ENRICO FUOCHI, FOTOFIABE, DON MARCELLO FARINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Ottobre, 2014 @ 7:13 pm

Detto altrimenti: presentazione del

“FotoFiabe”, il terzo FotoLibro di Enrico Fuochi

presso la sala degli Affreschi della Biblioteca Comunale di Trento (post 1680)

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Robol, Fuochi, Martinelli, Farina

Su Enrico e il suo FotoFiabe trovate già in data 7 ottobre una bella recensione sul blog www.trentoblog.it/mirnamoretti e anche qui, sul mio blog, in data 4 ottobre (“Riva viva, viva Riva!”), nel quale trovate anche le indicazioni per i prossimi appuntamenti dell’evento. Oggi il libro è stato presentato ufficialmente a Trento, dall’ Assessore Comunale alla cultura,  Dr. Andrea Robol, dal giornalista Carlo Martinelli, dallo stesso Enrico,  e, last but not least, da Don Marcello Farina. Sala degli affreschi, piena. Molte persone in piedi, sulla soglia (data la limitata capienza della sala – 50 posti a sedere – perché non dotarla di una telecamera che trasmetta gli eventi su di uno schermo collocato nella attigua sala lettura?).

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Enrico Fuochi: fotoscrittografo o, se si preferisce,  scrittofotografo

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Ringraziamenti per tutti i soggetti pubblici e privati che hanno collaborato all’intrapresa/progetto. E’ stato quindi coniato un nuovo termine, il “Cofiabista”, riferito ai cinque coautori dell’opera, che hanno inventato e scritto cinque delle venti fiabe contenute nel libro: Anita Annibaldi, Cristina Endrizzi Garbini, Mirna Moretti, Maria Teresa Perasso e il sottoscritto vostro blogger. Le altre quindici fiabe sono di Enrico come pure le quaranta fotografie, tranne una, a dire il vero, ideata dalla moglie Marina.

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La foto ideata da Marina? Eccola qui a fianco!

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I meritatissimi applausi

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Dalla interessante esposizione di Enrico, vi segnalo un concetto fondamentale: egli cerca di ottenere che le sue fotografie siano vive, in movimento, in quanto vogliono mettere in movimento l’immaginazione, l’interpretazione, i sentimenti di ognuno: “Non fotografo un bambino che costruisce il suo castello di sabbia, ma il bambino che piange perché un’ onda glielo ha distrutto”. Non me ne voglia l’amico Enrico se non riesco a riassumere la sua ampia esposizione, anche troppo dotta per me, che sono un non-fotografo.

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Don Marcello Farina

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Fondamentale è stato lo splendido e illuminante intervento di Don Marcello Farina. Ottenuto il consenso di Marcello e di Enrico, lo pubblicherò integralmente qui di seguito domani. Infatti la presentazione odierna è durata dalle 17,30 alle 19,30 – Ora sono le 20,00 e mi devo preparare per l’impresa epica che affronterò domani: andare a Verona in bicicletta. Anche le foto sono “salvo conferma”.  A domani sera o dopodomani mattina, dunque, su … questa stessa rete … non cambiate … canale, ovvero, blog!

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IMG_2284Vi anticipo solo una foto, quella della prima pagina dell’incipit dell’illuminante intervento di Marcello, scritto a mano, con amore per quello che si sta facendo, con una calligrafia puntuale e delicata come il contenuto di tutti i suoi interventi. Attento ad ogni sfumatura Marcello, Marcello che “riscrive” l’opera che è chiamato a commentare, facendone emergere i suoi significati più reconditi e significativi, rendendoli chiari alla nostra mente ed al nostro sentimento, significati che prima noi stessi eravamo capaci di cogliere solo in misura assai minore. Marcello, un “minatore dell’animo umano” che sa estrarre diamanti dalle gallerie spesso inesplorate del nostro io. Un doppio plauso, quindi: ad Enrico, che quel diamante ha creato; a Marcello, che lo ha estratto dal profondo e lo ha portato in superficie.

Ed ecco, (il giorno dopo)  l’intervento di Marcello Farina:

INZIA

1) Immagine e immaginazione

02 Copertina jpegFotografie e parole: due modi diversi per esprimere un desiderio coltivato in profondità: quello di guardare il mondo esteriore ed interiore e di dirlo con immediatezza, tutti i sensi tesi a raccoglierlo e a raccontarlo. Due modi “complementari”, che si integrano a vicenda, arricchendosi vicendevolmente, tra velocità (quella dello scatto) e lentezza (quella della lettura), entrambi, all’origine, sgorganti, come dice Carlo Martinelli nella Prefazione, da una freschezza dell’anima che sa ancora stupirsi e stupire, in una sorta di interscambio con interlocutori a loro volta stupefatti e sorpresi.

