CONSIDERAZIONI SU DUE POST FA (LE CRISI ECONOMICHE DEGLI ULTIMI 150 ANNI – SE LE CONOSCI LE EVITI)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2013 @ 6:40 am

Detto altrimenti: per uscire dalla crisi attuale … (cfr. post citato)

1870 – La Grande Deflazione. Fu una crisi “finanziaria-ferroviaria” (cfr. post citato). L’economia “finanziaria” si era sostituita all’economia “reale”. Alla fine, la “bolla ferroviaria” scoppiò, devastando tutti. Al riguardo mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori due sottolineature:

1. Ormai siamo – purtroppo –  esperti di scoppi di bolle finanziarie (Parmalat; l’immobiliare USA; MPS; i derivati). Quando impareremo la lezione?
2. La seconda, storica. 1861, subito dopo la conquista del Regno delle due Sicilie, fra le altre prede di guerra figurano le fabbriche e le officine ferroviarie del napoletano, smontate e (non a caso!) trasferite al nord e quindi, 150 anni dopo, esibite a Torino come testimonianza storica a vanto del Regno Unito d’Italia.

Dalla Grande Deflazione si uscì grazie alla seconda rivoluzione industriale, ai successi ed ai fasti della bella Epoque e “grazie” alla … prima guerra mondiale!

 1929 – La Grande Depressione. Fu una crisi da eccesso di produzione, di domanda, di produzione, etc.. A ciò si aggiunse l’eccesso di credito al consumo, di consumismo. Se ne uscì con il new deal di Roosevelt, l’adozione delle politiche keynesiane, la corsa al riarmo, la seconda guerra mondiale (cfr. post citato).

John Maynard Keynes

Keynes ha spostato l’attenzione dell’economia dalla produzione di beni alla loro domanda, osservando come in talune circostanze la domanda aggregata sia insufficiente a garantire la piena occupazione. Di qui la necessità di un intervento pubblico di sostegno alla domanda (ma le risorse dello Stato sono risorse nostre, quindi poiché nulla si crea e nulla si distrugge, si tratta di una loro redistribuzione, di un loro diverso utilizzo! N.d.r.), nella consapevolezza che altrimenti il prezzo da pagare è un’eccessiva disoccupazione e che nei periodi di crisi, quando la domanda diminuisce, è assai probabile che le reazioni degli operatori economici al calo della domanda producano le condizioni per ulteriori diminuzioni della domanda aggregata. Da qui la necessità di un intervento da parte dello Stato per incrementare la domanda globale, che a sua volta determina un aumento dei consumi, degli investimenti e dell’occupazione. Questa teoria si oppone alle conclusioni della cosiddetta economia neoclassica, sostenitrice della capacità del mercato di riequilibrare domanda e offerta grazie alla legge di Say.

Oggi. Siamo preda di forti disuguaglianze ad ogni livello (mondiale, continentale, statale, sociale); di una globalizzazione selvaggia, della amoralità. Se ne può uscire:

1. riadottando i valori morali in ogni settore (Codice di Hammurabi, 1850 a. C.: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te”);
2. riscrivendo l’ordine delle priorità e della redistribuzione della ricchezza;
3. costituendo gli Stati Uniti d’Europa e accordandosi con gli USA per escludere da ogni relazione di ogni tipo i Paesi che no adottino e rispettino le nostre regole (Europee e USA) morali, bancarie, finanziarie, fiscali, valutarie, sui diritti civili e sociali, sulla libertà religiosa, sul rispetto dell’ambiente, sull’utilizzo delle risorse alimentari ed energetiche, su una equilibrata distribuzione della ricchezza, sulla sicurezza sul lavoro, etc..

Fine del post

Ceterum censeo familiam Riva de possessione ILVAE deiciendam esse”, e cioè ritengo che occorra espropriare l’ILVA alla famiglia Riva, per evitare di essere costretti a scegliere fra due mali: la perdita di posti di lavoro o della salute pubblica. Il prezzo potrebbe essere corrisposto in “Monti bond Serie Speciale ILVA irredimibile 2%”, al netto delle somme trattenute per il risarcimento dei danni provocati, per l’adeguamento degli impianti, per il ripristino ambientale e per pagare gli operai anche se – nel frattempo – costretti a casa.