POST 1000 ! DETTO ALTRIMENTI? UNA PAGINA DI DIARIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Ottobre, 2013 @ 6:08 pm

Mille post, dal dicembre 2011 ad oggi, 22 mesi di piacevole impegno.

Un bilancio? Se è vero che uno scritto nasce solo quando viene letto, be’ … allora posso essere soddisfatto delle circa 800 pagine (10-15 post ognuna!) lette in media al giorno e dei circa 700 contatti giornalieri da altri siti/blog, dall’Italia e dall’estero. Pertanto … un vivo GRAZIE! ai miei lettori, continuate così! Dimentico qualcosa? Ah si … i commenti scritti: ad oggi sono 1.216 oltre a 207 spam. Un “grazie! ” anche alla mia “madrina di blog” Mirna Moretti che mi ha “suggerito” all’editore Andrea Bianchi, cui sono grato per l’ampio spazio e libertà  di penna che mi lascia. Ad maiora, Trentoblog.it, e con te i tuoi tre fratelli maggiori Mountainblog.it,  Mountainblog.eu  e Mountainblog.asia!

(disegno di Rina Pezzin)

Anteprima

Una precisazione: Detto altrimenti è riferito all’argomento trattato, non a me stesso, nel senso che chi ha creato questo sottotitolo (mio figlio Edoardo, esperto in comunicazione) ha cercato di descrivere il mio modo un po’ anticonformista di leggere e descrivere la realtà e non nel senso interpretato da qualche lettore:  “Riccardo, detto altrimenti, soprannominato).

Post 1000. E’ un po’ che penso a come come celebrare questo traguardo. Alla fine ho deciso: voglio riservarlo alle Persone, al loro Volto. Anzi ad una Persona. Di famiglia? No, amici, troppo facile e scontato sarebbe stato riferirmi alle pur importantissime e preziose famiglie d’origine e attuale, soprattutto ora che, navigando ormai verso la fine del mio settantesimo anno di vita, ne registro ben 48 da quando ho conosciuto, iniziato ad amare ed ho sposato Maria Teresa.

Ruggero Cengo Romano

Ed ecco che ho preferito riparlarvi di una persona a me solo inizialmente estranea che però successivamente ho considerato il mio terzo genitore, per quanto essa ha contribuito a formarmi professionalmente e soprattutto umanamente: un mio vecchio capo, Ruggero Cengo Romano, classe 1934, alla Stet. Nel decimo anniversario della sua immatura scomparsa.

STET –  Società  Finanziaria Telefonica per Azioni di Torino, la finanziaria dell’IRI per le telecomunicazioni e l’elettronica, costituita da Gugliemo Reiss Romoli (1895-1961) il quale nel 1932 ne promosse e ne realizzò la fondazione inizialmente come Società Torinese Esercizi Telefonici.

Avevo 32 anni e da due ero dirigente presso un gruppo privato genovese. Risposi ad un annuncio della PA su La Stampa e dopo una selezione durata mesi, mi trasferii a Torino.

Fine dell’anteprima

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Ho conosciuto Ruggero quando ormai egli, da tempo, vi ricopriva la carica di Direttore Centrale della STET e nella quale io ero stato assunto quale suo dipendente diretto. Ho trascorso al suo fianco cinque anni della mia vita lavorativa (1976 – 1981), anzi, cinque anni della mia vita. Infatti, dopo i miei genitori, è stata la persona dalla quale ho maggiormente imparato ed alla quale maggiormente devo, sotto ogni profilo.

Di una precisione e rigore professionale e morale assoluto, più lungo che magro, capelli a spazzola, abiti molto tradizionali, automobile anch’essa tradizionale (“La 1100 D, chissà  come mai hanno smesso di produrla?”), leggermente curvo in avanti, un po’ per l’abitudine al lavoro di ufficio, molto più per la sua premura di assecondare l’interlocutore, quasi sempre assai meno alto di lui. Al centro di una scrivania ad anfiteatro stracarica di carte, come pure stracariche erano quasi tutte le sedie del suo studio e parte del pavimento, annotava via via su un taccuino che egli chiamava il panonto ogni contatto telefonico o personale della giornata, salvo poi – sino a notte fonda – rielaborare, approfondire ed inquadrare ogni argomento. E rispondere. A tutti. Sempre. Per iscritto. Di computer neanche a parlarne. Una calcolatrice a mano di oltre quarant’anni prima andava benissimo. Matita nel taschino della giacca, gomma e tempera matite sulla scrivania.

Sempre molto serio in tutte le circostanze che richiedevano serietà, sapeva anche cogliere ed apprezzare i lati umoristici della vita, lavorativa e non. Parco nei consumi, nel vitto e nelle bevande: “Riso ben cotto e acqua con una fetta di limone, grazie”.

