POST 990 – ARRAMPICARE E ANDARE IN MONTAGNA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Settembre, 2013 @ 9:36 am

Detto altrimenti: due cose diverse

Heinz al “lavoro”

Sono reduce da una giornata al Limarock, per l’inaugurazione delle palestre di roccia del Maso Limarò (Comune di Calavino, APT Comano Terme, TN, v. post 987). Ho potuto ammirare l’arrampicata di un campione, Heinz Mariacher: continua, misurata, sicura, leggera: pareva che fosse stata cambiata la direzione della forza di gravità …

Alpinismo, vecchia passione, la mia, che ho coltivato intensamente quale aiuto istruttore sezionale del CAI-Sezione Ligure dai venti ai trentun anni. Iniziai improvvisamente, rapito dalla bellezza del Brenta. Smisi improvvisamente, dopo una scalata in solitaria al Cimon de la Pala (Pale di S. Martino) per il pensiero che avevo della moglie e della figlioletta di due anni. Rimpiango un po’ il fruscio della corda sulla roccia, l’odore del muschio sul granito delle “Occidentali”, la gioia della progressione … ma d’altra parte non me la sentivo più: succede, capita … e quando in uno sport del genere iniziano a venirti certi dubbi, le incertezze possono diventare fatali. Comunque è andata così.

Oggi riprendo in mano la penna (cioè, la tastiera del PC) per una triste coincidenza: poco tempo fa, la morte dell’amico Roberto Melini, 53 anni, accasciatosi su un sentiero del Lagorai e poi scivolato inerte nel precipizio. Ieri quella di Antonello Maraschin 41 anni, morto sulla via normale della Cima Tosa in Brenta. Sciagure che hanno dell’incredibile, come incredibile fu anni fa la morte di alcuni ragazzi e del sacerdote che li accompagnava, travolti da una slavina sul sentiero (!!) che collega i rifugi Casinei e Brentei, tanto per restare nel Gruppo del Brenta.

La “via” normale alla Tosa

Mi si dice, da sempre, che in montagna la maggior parte degli incidenti accade nei sentieri e sui passaggi facili. Purtroppo queste sono le statistiche. Ma la via “normale” alla Cima Tosa … quante volte l’ho percorsa, la potrei ripetere a occhi chiusi (si fa per dure, ovviamente), ancora oggi, anche dopo decenni di assenza. E i camini … secondo grado … per un montanaro alpinista esperto non sono assolutamente un problema. Difatti l’incidente pare sia avvenuto dopo, cioè quando anche questa piccola difficoltà alpinistica era stata superata. Che dire? fatalità? Sfortuna estrema? Un improvviso malore dell’alpinista è forse la causa più realistica.

Ma, dice … chi ve lo fa fare di andare a mettervi in certe situazioni di pericolo? Così spesso a noi (ex) alpinisti parla chi alpinista non è, e magari, subito dopo, si mette alla guida della propria auto per recarsi, in inverno, ad una riunione di lavoro a Milano, attraversando parte della Pianura Padana avvolta nella nebbia. Vi assicuro che i maggiori rischi li corre questa persona assai più che la stragrande maggioranza degli alpinisti. Infatti, la fatalità di un malore improvviso … può capitare anche quando sei al volante, e anche ad un altro guidatore che, assalito da un colpo di sonno, ti travolga con la forza di una grossa slavina.

Ma allora? Allora prendiamo atto che a certi rischi siamo assolutamente abituati, ad altri no, E consideriamo i secondi più pericolosi dei primi anche se ciò non è vero.

Ho scritto queste righe in commemorazione di un caro amico (Roberto), di una persona a me sconosciuta (Antonello) ed anche in difesa – nonostante tutto – dell’alpinismo.