E SE LA GESTIONE DELL’AUTOBRENNERO VA AD ALTRI?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2012 @ 10:00 am

Detto altrimenti: ormai non ci resta che … sperare. Piangere mai, anche se la perdiamo. Infatti, oggi più che mai sta emergendo a livello nazionale la progettualità politica trentina. E noi facciamo emergere anche una ulteriore progettualità, quella della rete infrastrutturale del Brennero.

Ovvero: piccolo trattato di “filosofia della mobilità“

Scrivevo nel 1999

Inizia

“

A 22 “solare”

L’Italia è in ritardo infrastrutturale rispetto alla media degli altri paesi europei di 300.000 miliardi di lire di investimenti. Inoltre il traffico pesante è fortemente sbilanciato in favore del traffico su gomma (70%) a danno della rotaia (30%), all’opposto di quanto avviene in Germania.

Altri denunciano il contrario: la debolezza del territorio di fronte alle calamità idrogeologiche dimostrerebbe che siamo troppo infrastrutturati.

O forse …  siamo infrastrutturati male … ? O forse … gestiamo male le nostre infrastrutture?

Si dice: puntiamo sulla “intermodalità”, cioè sul trasferimento del traffico dalla gomma alla rotaia. Ma le nostre ferrovie, per molti anni ancora non saranno al livello europeo.

D’altra parte il traffico merci mondiale è sempre più mediterraneo, quello mediterraneo è sempre più italiano, quello italiano sempre più alpino, quello alpino sempre più nord-sud-nord (e sempre meno Lione-Torino!). Le nostre industrie perdono competitività per carenza di infrastrutture di comunicazione: l’aggravio dei loro costi può stimarsi fra il 10 ed il 15%.

Il problema di fondo è che la nostra ormai è una società relazionale che di fatto non relaziona abbastanza, perché ha voluto essere troppo “densa” di relazioni: ha voluto creare nuove industrie, decentrarle in paesi lontani per ridurre i costi della produzione ma aumentando il volume delle merci trasportate; ha voluto attrarre nuovi flussi turistici, muoversi in fretta e forse anche troppo, cercare di annullare lo spazio ed il tempo.

Il tempo … che ormai non viviamo più come un fluire ininterrotto di un fiume, ma per singoli stagni separati, nel senso che ormai viviamo ed affrontiamo i “problemi contingenti dello stagno di turno” senza il ricordo del passato e senza la immaginazione di un futuro.

Ora, una società densa induce nei suoi abitanti la paura della vischiosità, la quale, a sua volta, li induce a chiudersi in se stessi, a ricercare il “viver bene locale”. Ciò si persegue creando reti infrastrutturali corte (“Progettiamo da qui a li, gli altri si arrangino”) e ridistribuendo localmente gli spazi disponibili (“Qui creiamo un parco pubblico, lì un giardino privato, dove noi e non altri potremo entrare a goderci la non-densità e la non-vischiosità”).

Questa è una visione accettabile solo in parte e solo per il breve periodo, perché non siamo soli al mondo, abbiamo dei confini abitati, dove vivono “gli altri”, siano essi gli altri componenti della famiglia, della città, della regione, degli altri stati etc., ed anche perché se non si progetta, si è progettati. Ed allora?

Allora si devono mettere in rete i problemi e le loro pseudo-soluzioni (le reti corte), secondo una filosofia di area che ricomprenda l’interfacciamento con la filosofia delle aree confinanti. E non basta un accordo tecnico sul sistema delle infrastrutture, non basta progettare un sistema organico di infrastrutture (che già sarebbe molto).

Occorre anche un accordo socio-politico sul “dove vanno le aree alle quali apparteniamo”. Esse si stanno attrezzando semplicemente per “sgorgare” il sistema? Oppure si stanno attrezzando per creare le migliori relazioni dirette possibili? O per cos’altro ancora? Ad esempio, per adottare un modello di crescita più aggiornato?

Forse la soluzione sta, come dicevo, nel “mettere in rete il sistema” e cioè nel creare una molteplicità di possibili vie di comunicazione a reticolo, cioè non in senso longitudinale o stellare. Il che comporta di mettere in rete innanzi tutto e soprattutto il modo di pensare, dialogare e di decidere.

Euregio del Brennero

Ecco, forse ci siamo: il Sistema dei Trasporti del Brennero forse sarà quello deciso dalla rete dei centri decisionali dell’intera Regione Funzionale del Passo del Brennero, a cominciare dalle Città del Brennero, magari passando attraverso un apposito GEIE Progettuale.

E la soluzione dovrà essere un sistema organico e quindi comprensibile di singoli interventi coordinati da un’unica strategia. Altrimenti la gente ed i Comuni non capiranno, e non capendo non daranno il consenso necessario alla sua realizzazione. E mancherà quindi all’appello la rete di gran lunga più importante: quella del consenso dei singoli cittadini.

Ben venga quindi l’attivazione di una Euregio dei Trasporti, purché essa non persegua la creazione di una “rete corta” da Innsbruck a Bolzano, ma sia catalizzatrice della Rete e del Sistema dei Trasporti della più ampia Regione Funzionale del Brennero. In tal modo l’Autonomia Progettuale Trentina potrà integrarsi con l’Autonomia Dinamica di Bolzano e non soccombere di fronte ad essa.

Dalla necessità alla progettualità e da un sistema progettato in modo organico e quindi comprensibile, al consenso dei cittadini e dei Comuni interessati. I singoli progetti separati (in Trentino: Aeroporto, Valdastico, terza corsia autostradale, intermodalità, politiche tariffarie e regolamentari, etc.) sono perdenti in partenza, sul piano funzionale e su quello del consenso. Oggi il Trentino ha una chance da giocare: attivare concretamente attraverso il citato GEIE Progettuale la progettualità Mista Pubblico Privata ed Organica dei Trasporti del Brennero, a vantaggio dell’Europa e della propria regione bi-provinciale di appartenenza, facendo dell’Autonomia Progettuale Trentina un elemento di soluzione dei problemi propri ed europei.”

Finisce

Scrivo oggi

l’Europa detta leggi. Uguali per tutti. Salvo le eccezioni di legge. Come per la GB in materia di finanza e banche. Forse – in presenza di un Progetto Europeo – avrebbe fatto eccezione anche alla obbligatorietà di una gara per la riassegnazione della concessione della gestione dell’A22. Forse. Ma noi non ci abbiamo nemmeno provato. Ma … e se l’A22 se ne va? Bè, allora proviamo ugualmente a dare vita al Progetto di cui sopra. Coinvolgeremo la nuova gestione nella sua realizzazione.