LA STORIA D’ITALIA – 7) DAL FASCINO AL FASCISMO AL FASCINO: “ALLARME DEMOCRAZIA”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Aprile, 2013 @ 12:46 pm

Detto altrimenti: puntata precedente? Il 25 marzo, cfr. ivi

1920-1921, scioperi, reazione, fascismo. Tutti contro tutti: nazionalisti contro popolari e socialisti, socialisti massimalisti contro socialisti moderati e popolari, anarchici contro tutti, etc.. La prima metà del 1920 fu segnata da numerosissimi scioperi. Anche qui, ad ogni tipo di sciopero si contrapponeva ad almeno altri due: infatti vi erano quelli “politici”, quelli “economici” , quelli “agricoli” e quelli degli “impiegati pubblici”. A non scioperare solo i Reali Carabinieri.

1920: i popolari fanno dimettere Nitti. Subentra Giolitti. Ancona; primo ammutinamento delle truppe in partenza per L’Albania. Trieste, 13 luglio, nazionalisti e fascisti incendiano la Narodni Dom, la sede di tutte le attività politiche, economiche, sociali, culturali degli slavi cittadini, al fine di fare fallire la trattativa fra il ministro Sforza e Belgrado.

Il governo proseguiva con la produzione bellica (ora inutile) a scopo occupazionale, e aumentava la cartamoneta in circolazione. I prezzi aumentavano.

Datori di lavoro agricoli e industriali davano la colpa dell’inflazione agli scioperi. Si volle verificare la fedeltà delle forze armate. Nell’estate del 1920, il colonnello A.R. fu incaricato dell’indagine, a seguito della quale dichiarò che “la truppa proveniva dal popolo e ne condivideva le idee, per cui occorreva costituire una nuova milizia di idealisti, esperti, valorosi, forti e aggressivi, per contrastare la possibile rivoluzione che avrebbe potuto nascere dagli scioperi”.


Boris Pahor, poeta, scrittore, patriota, deportato sloveno in Trieste, “Il rogo nel porto” Ed. Nicolodi, 2001

Gli operai occuparono le fabbriche. I padroni resistettero. L’occupazione fu unitile, Giolitti aveva semplicemente atteso che tutti si stancassero. Ci furono 300 morti “inutili” e Mussolini che stava a guardare, accusando Giolitti di non essere intervenuto. L’occupazione delle fabbriche dimostrò che la vera occupazione non era quella dei capannoni, ma sarebbe stata quella delle direzioni aziendali tecnica, organizzativa, commerciale, di produzione, etc..

Elezioni di fine 1920: socialisti, 24,3% – Popolari, 19,4% – blocchi patriottici e antibolscevici, 56,3%. Il governo avrebbe potuto ricominciare a far rispettare la legge da parte di tutti. Invece Giolitti fece accordi con i fascisti che, ad esempio, il 14 ottobre incendiarono la sede del quotidiano “Il Lavoratore” a Trieste, occasione nella quale la polizia si distinse per la sua assenza. Lo stesso a Bologna, corteo socialista con strage di partecipanti. Lo stesso accadde a Ferrara, ad opera di fascisti “regolarmente” armati, che operavano su indicazioni della polizia circa le persone da aggredire.

Questi fatti contribuirono a fare sgonfiare il problema Fiume. Resistere o morire, aveva detto il Vate D’Annunzio, ma quando si accorse che sarebbe morto, disse che non valeva la pena di gettare la vita in servizio di un popolo che non si cura di distogliere neppure per un attimo la sua ingordigia dalle gozzoviglie natalizie e abbandonò la scena.

Congresso socialista di Livorno, gennaio 1921. Si forma il PCI.

Mussolini aveva attaccato da sinistra i socialisti in quanto “rivoluzionari inconcludenti”. Adesso cambia tattica e li accusa da destra, in quanto responsabili di scioperi e disordini. Su questa base ideologica Mussolini “arruola” arditi, ex combattenti, ufficiali smobilitati, datori di lavoro, impiegati statali, capitalisti, industriali, militari di professione.

1920- 1921: le squadre fasciste bastonano, incendiano, uccidono socialisti e popolari, di ogni livello, anche politico. A cavallo fra i due anni, il fascismo dilagò anche nelle campagne e da movimento “antibolscevico” diventò movimento economico-politico contro le classi operaie.

(continua)