EVENTI – Seconda puntata: L’anima, la scienza e la vita

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Ottobre, 2012 @ 5:47 am

Detto altrimenti: cogito ergo sum …

 

Elena Dak

Giornate impegnative per un blogger, piene di “impegni” piacevoli. Anche le cose belle “impegnano”. Ed è il mio caso in questi giorni. Nel pomeriggio del 18 ottobre 2012 – scrivo l’anno perché mi illudo che queste mie righe possano essere lette anche … fra qualche anno! – al caffè letterario “Il Papiro” di Via Galilei in Trento, presentazione del libro “San’a e la notte” di Elena Dak, di cui riferirà Mirna nel suo blog. La stessa sera, a Riva del Garda, seconda (“seconda” per noi del caffè letterario citato, nel quale ci riunisce Mirna Moretti) presentazione del libro dell’ Ing. Giovanni Straffelini, homus rivanus, “L’anima e i confini dell’umano. Tra scienza, fede e bioetica”. Il giorno dopo, a Trento – Centro Studi Bernardo Clesio, ore 17,30 -presentazione del libro del Professor Paolo De Lucia “La via verticale”.

Ma veniamo al lavoro di Straffelini

Giovanni ci spiega subito che la sua opera è divisa in due parti: la prima sull’anima. La seconda sulla bioetica dell’inizio e del fine vita.
L’anima. Giovanni è ingegnere, “uomo di scienza” quindi. E la scienza opera e ragiona sul riscontrabile, sulla osservazione della realtà. La scienza si domanda cosa sia l’anima e “scopre” che esistono e come funzionano i neuroni. Il che è di per sé un limite. Infatti i neuroni ed il loro funzionamento non riescono a spiegare i sentimenti di amore, di percezione della bellezza, tanto per fare solo un paio di esempi.
E poi, se noi funzioniamo solo grazie ai neuroni, dovremmo constatare che non siamo liberi. Infatti a comandare non siamo noi ma il nostro cervello. “Io sono l’ultima persona a conoscere le decisioni del mio cervello”, afferma uno scienziato …
Il fatto è che il cervello non riesce a spiegare se stesso.
I neuroni operano secondo un codice genetico, che regola la nostra auto crescita, il nostro comportamento, la nostra coscienza, ove per coscienza si intende la capacità di reagire agli stimoli esterni, nelle forme più semplici – se tocco un ferro rovente, ritraggo subito la mano – sino alla forma di gran lunga più esclusiva e complessa – imparo il linguaggio.
Ma allora, l’anima è la coscienza?
No. Esiste infatti anche “qualcosa” d’altro. Infatti L’uomo non funziona solo a codice genetico ma anche a seguito dei “contributi” che riceve dall’esterno e della “presa di coscienza “ (ma allora ci risiamo, direte voi!)  di principi innati, insiti in noi – “insiti”, questa è la differenza sostanziale rispetto agli impulsi dall’sterno – di istanze ed impulsi innati, dicevo, e innati non dalla nascita di ogni singolo individuo ma dalla nascita dell’uomo stesso. Lo dimostra il fatto che da sempre l’uomo ha l’idea di un dio, se non del Dio al quale noi oggi facciamo riferimento o che deneghiamo, a seconda dei casi. Quindi forse non accade che alla nascita di ognuno di noi ci venga assegnata la “nostra anima individuale”.
E poi … se il primo a parlare dell’anima è stato Eraclito, come ci ricorda Marcello Farina, citandolo: “Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima: così profondo è il suo lógos“.  (Eraclito, fr. 45 Diels-Kranz).  Aristotele ci ha provato e dal 300 A. C. sino al 1700 d. C. la sua “De anima” ha guidato il pensiero filosofico a ragionare sui tre livelli dell’anima, vegetativa, sensoriale, riflessiva. Anche le piante hanno un’anima, un po’ di più gli animali, al massimo grado gli uomini.
