenere un esame all’Università (“la laurea non serve ad un c….! Tu hai il diritto al permesso ma io non ho l’obbligo di dartelo!”), mi fu assicurato che mi avrebbero “rovinato la vita”. “Conseguentemente” a quanto sopra, sono rimasta disoccupata per un anno e mezzo. Nel frattempo ho scoperto che sul direttore c’erano tre denunce per mobbing e una per “molestie sessuali”… Non cito nemmeno più questa esperienza nel mio curriculum.

Seconda esperienza. In un call center. Dopo esser stata additata come “extracomunitaria venuta col barcone” (in effetti ero stata extracomunitaria, ma ero arrivata con l’aereo insieme alla mia nuova famiglia ed ormai ero cittadina italiana a tutti gli effetti da ben 25 anni!) mi hanno minacciato di rimandarmi a casa se solo mi fossi permessa di lamentarmi anche una sola volta. E se avessi detto qualcosa ai giornali mi avrebbe denunciato. La motivazione? “Se salta la mia sedia, chi paga il mio mutuo? Tu?”. Notare bene, l’80% degli operatori provenivano dalla stessa area geografica del responsabile, tutti raccomandati. Il resto, da società attigue. Una conoscente che lavora ancora li (lei è della zone geografica “giusta”) mi ha riferito che di me dicono che ero sempre in pausa, non lavoravo, fumavo troppe sigarette e che li chiamavo razzisti solo per invidia. Per andare in bagno bisognava chiedere il “permesso” al team leader che chiedeva il motivo (in bagno, le cause potevano essere solo due … o le devo citare espressamente?) e ricordava che avevo solo cinque minuti esatti e che nella zona fumatori c’erano le telecamere!

Terza esperienza. Avevano trovato il mio curriculum presso un parente del direttore, titolare di altra azienda. Orario di lavoro? Tutti i giorni dalle 7.00 alle 20.00. Una sera vengo ricoverata in ospedale. Il giorno dopo mi presento puntuale al lavoro. Mia madre viene a portarmi un farmaco. Alle 10.00 si presenta all’entrata. Io metto fuori il naso, prendo il farmaco e rientro. Al mio rientro mi chiamano in direzione e mi comunicano il licenziamento. Motivazione? Arrivavo al lavoro quando volevo e facevo ciò che volevo. Quel giorno poi ero arrivata alle 10.00! Ho ricordato loro che avevo chiesto il badge aziendale, ma mi era stato negato. Li invitai a visionare le telecamere di accesso. Niente da fare. Li ho anticipati: prima che scrivessero la lettera di licenziamento, mi sono dimessa io stessa. Ho scoperto poi che in quell’azienda ci sono molte cause di “mobbing”.

Quarta esperienza. Altro call center. Lavoravo in uno sgabuzzino a fianco delle caldaie, senza servizi igienici, su turni dalle 6.00 alle 14.00 e dalle 14.00 alle 22.00. La pausa pranzo/cena/tirare il fiato? “Non è previsto nulla per voi”. Nemmeno fare la pipì. “Se proprio la devi fare devi farti sostituire”. “Ma, dico io, alle 21.15 di sera chi trovo che mi sostituisca? E poi, alla pipì … mica la si fa a comando!” Vengo poi a sapere da ex colleghi rimasti miei amici che ero “Troppo brava e con troppa inventiva”. forse perché davo fastidio ad un dirigente del reparto, in quanto i miei lavori – che peraltro lui mandava avanti a proprio nome!- venivano considerati da tutti migliori dei suoi.

Quinta esperienza, quella attuale. Un giorno è venuto a trovarmi il mio ragazzo. Ha visto dove lavoravo e in quali condizioni e mi ha letteralmente trascinata a Milano. Tempo di inviare un curriculum, uno solo… ed ho trovato lavoro! Questa non è solo fortuna. Evidentemente sono stata valutata per le mie capacità. Hanno guardato ben oltre il colore della mia pelle, ben oltre alle apparenze (lavoretti da 3 mesi ai 6 mesi non hanno pesato). Hanno valutato le potenzialità e soprattutto mi rispettano. Mi trovo Benissimo. E soprattutto non lavoro per una piccola azienda o una azienda semi provinciale ma in un’azienda di livello mondiale.

Mi domando: quanti altri giovani stanno vivendo esperienze simili alle mie passate disavventure? Io ho vacillato, parecchie volte. Ero arrivata a credere che io fossi sbagliata per questo mondo del lavoro. Ma non era vero. Io credo che se ogni giovane scrivesse una sola frase sulle offese ricevute sul posto di lavoro, o circa una situazione che ha dovuto subire, questi italian graffiti riempirebbero interi muri in ogni città”. Perché in una città come Milano basta un curriculum per trovare lavoro e in un’altra grande città no? Grande … l’altra? Intendiamoci, grande come un viale di Milano!”

Che dire? “Una rondine non fa primavera”, “Non si può fare di tutt’erba un fascio”, “Tutto è bene quel che finisce bene”, “La verità non è tale che la si possa enucleare con un taglio secco dalla non- verità”, etc.. Che volete, noi Italiani abbiamo proverbi per tutte le occasioni. Solo che occasioni come questa descritta non dovrebbero esistere. E se ci fosse l’obbligo legale per tutte le società di ottenere la Certificazione Europea di Responsabilità Sociale RS 8000? Di cosa si tratta? Ecco qui, da internet:

“Alle aziende viene oggi sempre di più esplicitamente richiesto di dimostrare la propria attenzione, attività ed impegno in termini di principi etici (Responsabilità Sociale), che sono una garanzia per uno sviluppo sostenibile e quindi solido e duraturo sia dal punto di vista sociale che economico.  Adottare un sistema di gestione aziendale, conforme alla normativa internazionale chiamata Social Accountability SA 8000, che raccoglie quelli che sono i requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali, può rappresentare per ogni azienda, grande e piccola, pubblica e privata, uno strumento per rafforzare e definire la propria politica sociale, commerciale e di marketing, per proteggere e migliorare la propria immagine, per rispettare requisiti e disposizioni a tutela dei lavoratori definiti da Governi e llegislazioni locali, nazionali e internazional. La convinzione che la Responsabilità Sociale sia una leva competitiva sia per il Mercato che per le Aziende è comprovata dalla scelta della Regione Toscana, che in occasione delle gare indette per assegnare i servizi di Trasporto Pubblico Locale, ha inserito nei bandi anche il requisito della certificazione SA 8000 con un punteggio di gradimento (5 punti su 100); la stessa Regione ha citato nel DOCUP la SA 8000 accanto alla ISO 14001 ed alla ISO 9001 come uno dei fattori premianti per canalizzare finanziamenti nel settore del Turismo e delle imprese in genere.”

Lettori del blog, che ne dite?