Però. Però tutti lo cercavano, tutti sentivano il bisogno del suo eccezionale apporto professionale, della sua verifica. Egli dava udienza a tutti, salvo occuparsi dei problemi in ordine temporale inverso, trattenendo quindi presso di sè, in attesa, i primi interlocutori, quasi per paura di perderli senza aver potuto dare loro la risposta che essi si aspettavano.

Era credente e viveva la sua Fede in modo concreto anche per gli aspetti esteriori, ad esempio non badando a sedersi in Chiesa in ordine gerarchico (con il che, al Precetto Pasquale societario  ebbene sì – c’era anche quello! – egli spiazzava il 90% dei colleghi!). La sua Fede “interiore”. Era anch’essa visibile attraverso l’attenzione che dedicava agli Altri, che per lui erano Altri con la A maiuscola, ai loro problemi di lavoro e personali: indifferentemente. Se gli si chiedeva qualcosa, non  dava un consiglio: dava un aiuto. A tutti.  E non demordeva sino a quando questo suo impegno non avesse sortito risultati concreti.

Altra sua caratteristica era non strumentalizzare le persone, comunicare loro la propria (grandissima, n..d.r.) esperienza professionale e di vita, farle crescere sotto ogni aspetto.  Se non approvava un tuo lavoro, si limitava a non approrre la sua sigla accanto alla tua firma, ma non bloccava mai il contributo altrui nè per converso mai se ne appropriava. Comprendeva, anche se non approvava, la malvagità. Non sopportava l’incoerenza e la genericità  (“Non si è mai abbastanza specifici!”).

Aveva sofferto molto: il padre morto combattendo in Africa; la mamma fucilata dalla guerra civile in Italia. Da allora era vissuto con gli zii e poi con la sola zia, che chiamava mamma, anzi mammina, avendo aggiunto al proprio cognome Cengo, quello dello zio, Romano. Comprendeva e condivideva la sofferenza altrui.

Taluno non lo capiva ed approvava completamente, per quel suo carattere dall’apparenza scontroso, burbero, rigido. Tuttavia forse la ragione di tali riserve era un’altra: Ruggero, come uomo di principi, come professionista, come uomo di cultura e soprattutto come Uomo era inarrivabile.

Fra i tanti episodi, uno. A pochi mesi dalla mia assunzione, mi trovai ad assistere ad un colloquio fra Ruggero ed alcuni colleghi (più suoi che non ancora del tutto anche miei) di Torino e nostri superiori di Roma. Non ricordo chi mi chiese come mi trovassi con un simile capo. Io risposi, d’istinto, semplicemente con la verità : con un tale Maestro non potevo che ritenermi fortunato. Ma il fatto che voglio sottolineare è un altro, e cioè la reazione di Ruggero a queste mie parole: gli si illuminarono gli occhi di felicità. Io, che non avevo mai creduto di poter essere così tanto considerato da lui, io che in Stet ero un dirigente neo assunto, gli fui segretamente  grato per l’apprezzamento che egli aveva mostrato di riservare al mio giudizio.

Anni dopo. Mia figlia Valentina, a Trento, era prossima alle nozze. Gli mandammo la partecipazione. Ruggero telefonò subito. Io ero fuori casa. Mia moglie Maria Teresa gli disse che lo avrei richiamato. L’ho fatto. Troppo tardi. Era mancato. E come se io avessi mancato l’ultimo saluto ad un gestore.

Ruggero ha scritto molti trattati (finanza, fisco, società  per azioni) ed un libro, quest’ultimo pubblicato postumo: Cengo e Sogno (i cognomi del papà  e della mamma, n.d.r.) di Ternengo (paese d’origine, appena fuori Biella) Storia di una famiglia“ reperibile in internet). Qualcuno me lo  segnalò per una breve prefazione. La scrissi.  Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, ogni tanto riprendo quel libro e ne rileggo alcuni passaggi. Per me è un po’ come farla rivivere, questa Persona, la quale – fra l’altro –  ha lasciato il suo ricco patrimonio personale in eredità  alla Parrocchia ed al Comune di Ternengo (Biella) il suo paese d’origine, nel quale ultimo  inoltre, con i libri della sua corposa libreria personale, è stata costituita una ricca Biblioteca Comunale, vicina alla piazza a lui intitolata.

Ecco, ho finito il mio primo millesimo post. Lo so, è un po’ lungo, ma non sono riuscito a trovare null’altro che al mio sentire valesse più di questa testimonianza, soprattutto rispetto a certe attuali forme di degrado civile ed umano, negli ambiti morali, lavorativi e della vita in genere.