APPLAUSI AI POLIZIOTTI CONDANNATI?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Aprile, 2014 @ 12:53 pm

Detto altrimenti: no!   (post 1502)

Sono figlio di un maresciallo dei Carabinieri che a suo tempo si è fatto due anni di prigione: in Germania. La sua vita, il suo lavoro, l’educazione che ha dato a noi figli era del tutto diversa rispetto ai comportamenti di alcuni attuali appartenenti alle forze dell’ordine.

Infatti, troppe volte abbiamo visto in TV anonimi appartenenti alle forze dell’ordine manganellare gente inerme, sdraiata a terra, ferita. Ieri poi, si è toccato il fondo: la platea dei poliziotti che applaude i cinque colleghi condannati con sentenza passata in giudicato per delitto colposo (colposo? “Troppe” percosse, “troppe” botte! Come se “poche” fossero legali!). Cinque minuti di standing ovation. Ebbene, a mio avviso si tratta di un atto rivoluzionario, sovversivo, illegale, un totale dispregio delle Istituzioni democratiche tanto più grave in quanto perpetrato da chi invece dovrebbe difenderle! Un tale “ammutinamento” contro le Istituzioni in tempo di guerra meriterebbe la decimazione. Dico questo solo per far capire quale gravità si possa e si debba riconnettere a quel comportamento.

Ma non basta. Alla radio, il presidente del sindacato di quella platea, messo alle strette dal giornalista, minimizza e paragona il “delitto colposo” di chi uccide per “troppe botte” a quello di chi uccide per “delitto colposo stradale”: ma ci siamo bevuti il cervello? Inoltre costui ha affermato: “Noi siamo per la ricerca della verità”. Ma la verità è stata accertata da tre gradi di giudizio! Quale altra verità vorrebbe costui? La sua? Una verità “ad personas”?

Al Premier Renzi e ai Ministri degli Interni e della Difesa, chiedo:

1)    le forze dell’ordine impiegate in servizio di ordine pubblico siano riconoscibili attraverso numeri apposti sui caschi e sui giubbotti;

2)    non basta stigmatizzare: occorre intervenire, prevenire, educare e formare diversamente le forze dell’ordine e, dopo (cioè adesso!), anche reprimere i comportamenti deviati. Perseguiamo chi – dando uno pericoloso esempio – dimostra di non meritarsi l’affido ai servizi sociali. Perseguiamo anche chi – seguendone lo scellerato esempio – disprezza le sentenze della Magistratura, minando scandalosamente la credibilità delle Istituzioni.

Come fare? Si intervenga dall’alto, sui capi, e poi via via sempre più giù, a cascata. Altrimenti la nostra Repubblica diverrà come quella dell’Atene di Pericle: ottima, teoricamente, ma in prativa una “archè”, un principato anti democratico (nel quale una persona da sola poteva decidere di scatenare una guerra – quella del Peloponneso - per poi, fra l’altro,  perderla).