PARTITO TERRITORIALE, OBIETTIVI DELLA POLITICA, AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2014 @ 1:56 pm

Detto altrimenti: riflessioni  geopolitiche sul Trentino delle Valli e delle Città  (post 1552)

C’è chi afferma: “Il partito territoriale siamo noi. Gli altri no”. Al che mi “scappa da scrivere” quanto segue: porre l’ aut-aut fra due sole soluzioni, la nostra e quella degli “altri” non vuol dire fare politica. La politica non è il “governo del vincitore”, non è “la maggioranza comanda”, non è “io ho ragione gli altri torto”. La politica è compromesso, comunicazione, dialogo, ascolto. L’ aut-aut è inoltre anche pericoloso, in quanto conduce all’affermazione di una sola idea, e cioè alla dittatura palese od occulta.

Ma torniamo a noi. Partito Territoriale … questo sconosciuto. Quando e perché un partito si può a buon diritto chiamare “territoriale”?  Risposta:  Quando quel partito esiste solo in quel territorio, direte voi. Va bene, dico io ma non basta. Infatti aggiungerei: “… e quando utilizza i consensi ricevuti a vantaggio del territorio”. Ora, nel passato i nostri bilanci provinciali erano in continua aumento e il problema soprattutto era un problema distributivo (1). Oggi i bilanci si stanno riducendo. Il problema è ancora – in parte – distributivo, ma in parte sempre più crescente è anche:

  • difensivo nei confronti di Roma, per evitare ulteriori tagli;
  • produttivo locale, nel senso di investire sulla capacità locale di produrre ricchezza per  l’oggi e per il domani.

Chiarito ciò, provocatoriamente mi domando:  la nostra “produttività futura e necessaria” si ottiene  con la distribuzione di contributi a pioggia, compresi quelli per le feste di paese nelle valli, oppure con il destinare quelle risorse alla formazione, alla ricerca, alla innovazione? Inoltre, gli obiettivi della politica di un partito “territoriale” devono essere calati dall’alto o nascere dalla base? (E ci risiamo con il pericoloso aut – aut! ). Ragazzi, ora vi indico la possibilità di una soluzione  “terza”  rispetto alle due prospettate.

 Politica del territorio calata dall’alto: ben che vada, in quanto necessariamente prospettica, spesso non è capita dalla popolazione la quale si aspetta risultati immediati. Quindi chi governa perde consenso e spesso non viene rieletto e quindi non riesce a portare a termine la propria politica di medio periodo.

Politica del territorio espressione della base. Spesso è espressione frazionata, disomogenea, mirata a risultati di breve periodo, senza una visione del futuro. Chi la pratica riceve consenso immediato ma nel medio periodo non costruisce un futuro per la propria terra.

Fino a qui la problematica. Ma … direte voi, e la soluzionatica? La soluzione è insita nella “politica del dialogo e della comunicazione mirata al mantenimento della nostra Autonomia, Autonomia che significa capacità, volontà e possibilità di autogoverno, volto alla costruzione del Bene Comune presente e futuro di tutto il territorio e non del solo bene odierno di questa o di quella sua particolare componente”.

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(1) Con le dovute eccezioni: pensiamo a chi ha creato l’Università, l’IRST, il Piano Urbanistico etc.