Padre Giovanni Lerario, il frate-pittore «internazionale»

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Gennaio, 2014 @ 3:25 pm

Detto altrimenti: “non ci può essere futuro senza memoria storica” (post 1292 – 42/2014)

Avevo invitato, ed invito, le mie lettrici ed i miei lettori a spedirmi i loro articoli, che io avrei pubblicato – come pubblico – come post ovviamente a loro nome. Ecco il primo arrivato, da Paolo Martocchia. Di mio ci sono solo i grassetti.

P.P., Padre Pittore Giovanni Lerario

“Non ci può essere futuro senza memoria storica. L’incipit è non soltanto necessario per rendere edotti coloro i quali continuano a perseverare sulla tesi secondo la quale «con la cultura non si mangia», ma anche – e soprattutto – perché le future generazioni abbiano da potersi vantare (e avvalere, n.d.r.) della nostra storia e della nostra cultura.
Sulla base di questo filone, dopo aver fatto proprio il concetto di curiosità intellettuale come anelito alla ricerca, intendiamo riscoprire e proporre alla più vasta platea un personaggio unico nel suo genere, poiché si tratta di un frate, un frate-pittore. Si chiamava Padre Giovanni Lerario, passato a miglior vita nel 1973 a Pescara, ma il cui nome, già nel 1970, era inserito in «diverse enciclopedie internazionali» .

In un passaggio della conferenza tenuta a Monaco di Baviera nel 1980 Giovanni Paolo II disse che per recuperare il senso dell’arte, occorreva rivolgere lo sguardo sia all’uomo sia alla Chiesa. Secondo il Papa polacco il presupposto di una rinascita dell’arte poteva derivare dalla scoperta degli uomini che nelle loro opere avevano comunicato il creatore e il creato. Wojtyla, in definitiva, ci disse che non ci restava altro che credere nella luce. In effetti, il connubio arte e religione è una unione ideale e perfetta e quando l’artista dà luce alla sua genialità per manifestare quei valori che sono alla base della vita, sia morale, sia sociale e sia anche poetica, ebbene qualsiasi artista svolge una missione che vorrei definire francescana, visto e considerato che San Francesco d’Assisi fu un Santo dotato di profondo senso poetico e mistico.

Lerario era un nobile seguace di Frate Francesco e aveva, appunto, la mano dell’artista, del pittore artista: è sufficiente conoscere la sua imperiosa produzione per capire i motivi per i quali le sue opere sono presenti un po’ ovunque, da Liverpool a Riccione, da Forlì a Detroit, passando per Fatima e per la Svizzera. Opere ricche di spiritualità, in quanto attento ai luoghi e alle situazioni ambientali in cui realizzava i suoi capolavori. Oggi noi scopriamo la luce nei colori e nei dipinti di Padre Lerario, che sin dalla prima fanciullezza sentiva ed esprimeva la vocazione alla bellezza, vocazione che con gli anni si delinea come ricerca di armonia nella diversità dei colori e delle scene rappresentate.

Contemplatore del volto di Cristo sin dal primo istante di luce, si è sempre ispirato al volto della Sacra Sindone ed utilizzò l’arte per parlarci del Vangelo, delle verità del mondo spirituale per farci amare e penetrare nel regno della natura, per estasiarci con quei colori che sono fatti d’amore, di armonia e di umiltà. Padre Lerario continuò il Cantico delle Creature con la sua arte, con i suoi alti mezzi espressivo-artistici al fine di compiere in seno alle sue opere l’opera maggiore della sua reale missione spirituale fra gli uomini.

Le sue opere, infatti, emettono un quid che commuove e penetra l’anima facendo vivere in chi osserva tali opere momenti di gaudio interiore, come se qualcosa penetrasse in noi con sublime armonia, risvegliando spiritualmente e psicologicamente quella condizione da farci vivere davvero ciò che il quadro, la figura o altra opera rappresenta nella sua simbologia artisticamente significata dalla dolce e precisa mano di Padre Lerario, il Frate che pregava dipingendo.

Tra le sue tante opere, ricordiamo il «Vangelo vivente» nell’abside della chiesa Mater Admirabilis di Riccione, una meravigliosa e stupefacente opera . Un’opera d’arte che presenta la storia dell’Umanità e della Chiesa, da Abramo fino a Paolo VI, tutta in stile classico con spunti aperti alla modernità. E’ il trionfo della Chiesa con al centro il Cristo Pantocrator che ha in mano il libro con la scritta «Ieri, Oggi, Sempre». Sopra la figura del Redentore che domina dall’alto come nelle absidi delle antiche chiese cristiane, è scritto a grandi lettere «Lumen Gentium Christus». Quindi dall’alto si snoda la storia dell’umanità e della Chiesa che ha come fulcro il Redentore e si sviluppa su otto fasce orizzontali, dall’uno e dall’altro lato, fino a raggiungere la Vergine Mater Admirabilis, il tutto forma la candida milizia pacifica, che ricorre a Maria perché interceda presso il Figlio affinché guidi il mondo verso il Padre: centocinquanta personaggi che, partendo da Abele e passando per Abramo, giungono al Cristo che invia gli Apostoli, i Martiri, gli Anacoreti e gli Evangelizzatori lungo i venti secoli del cristianesimo, arrivando sino al Pontefice Paolo VI, all’epoca regnante.

Oggi, nel celebrare il quarantennale della sua dipartita, vogliamo accostarci alla speranza di un domani migliore, al quale anche l’arte può contribuire in maniera significativa: è compito di ciascuno di noi custodire questi nostri piccoli tesori, poiché la memoria storica aiuta la formazione di un’identità culturale e la condivisione di valori comuni da tramandare ai posteri. Soprattutto ci aiuta ad affrontare i nuovi problemi dell’umanità“.

Paolo Martocchia