Ma il diverso grado di “dotazione di anima” non è solo quantitativo, bensì soprattutto qualitativo. La coscienza di un bimbo che abbia la stessa quantità di cervello (espressa in grammi) di uno scimpanzè adulto, è di gran lunga superiore a quella dell’animale. E’ quindi la “qualità” della nostra coscienza che ci distingue dagli altri esseri viventi (piante, animali).
La “teoria dei neuroni” ci spiega la quantità, non la qualità. In altre parole: la scienza, così intesa, ucciderebbe l’anima.
Ma la scienza non è nemica della fede, afferma Giovanni. La massima espressione della scienza è l’evoluzionismo, che esiste, che è una reale in quanto frutto della osservazione della realtà. Ed ecco la prima conclusione dei ragionamenti sino a qui emersi: evoluzionismo e fede non sono in contrapposizione. Quel qualcosa in più di cui siamo dotati, l’anima appunto, è un elemento che arricchisce ciò che noi siamo in quanto studiati, scoperti e quindi definiti attraverso la nostra stessa evoluzione.
Dei tre “big bang”, il primo, circa 15 miliardi di anni fa, la nascita dell’universo (si fa per dire, “universo” … in realtà stiamo parlando di una sua parte infinitesimale, quella da noi conosciuta, o se vogliamo “allargarci”, quella da noi immaginata, ma sempre infinitesimale resta, di fronte all’Infinito! N.d.r.); il secondo, la comparsa dell’uomo; il terzo, l’affermazione della piena coscienza umana, comprensiva del suo “navigatore”, l’anima, il terzo, appunto, è il più importante.
Il mio intervento? Ho citato una frase di tale Einstein: “I want to know the God’s thought. The rest are details”. Desidero conoscere il pensiero di Dio. Il resto sono dettagli. Ho proseguito: la scienza studia, scopre, de-finisce, non crea. Spiega il “come”, non il “perché”. Come agisce la forza di gravità? Elementare, Watson, “tira” verso il basso! Ma perché la forza di gravità attira verso il basso e non verso l’alto? Questa è la domanda centrale (lo ammette espressamente anche Stroffella, ed io sono orgoglioso di non avere parlato a vanvera!). Proseguo: perché alcune sostanze chimiche reagiscono con altre e altre no? E così via. Lo stesso vale per i principi morali. Perché sono questi e non altri? Notate, principi che non ci ha dato la nostra religione ma che le erano preesistenti: già Hammurabi codificava il “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”. Proseguo: la scienza ci dimostra tutto. Certo, tutto ciò che riesce a dimostrare. Non altro. Ma c’è ben di più … pensiamo all’  ”infinito”. Pensiamo a ciò che esiste o non esiste al di là di tutto ciò che non solo riusciamo a riscontrare, ma anche – ve l’ho già concesso, oggi voglio rovinarmi! – anche al di là di tutto ciò che riusciamo ad immaginare.

Giovanni Stroffella e Marcello Farina

Inserirsi sulle parole di Marcello, poi, è sicuramente più arduo … me ne perdonerà l’interessato … La struttura dell’universo non è solo “logos” ma anche “eros”, amore, cioè quella “entità operante non neuronica”(queste sono parole mie, assolutamente da dilettante e soprattutto da ignorante!) che la scienza non riesce a spiegare. Eros, il frutto dell’azione di Chi opera, magari senza lasciare tracce della Sua azione, se non il risultato stesso del Suo operare. Di chi opera “in segreto”.

La discussione ha solo sfiorato la bioetica dell’inizio della vita. Quanto al “fine vita” è emersa una riflessione, sulla quale ognuno può – ovviamente – riflettere ulteriormente: la vita potrebbe non essere un bene, un valore “assoluto”, ma essere “strumentale” cioè fatta per essere un “soggetto che dona agli altri”. Ad esempio che in luogo di vedersi imposto l’accanimento terapeutico, sia libera di scegliere di offrire l’estremo dono agli altri, quelli dei propri organi.

Su “La via verticale” di De Lucia, ci sentiamo al prossimo post.