TAV: FANATISMO SPORTIVO E DELLE GRANDI OPERE PUBBLICHE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Marzo, 2012 @ 9:43 am

Detto altrimenti: segnale di mancanza di valori veri e di “democrazia funzionale”

 Si può conoscere o meno il progetto TAV nei suoi aspetti tecnici, funzionali ed economici;
 si possono conoscere o meno gli aspetti internazionali della questione (e cioè l’effetto che l’interruzione della parte italiana del progetto potrebbe avere sulla Francia, paese in cui non tutti accetterebbero tale fatto e non tutti se ne rattristerebbero);
 si può affermare che prima dell’alta velocità occorrerebbe poter disporre più semplicemente, della velocità tout court;
 si può dire che prima del TAV vi sono ben altre priorità non ferroviarie, quali la difesa del territorio da alluvioni e nevicate;
 … si può … si può … fate voi …ma nel frattempo facciamo qualche ragionamento più ampio …

Da sempre ho pensato che gli atteggiamenti totalizzanti delle tifoserie calcistiche più accese, atteggiamenti che non lasciano spazio a nessun altro tipo di interesse e di cultura, siano il segnale di una desertificazione culturale, di uno “spazio vuoto”. E poiché lo spazio vuoto in natura non esiste, esso viene subito riempito da ciò che maggiormente oggi viene propinato dai media come “cultura” e cioè, letteralmente, come “insieme delle conoscenze”. E’ “colto” cioè “pieno di cultura” chi ricorda formazioni calcistiche, goal fatti e subiti, tipi di schieramenti, abilità o carenze specifiche di ciascun giocatore. E costui, “forte” delle sue convinzioni, allo stadio, nei bar, con gli “amici” e con i “nemici” (leggi: con i tifosi della squadra avversaria), scarica questa sua energia nei modo più diversi, trasformando le sue conoscenze le sue conseguenti convinzioni, in una “fede”. Si, è questa la parola che viene usata, fede. La nostra è una fede, dicono, mescolando il sacro con il profano e soprattutto dimenticando il sacro. Chi è responsabile di questo fanatismo? Innanzi tutto chi ha creato questo vuoto culturale, chi ha nutrito la popolazione con il “panem et circenses”, cioè chi invece di cultura vera ha propinato alla popolazione “i giochi del circo” per distrarla dai veri problemi. 

Lo storico Tacito

Distratti dai veri problemi o dal modo giusto di affrontarli. Come sarebbe bello vedere 100.000 persone inneggiare all’unisono e con entusiasmo e convinzione e gridare “Forza ….!” ( qui non scrivo il nome del nostro amato Paese per non essere frainteso politicamente, mi avete capito, sia ben chiaro, … frainteso!) quando lo Stato registra una vittoria sulle mafie, sull’evasione fiscale, sulla disoccupazione, sull’eccessiva burocratizzazione, sulla incostituzionale commistione dei poteri dello stato, sulla eccessiva proliferazione delle leggi (plurimae leges, corruptisima republica! (Tacito: uno stato con un numero enorme di leggi è molto poco funzionante), sull’inerzia dell’organo legislativo, sulla lentezza di quello giudiziario … inneggiare, dicevo, con lo stesso entusiasmo profuso quando la nostra nazionale di calcio fa un goal alla squadra avversaria!

Fanatismo, dicevo. Ma anche nella persistenza della programmazione sine die delle grandi opere “a prescindere”. Persistenza che può infatti diventare tale, ove la programmazione e la progettazione durino decenni. Già, perché – se non altro – nel frattempo i dati di previsione e di stima assunti a base del progetto, sono diventati in buon parte dati consuntivi spesso molto diversi da quelli inizialmente considerati. Già, perché nel frattempo sono cambiate le condizioni di contorno (in primis quelle economiche e finanziarie), perché nel frattempo ci si è accorti che paesi vicini a noi (Francia) da ben diciassette anni hanno una legge che ha risolto a priori al 90% il problema della conflittualità sulla realizzazione delle grandi opere a forte impatto sul territorio, attraverso l’attivazione della procedura regolamentata denominata “Dibattito pubblico”, nella quale lo Stato si pone non come parte ma come giudice fra il promotore dell’opera pubblica e a popolazione interessata. In altre parole, in Francia hanno istituzionalizzato e regolamentato il confronto, secondo una procedura articolata su alcuni mesi di confronti e non su decenni di scontri.

Ma torniamo al fanatismo dal lato della popolazione. Anche nel caso del TAV – sempre a prescindere dai contenuti e dalle posizioni di merito, sia chiaro – io credo che le esagerazioni e le violenze cui stiamo assistendo siano in buona parte un modo per “sfogarsi comunque” (e avremmo ben di che sfogarci, tutti noi, sia pure con metodi pacifici, sia chiaro!) ed anche frutto di un vuoto, del vuoto di veri ideali, di veri valori, di veri contenuti, di interessi più concreti ed immediati, cioè di un futuro per di più svuotato di vera democrazia coinvolgente e funzionale.

Pessimismo, il mio? No. Nel valutare gli effetti della precedente gestione politica, è realismo. Per il futuro inizio a nutrire speranze, se non altro perché è di questi giorni il proponimento del nostro governo di esaminare la “via francese alle grandi opere pubbliche”.

Il mio parere personale sul TAV? I veri giornalisti devono raccontare fatti, non esprimere le proprie opinioni. Ma siccome io sono solo un piccolo blogger e non sono nemmeno un pubblicista, in quanto per nessuno delle centinaia di articoli scritti e pubblicati ho mai né chiesto né ricevuto un pagamento (conditio sine qua non per essere iscritti all’albo), mi permetto di scrivere non cosa avrei fatto (della scienza del poi …), ma cosa farei ora: modificherei il progetto come segue: separerei i percorsi dei treni passeggeri da quelli merci con ammodernamento della linea ferroviaria esistente da destinare ai soli treni passeggeri (pendolari compresi, in contropartita dei disagi dei cantieri!). Bucherei le montagne con tre canne (gallerie) del diametro di sei metri ognuna (quindi autosostentantesi!) per il solo traffico merci con treni telecomandati, una canna per ogni senso di marcia e la terza di servizio. Un compromesso tecnico-sociale con minori tempi di esecuzione, minori costi, maggiore sicurezza, minore impatto ambientale, maggiore considerazione per le popolazioni delle aree attraversate.

Mi resta una domanda vera, non retorica: perché un uguale reazione non ci sia stata quando si parlava e si è iniziato a progettare il Ponte sullo Stretto di Messina, nè si sia inneggiato quando il progetto è stato cancellato da questo governo (come doveva essere, n.d.r.).

Qualcuno di voi mi sa dare risposta?


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