IL POTERE ALLA PROVINCIA E LA RESPONSABILITA’ AL COMUNE CAPOLUOGO? NON VA BENE! – 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Novembre, 2025 @ 6:59 am

Leggo sulla stampa di oggi: il presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti ipotizza il completamento dell’autostrada Valdastico con un’uscita nella Valle dell’Adige a Trento sud, SENZA AVERLO PARLATO NE’ TANTO MENO CONCORDATO CON IL SINDACO DEL CAPOLUOGO, Franco Ianeselli. Non mi resta che ripubblicare il testo di una mia lettera al quotidiano ilT pubblicata il 29 luglio 2025 sotto il titolo

“L’autonomia reclamata e il paradosso del capoluogo”.

Inizia

Autonomia, “autos nomizein” ovvero darsi direttamente le proprie leggi anzichè essere regolati da leggi stabilite da altri. Autonomisti sono i cittadini che la vivono, Autonome sono alcune regioni e province e non altre: tuttavia, al di fuori di questi ambiti, per le città maggiori è stato introdotto lo status di città metropolitana e ad esse è stata conferita una maggiore “auto-nomia”.

In Trentino, Provincia Autonoma in una Regione Autonoma, viviamo un “paradosso”, cioè letteralmente una “contraddizione apparente la quale tuttavia ha una sua logica”: alla città capoluogo infatti non è data la possibilità di normare e quindi di agire su molti ambiti che la coinvolgono direttamente i quali invece sono gestiti dalla Provincia. La logica (peraltro non condivisibile) che sta alla base del citato paradosso è la volontà di separare il potere (che rimane in capo alla Provincia) dalla responsabilità (che spesso è erroneamente attribuita alla città Capoluogo).

Tipici sono i casi della gestione dell’immigrazione, con la concentrazione su Trento di tutti gli immigrati, in alcuni casi sradicandoli da inserimenti ottimamente riusciti (Lavarone); con la restituzione a Roma delle somme destinate ad insegnare loro l’italiano; con i lager ove concentrarli; con l’aumento della in-sicurezza cittadina connesso a tale stato di cose. Vi sono inoltre le decisioni su vaste aree cittadine destinate a megaconcerti; l’assenza di decisioni su ampie aree non utilizzate da anni, come le are ex zone militari, aree sempre “in attesa di”; la gestione provinciale di grandi opere pubbliche (passante ferroviario cittadino; ponti cittadini sul fiume Adige); etc..

Ricorrendo ad una battuta, potremmo dire che questa Autonomia è come talvolta è la democrazia, quando taluno la reclama per sé ma la nega agli altri: al pari, in questi tempi, delle decisioni di certi governi “democratici” – centrali e locali – che riconducono il termine democrazia al suo primo significato storico: potere “sul” popolo: infatti, il “democrator” voleva i pieni poteri, come colui che oggi da una sede centrale tende ad accorpare di fatto la funzione legislativa a quella di governo; o come chi , localmente, decide al posto dei Comuni ad iniziare dalle decisioni sul territorio della Città Capoluogo.
E vengo alla “sostanza” della nostra Autonomia Provinciale. Sul quotidiano trentino ilT il 12 giugno scorso è stata pubblicata una mia lettera dal titolo “L’Autonomia da riformare è quella fra Trento e la Provincia”: in quella sede indico – con altre parole – come non sarebbe accettabile che il Sindaco della Città Capoluogo apprenda dai giornali decisioni della Provincia sul territorio del Comune da lui amministrato: sarebbe come avere separato il potere decisionale dalla responsabilità degli effetti di tali decisioni.

Se Cristo di è fermato ad Eboli, l’Autonomia non deve fermarsi alla Provincia, la quale non può e non deve negare ai Comuni l’Autonomia che essa reclama dal governo di Roma: parlo dei Comuni, di tutti, anche di quelli minori, rispetto ai quali di deve passare dal “Comune che va in Provincia con il cappello in mano” e dalla pioggia top down di mini interventi elettoralistici ad una Provincia innanzi tutto al servizio delle idee e delle proposte dei singoli Comuni, di tutti i Comuni, indipendentemente dalla loro dimensione e dall’esito deli loro risultati elettorali.

In sintesi: occorre riformare il rapporto di Autonomia esistente fra la “finanziaria” Provincia – oggi troppo operativa in casa altrui – e le sue “società operative”, i Comuni, di qualsiasi dimensione essi siano, iniziando dalla Città Capoluogo, la quale, se non altro per il raddoppio giornaliero della sua popolazione a causa dell’arrivo dei lavoratori pendolari e per l’insistenza sul proprio territorio di importanti opere pubbliche con valenza anche ultracomunale è già di fatto una Città Metropolitana.

In questa sua azione inizialmente Trento potrebbe essere affiancata da due Comuni confinanti: Lavis e Rovereto: Lavis, ad esempio, per quanto concerne il sistema dei trasporti; Rovereto, iniziando da un accordo circa l’estensione a Trento della auspicata ferrovia Rovereto-Riva del Garda. Solo per fare due esempi molto concreti e attuali.

A suo tempo si propose ed ottenne che non si definisse più il Trentino Alto Adige regione che “si articola su due province” bensì regione “composta da due comunità autonome” (le province di Trento e di Bolzano); parimente vorrei che si ritenesse che la nostra provincia è “composta da molti comuni autonomi”, con particolare riferimento alla Città Capoluogo, alla quale si deve consentire di avere l’autonomia, cioè il diritto di autos-nomizein, cioè di darsi “autonomamente” le leggi sulle materie sopracitate che la riguardano direttamente. La funzione della provincia sarebbe quella di riversare sui i comuni, Capoluogo in testa, i fondi necessari per quanto sopra, ovvero sarebbe una funzione “finanziaria” e non operativa auto delegata. Piuttosto, alla nostra Autonomia Speciale Amministrativa provinciale chiediamo – fra l’altro – di sapere trattenere i migliori giovani neolaureati, i migliori medici specialisti e i vertici della nostra sanità pubblica ospedaliera provinciale.
Riccardo Lucatti, ItaliaViva Trentino.

Finisce.

Quo usque tandem, Fugatti, abuteris patientia nostra?
Fino a quando, Fugatti, abuserai della nostra capacità di sopportazione?