MARIA LIA GUARDINI – GRUPPO DI LETTURA PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE DI TRENTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Maggio, 2013 @ 3:58 pm

Detto altrimenti: this is Trento too!

Virgilio, le Bucoliche, da boukoloi, i pastori. Dieci poesie scelte, ecloghe (eklego, scelgo, e arifacce co ‘sto greco … direte voi!), in forma dialogica. Ne ho già scritto nel post del 23 aprile scorso (cfr. ivi). Oggi siamo entrati nel vivo e martedì 21 maggio ad ore 10,00 presso la stessa sede della Biblioteca Comunale di Trento, primo piano, sala a fianco della Sala degli Affreschi, l’ultima “lectio magistralis, quella sulle Georgiche (dal greco gheorghìa, coltivazione della terra, agricoltura).

Mi piace iniziare con i due versi che chiudono al prima poesia (ecloga):

Et iam summa procùl / villàrum cùlmina fùmant
màiorèsque cadùnt / altìs de mòntibus ùmbrae.

E di lontane capanne / già fuman camini sui tetti
e già più scure le ombre / dipingono altissimi monti.

Virgilio ci dà, con gli strumenti dell’epoca (la precisa scelta delle parole, degli aggettivi) il video ed il sonoro della suo “film”, di cui è autore, sceneggiatore, registra, attore.

Umberto Eco, nelle postille a “Il nome della rosa” fra l’altro afferma che “i libri si parlano”. Infatti questi versi ci ricordano per certi aspetti l’ “addio monti” del Manzoni, e quegli altri versi in terzine di endecasillabi, non vi dico di chi:
….
la notte quinci scese giù dai monti
con quattro cime che le fean corona
sovra Tridento, assieme a li suoi ponti

addormentati al par della padrona.

Virgilio. Usa la poesia per criticare la realtà, quale la guerra, la modernità a tutti i costi … La guerra? Egli definisce “empio” il soldato, laddove “pio” era Enea. Ed essere persona pia significava essere rispettoso dei genitori, degli dei, della patria. Della patria, oggi … ricercare il bene comune delle persone che sono “la patria”, che ne dite? Non ci vorrebbero anche oggi tanti governanti pii?

Virgilio critica. Ma poi in lui prevale un’istanza: la fuga dalla realtà, più che una presenza pugnace.

Per certi aspetti quasi kafkiano, nel senso che i tre soggetti, autore, personaggio e lettore talvolta si immedesimano, si confondono. Al riguardo Eco scrive che fra i tanti romanzi gialli manca quello in cui alla fine si scopre che il colpevole è … il lettore! Il lettore che infatti è lasciato libero di scegliere come interpretare e capire i suoi versi e che quindi diventa “poeta” (da poieo, creo) egli stesso. Un esempio? Il verso 69 recita:

post aliquot mea regna videns mirabor aristas?

che ognuno può tradurre in modo diverso. Eccome un esempio:

• dopo, guardando la mia terra, vedrò molte spighe?
• dopo, guardando quasi nascosto fra le spighe, vedrò la mia terra?

E ancora: Virglio parla a due categorie di “letture” (letture, non lettori, non è un errore di battitura): quella più superficiale, che cattura cento persone, ed anche quella più profonda che dà per scontato che un lettore più erudito faccia egli stesso i collegamenti con opere letterarie e fatti storici e mitologici precedenti, con il che egli “cattura” un più ampio uditorio. La stessa cosa, in una certa misura, quasi inconsapevolmente sto facendo io mentre scrivo queste poche righe, inserendovi riferimenti non tutti “spiegati” ad ogni lettore. Ma se io “catturo” qualcuno di voi, Virgilio ha “catturato” nientepopodimenoche … Dante Alighieri. Sia come contenuti che come mixaggio di genere bucolico e storico. Non che Dante sia un poeta “bucolico”, per quanto, quando Dante scrive (Purgatorio, III, vv. 79 e segg.)

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso;

e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno;

o quando scrive (Inferno, XXVI, vv. 25 e sgg.)

Quante il villan ch’al poggio si riposa,
nel tempo che colui che ‘l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,

come la mosca cede a la zanzara
vede lucciole giú per la vallea,
forse colà dov’e’ vendemmia ed ara;

… qui egli è “anche” bucolico (nel secondo caso, a dire il vero, georgico).

E che dire dei versi dal 5 al 25 della quarta bucolica, laddove si parla della Vergine salvifica, del Pargolo nascente ( … col quale prima il ferreo tempo e sorgerà quel d’oro in tutto il mondo …) , del “peccato nostro ormai svanirà”, e del “serpe che morrà”? Provate a dire che i libri non si parlano … anche quelli sacri … E’ un caso, dite voi, non voluto dall’Autore! D’accordo, non è l’Autore che “parla”: è il libro, a farlo!

I libri si parlano, dice Umberto Eco. E Virgilio non nasconde di “copiare” dal Siracusano Teocrito. “Copiare”, un difetto? Una colpa? No certo se “copiare” è “emulare”.  Se noi oggi “copiassimo” l’organizzazione amministrativa  tedesca e la capacità francese di attrarre il turismo – solo per fare un paio di esempi – forse saremmo criticabili e condannabili? Non credo proprio.

Il mondo bucolico di Virgilio è un mondo finto, nel quale i pastori non puzzano di sudore, ma sono anche poeti e musici. D’altra parte lo stesso Teocrito “avvisava” il lettore che la sua era un’invenzione!

Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi …

L’altro giorno stavo pedalando sulla ciclabile Trento-Borghetto. Incrocio un gregge di pecore, due pastori, cinque cani. Non ho potuto verificare se i pastori fossero anche poeti e/o musici. Mi ha colpito un particolare: un gregge che pascolava fra un fiume, una pista ciclabile e un’autostrada. Mi sono chiesto: ritorno al passato o ritorno al futuro? (La foto è dell’anno scorso: infatti questa volta non avevo con me telefonino e macchina fotografica!).

Ancora una volta: grazie Prof Maria Lia Guardini … anzi, grazie Lia!