POST 1075 – L’ENEIDE LETTA A TRENTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2013 @ 9:25 am

Detto altrimenti: questa volta scrivo prima di “andare a scuola”. In effetti, la riunione, aperta a tutti, è per martedì 5 novembre 2013, presso la Biblioteca Comunale di Trento, primo piano ad ore 10,00, per ascoltare la Prof.ssa Maria Lia Guardini.

Questa volta dobbiamo prepararci sui libri dal 4° al 6°. E questa volta li ho letti. Prima. Prima che vuol dire “prima di andare in aula” ed anche (in lingua tedesca) “molto bene”! Abituati ai canti danteschi della Commedia di 145 versi circa cadauno, i 2.400 versi dei tre libri dell’Eneide impressionano un po’ … Forse anche per questo ho scelto di leggerli su di un libro senza le note ed i commenti: latino a sinistra, italiano a destra … Si tratta di una Edizione Zanichelli, Bologna 1954 (io avevo 10 anni!), a cura di Giuseppe Albini. Una serie di libretti, si … libretti eleganti, non molto voluminosi, con la copertina rigida color amaranto: i classici latini, una serie che era stata molto a cuore a mia mamma, classe 1904, insegnante di materie letterarie.

Per chi non conoscesse Virgilio e l’Eneide, suggerisco una breve ricerca in internet (“Virgilio: l’Eneide”). Piuttosto qui, io, a fianco di molti versi, mi sono segnato a matita alcune osservazioni e riferimenti anche ai nostri tempi. Ciò mi induce ad una riflessione: la letteratura, come componente della cultura e della sensibilità umana, è sempre attuale. In altre parole, vi sono valori, sentimenti, principi innati nell’Uomo “a prescindere” dai tempi e dalla religione. D’altra parte il Re Hammurabi, nel 2.200 a. C. codificava “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te”. Più innati di così … certi principi (in questo caso: morali).
Quanto seguirà, quindi, non sarà una versione in prosa di 2.400 versi, state tranquilli! Piuttosto una serie apparentemente scollegata di osservazioni. Scollegata … solo apparentemente …

LIBRO IV

La regina Didone, vedova, giura e spergiura che non si rimariterà più. La sorella le parla (qualche decina di versi) ed il gioco è fatto! Si rimariterà (la donna è mobile, qual piuma al vento!).

Enea vuole abbandonarla. Si inventa che questo è ciò che gli Dei vogliono. Ipocrita! Nel frattempo non  glielo dice e va a caccia con lei ed il suo seguito. Doppiamente ipocrita!

L’amplesso dei due. Viene descritto in poche parole: “arsero lampi nel cielo consapevole al connubio” … “ i cominciati imenei”. Altro che i particolari pruriginosi delle sfumature di grigio etc.!
La cosa si risà subito: la “Fama” … le ciàcere (in dialetto trentino) …. E poi, si sa, la calunnia è un venticello …

Il defunto primo marito di Didone, geloso, si rivolta nella tomba e maledice i due amanti. Marito geloso, 35. Tomba, 42. Amante, 18. Da giocare sulla ruota di … Roma!

Enea si prepara ad abbandonare Didone. Lo fa in segreto. Pusillanime! Scoperto, si giustifica con il solito “Deus vult”, Dio lo vuole, anzi gli Dei, sono tanti … “Ch’aggio a fa’… Dido’ “?
Didone lo chiama perfido, empio, nemico superbo, irriconoscente, scellerato. E minaccia , anzi, anticipa il proprio suicidio … “Almeno mi avesse messa incinta …” … “Ti perseguiterò anche da morta!” … “Resterò zitella …” “E tu, nell’Italia, troverai guerre!”

E poi salta fuori anche la droga … al verso 486: soporiferum papaver, il sonnifero papavero (l’oppio!).

