LA “SECONDA ETA’ DEI COMUNI”: LA RIFORMA DEL LORO RAPPORTO DI AUTONOMIA CON LA PROVINCIA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Novembre, 2025 @ 6:29 pm(La prima Età dei Comuni si colloca nel Medioevo (XI e il XIV secolo), quando le città italiane acquisirono autonomia politica rispetto a Papato ed Impero e si organizzarono in forme di autogoverno. Questo periodo fu caratterizzato da istituzioni cittadine indipendenti e da conflitti interni ed esterni).
Il ragionamento odierno sulla necessità di una seconda Età dei Comuni prende le mosse dalle gestioni “amministrative”, ovvero comunali e provinciali, denominazione accettabile unicamente nel lessico per distinguerle da quelle “politiche” che riguardano tutto il paese: infatti chi fa politica allo stesso tempo amministra cioé governa, ad ogni livello. E viceversa.
La nostra Provincia si autogoverna sulla base della Autonomia Speciale Amministrativa, emanando essa stessa (autòs) le leggi (nòmous) nelle materie e nei limiti sanciti dalla nostra Costituzione. Per rendere efficaci tali leggi, la Provincia dispone dei mezzi finanziari che le derivano da una percentuale delle imposte prodotte sul territorio e da eventuali altri trasferimenti diretti da parte dello Stato o indiretti da parte dell’UE. La Provincia ha quindi il potere-dovere di spenderli/investirli per il “suo” territorio ed i “suoi” abitanti.
Solo che non esistono né un territorio né una popolazione “esclusivamente provinciali” rispetto ai quali la Provincia possa decidere in assoluta autonomia: infatti, ogni parte del territorio ed ogni suo abitante sono soprattutto e prima di tutto territori e cittadini “comunali.” Infatti, ogni Comune è l’Ente Territoriale Originario, mentre la Provincia è solo il primo degli Enti Territoriali Successivi e le persone “originarie” che avvertono i fabbisogni concreti della vita di ogni giorno nei diversi ambiti (sicurezza, lavoro, sociale, etc.) e risentono delle scelte di copertura (o meno) di detti fabbisogni sono proprio i cittadini di ogni Comune.
Ora accade che l’essere il raccoglitore di tutti i flussi finanziari pubblici in entrata induca troppo spesso il governo provinciale ad esercitare un potere decisionale top-down in merito alle spese ed agli investimenti che concernono i Comuni, lasciando a questi Enti la responsabilità di eventuali conseguenze negative.
Ciò è particolarmente avvertibile quando si tratti del rapporto della Provincia con il Comune Capoluogo, il quale, considerata la dimensione della maggioranza degli altri Comuni (tutti di piccola dimensione, se si escludono le altre poche “grandi” città, prima fra le quali Rovereto), di fatto è già una città metropolitana, se non altro perché ogni giorno, con l’arrivo dei lavoratori pendolari, raddoppia la propria popolazione sino a raggiungere un numero quasi pari alla metà dell’intera popolazione provinciale.
Esempi della non condivisibile separazione del potere dalla responsabilità che invece in ogni ambiente e in ogni situazione devono far sempre capo allo stesso soggetto, sono:
- la decisione della Provincia di concentrare sulla Città Capoluogo tutti gli immigrati prima distribuiti (e anche in corso di positiva integrazione!) in tanti paesi delle valli, lasciando di fatto ricadere sulla città i problemi della conseguente insicurezza che ne può derivare;
- la decisione della Provincia di restituire a Roma i denari già ricevuti per pagare insegnanti trentini che insegnassero la lingua italiana agli immigrati;
- un bilancio provinciale chiuso con un avanzo ultra miliardario in presenza dell’indisponibilità della Provincia a integrare i trasferimenti necessari ai Comuni al pareggio dei loro bilanci, salvo poi provvedere a quei fabbisogni con una pioggia discrezionale di erogazioni dirette, a puro scopo elettorale;
- l’interferenza sulla gestione comunale degli asili nido: di fronte ad una riduzione delle rette comunali di Trento, l’offerta della provincia ai cittadini della copertura della quota residua;
- decisioni provinciali prese (o non prese) su ampie aree nel Comune Capoluogo, dismesse (ad esempio, aree ex militari) o sottratte all’agricoltura per creare spazi sportivi o per spettacoli, decisioni che il detto Comune apprende dalla stampa locale;
- la gestione provinciale del trasporto urbano, mentre sul Comune Capoluogo ricade l’insoddisfazione dell’utenza per la gestione e per gli ingorghi del traffico.
Un problema analogo – sia pure in direzione opposta – si pone a proposito del rapporto di autonomia Provincia-Stato Centrale, allorché la Provincia di Trento talvolta sembra semplicemente seguire le iniziative della consorella provincia di Bolzano, nella prospettiva di lasciare allo Stato la responsabilità di eventuali insuccessi, ma pronta a mettere (anche) il proprio cappello (cosiddetto Effetto Borsalino!) sugli eventuali risultati positivi dell’azione (soprattutto) altrui. Anche qui si tratta di una “responsabilità separata”: in questo caso separata dal “dovere” più che dal “potere”.
Il problema della riforma e del ribilanciamento della suddivisione dei ruoli e delle risorse finanziarie fra la Provincia e i Comuni è molto complesso ma la sua soluzione è strategica (letteralmente: indispensabile e insostituibile) ed è raggiungibile ove al problema siano attribuite priorità e centralità: questo è il vero problema!
Giungo a due conclusioni.
- Il Comune Città Capoluogo deve essere formalmente considerato Città Metropolitana e deve poter avere una più ed ampia e specifica attribuzione di compiti e dei relativi mezzi finanziari; deve sentirsi legittimato a proporre, realizzare e firmare progetti che (per fare un esempio attuale e concreto: la nuova Cabinovia Trento-Monte Bondone) nascono soprattutto come comunali ma hanno una prospettiva strategica di sviluppo intercomunale, provinciale, bi-provinciale, regionale ed euro regionale, quale è quello che può dare vita ad un nuovo eccezionale prodotto turistico ed economico, il Trentino Bike Safari e quindi al successivo Trentino Alto Adige Bike Safari, da collegarsi all’austriaco Tirol Bike Safari, esistente e funzionante da anni, realizzando in tal modo un prodotto turistico Euroregionale.
- Gli altri Comuni (con gradazione diversa all’interno della loro categoria fra i pochi Comuni maggiori e i tanti minori) anche grazie ai risultati dell’azione diretta della Città capoluogo, potranno contare sulla creazione di strutture tecniche provinciali strumentali al servizio delle loro iniziative.
All’obiezione che occorrerebbe un lungo percorso legislativo, rispondo che nulla vieta di realizzare sin d’ora quanto sopra con accordi diretti e interventi concreti. In ogni caso é comunque importante essersi posto il problema.
Riccardo Lucatti, Italiaviva Trento, 24 novembre 2025


