Enea sulla poppa della sua nave, agli ormeggi, dorme. Lo svegliano gli Dei: parti, fuggi, “Femmina è varia cosa e mobil sempre” (la donna è mobile …).  Enea suona la sveglia: adunata! Incita alla partenza i suoi: “Armiamo … le navi e remate”! Lui stesso scioglie l’ormeggio, … anzi no, lo tronca con un colpo di spada … con quello che costano oggi le cime d’ormeggio!  Partono le navi, vento in poppa, la mattina prestissimo, brezza di terra. D’altra parte erano navi che non bolinavano per nulla!

Didone muore ai versi 642 e seguenti: “Trepida … Dido ardente, roteando occhi … sparsa di macchie le frementi gote, pallida già de la futura morte …” Ricorda l’Adelchi del Manzoni, la morte di Ermengarda: “Sparsa le trecce morbide sull’affannoso petto, lenta le palme, e rorida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo sguardo cercando il ciel”.

Didone si trafigge con la spada. Morte ricordata dalla Lucia di Lamermoor.

 LIBRO V

Enea è al largo, non sa che Didone si è uccisa ed è preoccupato perché “sa ciò che può donna furente”.  Arriva la tempesta. Il vento soffia da l’occidente fosco (Libeccio, dalla Libia appunto). ma è troppo forte per prenderlo in poppa a vele piegate: Enea fa sventare le vele … inizia l’esposizione di tecniche di navigazione a vela di velieri che non bolinano. Le navi modificano la rotta, seguendo quella che è consentita dal vento. E arrivano in Sicilia.

Sciuri sciuri … bibetque bibatque quicumque phalenum sua cura citiusque solvetur cadetque! Si fa festa! A terra si organizza una sorta di Olimpiade: si mangia, si beve e si gareggia. Una regata a remi durante la quale un concorrente non dà “diritto di scoglio” ad un avversario e lo fa sbattere sulle rocce, con danni allo scafo e uomo a mare! La nave investitrice procede veloce “qual colomba di subito sturbata …” “Quali colombe dal disìo chiamate …” ma non si ferma a raccogliere l’uomo in mare caduto dalla nave avversaria! Squalificata due volte! E poi, “accende il motore!” Cioè… si fa aiutare dagli Dei che la sospingono … vergogna! Alla fine però … premi per tutti! Nessuno ha perso. Sembrano le nostre attuali elezioni politiche …

Una nota: ma quanti animali hanno da sacrificare (e da mangiare)? Quanti premi? Hanno forse saccheggiato un intero allevamento di bestiame vario? Una ricca fattoria? Una ricca gioielleria? Una moderna armeria? O cos’altro?

Segue: corsa a piedi, pugilato, tiro al piccione, sarrabanda della cavalleria.

Nel frattempo, gli Dei contrari a che Enea raggiunga l’Italia, inducono le donne a dar fuoco alle navi. Ma Giove fa piovere e limita i danni.

Enea vuole incontrare suo padre Anchise, morto. Si prepara le sua discesa agli inferi. Nel frattempo …. cantiere navale: si riparano “le abbrustolate tavole al naviglio”.

Enea tracciare il solco di confine di una nuova città per i compagni che non vogliono proseguire il viaggio. Quindi molla gli ormeggi, questa volta senza tagliale le cime! Di nuovo col vento in poppa. Questa volta il Dio del mare gli è favorevole: mare calmo, vento in poppa, i marinai “tendono le scotte” che però, col vento in poppa, vanno lascate, non tese!

Uomo mare!

Il timoniere Palinuro si addormenta al timone, rompe la barra e cade in mare. Uomo a mare, di notte, con vento in poppa, caduto da barca a vela che non bolina, non si recupera più, anche se fossero stati tutti svegli! Si apprenderà dopo (Libro VI°) che Palinuro riuscirà a raggiungere terra (Capo Palinuro) dove sarà assalito ed ucciso da predoni.

LIBRO VI

Enea Arriva all spiagge di Cuma e si ancora poppa a terra. I suoi vanno a far provviste di cibo ed acqua. lui cerca e trova la Sibilla Cumana.

Offerte agli dei (l’ho già detto: devono avere saccheggiato un’intera mandria!). Ma … agli dei o … ai loro sacerdoti o … a se stessi, visto che poi bruciavano le viscere ma cuocevano le carni?

La Sibilla gli parla dell’”Italia fuggente”. Sarà per questo che ancora oggi l’Italia “fugge” e non affronta i veri problemi …

Dice: “Arriverai nel Lazio, dovrai affrontare un “nuovo Achille”, ti aiuterà una città greca …e poi gli nomina tale Alcide (che sia già Degasperi?).

Enea vuole scendere agli inferi a trovare il padre Anchise. la Sibilla lo avverte: scendere è facile, risalire è difficile. e ci risiamo: la discesa agli inferi dell’Italia di oggi è stata facile. ora dobbiamo risalire … “E mentre noi parliamo, un tuo amico è morto”.

Quanti lavoratori “muoiono” in Italia mentre a Roma si discute, mentre gli oracoli della nostra politica discutono ed appaiono in TV sorridenti …!

Comunque nell’Eneide si tratta di Miseno … cui viene fatto un bel funerale ed al quale viene intitolato un capo, Capo Miseno, appunto.

Enea, munito del lasciapassare (un ramoscello dorato) scende agli Inferi. E qui il nostro Dante ha attinto a piene mani per la sua Commedia: i mali del mondo, la loro punizione, Caron Dimonio, l’Acheronte, il Flegetonte, I Titani, Cerbero, Minosse… ma non solo dante: anche Ungaretti con la sua poesia “Soldati”: “Si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie”. Infatti alcune anime dell’Eneide sono descritte “quante col primo freddo de l’autunno si spiccan ne’ boschi e cadon foglie”.

I suicidi, gli insepolti, Palinuro stesso, che racconta ad Enea come cadde in mare, come in tre giorni riuscì a toccar terra, come fu assalito d ucciso dai predoni.

Cerbero cerca di fermare Enea, ma riceve degna risoposta: “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.

Curiosa la citazione di Cèneo, (verso 448) “un dì garzone, or femmina”.

Enea incontra anche Didone … che lo guarda male … ed alla quale lui risponde con il solito “deus vult” (l’ipocrita!).

Deifobo, figlio di Priamo (marito di Elena dopo la morte di Paride, n.d.r.): …sfigurato in volto, gli racconta come la “egregia moglie” gli sottrasse nel sonno la spada, aprì la porta della stanza e lo lasciò – inerme – in balia di Menelao … per farsi perdonare “l’oltraggio antico” (le doppie corna) …
Anime che vagano sospinte dal vento (Paolo e Francesca) … poi si preconizza l avvento di tale Silvio (!?) (verso 763) …

I Titani … e Dante anche qui “copia”: “Però che come su la cerchia tonda, Monteriggion di torri si corona, così ‘n la proda che ‘l pozzo circonda, torreggiavan di mezza la persona gli orribili giganti”.

Poi il luogo della purificazione (il Purgatorio) ed infine il Paradiso. Ed il padre Anchise gli prefigura le glorie di Roma. Virgilio, poeta di corte … politico … Anchise lo accoglie “… come fui sgomento che ti nocesse il regno di Libia” (chiaro il richiamo a Gheddafi). Insomma è tutto un grido “Forza Roma”! (Ma Enea non era alla ricerca del Lazio … della Lazio?).

E non manca un accenno alle scuri e ai fasci di Roma … ahimè! (v. 820)

Il padre Anchise avverte tutti noi: “No, figli, il cuor non avvezzate a guerre sì fiere”. Ecco, anche lui, già lui … era contrario agli F35! (v. 832)

E alla fine … “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Mio commento: Enea si giustifica di fronte a Didone con il suo “Deus vult”. Virgilio giustifica la politica imperiale di Roma con lo stesso “Deus vult” (cosiddetto imperialismo religioso).

P.S.: dopo la riunione con la Prof., emerge che Enea è solo un predestinato, uno strumento nelle mani degli Dei, un protagonista, non un eroe: se non altro perchè non ha una forte identità. Quanto alla sua “fede” negli dei (“Deus vult!”) un po’ vacilla, di fronte alla morte di persone giovani: “Ma come è possibile che gli Dei vogliano questo?”, si domanda …