L’immagine (le 40 fotografie) a prima vista è semplice per sua natura: basta guardare, gli occhi pieni di colori, abbagliati talvolta, indagatori subito dopo, spalancati a cogliere l’insieme della rappresentazione. Ma contemporaneamente essa diventa un mondo da interpretare, una sollecitazione ad ingrandire il quadro e a scorgervi una profondità, una vivacità esistenziale che muove mente e cuore. La cura con cui Enrico Fuochi scatta le immagini di questa sua opera esalta il loro carattere narrativo, “etico”, come si potrebbe dire, nella loro chiarezza e leggibilità.

01L’immaginazione (le 20 fiabe), condivisa con 5 amici, ha saputo conservare, da un lato, la semplicità della trama e il legame alla realtà, come se si volesse davvero parlare dell’oggi, “delle sue difficoltà e problemi”, ma senza pesantezza (quella pesantezza tanto detestata da Simone Weil), anzi con l’intento di ricostruire il mondo delle donne e degli uomini del nostro tempo, in cammino, mi si permetta l’immagine, verso un oltreuomo di niciana memoria, capace di immergersi in una vita piena, riuscita, assaporata per se’ e per gli altri. E’ un’immagine selettiva che tralascia alcuni luoghi comuni della storia delle fiabe: niente castelli e maghi, principi azzurri e cenerentole, romantiche quanto improbabili storie d’amore o orride imprese di mostri e di diavoli. Sulla scorta di Esopo, di Fedro, di la Fontaine ecc. ecc., i protagonisti sono animali: la capra Kri-Kri, il bracco Isotta, il colombo Quinto, il pesce Controcorrente, o oggetti ordinari: il sasso, il pianoforte, la maschera, la mummia, Ciccio Bello, o personaggi originali: il pagliaccio Batis, lo sceriffo in mutande, Battista l’equilibrista, vanessa la vigilessa, Speedy e il Tempo, il Grande Vecchio. E’ una immaginazione che usa la fantasia per tradurre con leggerezza e con più coinvolgimento emotivo la “serietà” della vita, la sua impronta leggibile e “trasmissibile”.

032 – La fiaba: legame generazionale

Forse è anche questo un luogo comune: quello per il quale la fiaba coinvolga tradizionalmente due età tra loro “lontane”, cioè adulti e bambini, accomunate, per così dire, da una dimensione del tempo particolare, quella di un tempo che almeno in parte è consumato e quella di un tempo che non c’è ancora: In mezzo c’è tutta la vita, così che la narrazione della fiaba si caratterizza come un’iniziazione, per cui chi è già vissuto consegna alcune tracce – itinerari – a chi deve ancora intraprendere il cammino.

Si può pensare che dietro alla libera e fantastica narrazione destinata ad un bambino emergano spontaneamente, come in una seduta di psicanalisi, i desideri segreti, le speranze e, mi si permetta di dire, anche le frustrazioni e le compensazioni dell’adulto, insieme a pulsioni fortissime che costituiscono l’ossatura di una vita vera.

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04Per questo, come si diceva sopra. la fiaba non ha precisi connotati spazio-temporali: c’era una volta … il tempo è sospeso; ci si trova, come splendidamente descritto in “Battista l’equilibrista”, in uno sforzo gigantesco per conservare l’equilibrio, pena il precipitare nel vuoto, “L’uomo è un ponte”, scriveva F. Nietzsche. Anche i personaggi della fiaba, di solito, sono lasciati nell’indeterminatezza: “un … una” e non sono soggetti ad eccessive complicazioni psicologiche: In realtà, anche quando essi sono identificabili, persino chiamati per nome, essi rappresentano un mondo di riferimento: il sasso Firmino, il pagliaccio Batis, lo sceriffo in mutande, lo zingaro, Vanessa la vigilessa, Speedy e il tempo … Certo, in Foto/Fiabe è cambiato il ritmo della narrazione. Se non è cambiata “la necessità” (l’opportunità) di raccontare e di sentirsi raccontare le fiabe, si è, però, tenuto presente che i bambini di oggi sono venuti a contatto con il modo di narrare stenografico e velocissimo del fumetto, dove basta un’esclamazione per far risparmiare righe e righe di descrizione di uno stato d’animo o di un ambiente di vita, o anche con il modo immediato e incisivo dell’immagine televisiva. Eppure è davvero tutto un’altra cosa una storia che esca dalla bocca di un genitore o di un/una nonno/a in certi momenti particolari della giornata, una storia dedicata in esclusiva a quel bambino e solo a lui! Una storia che si può interrompere, magari per fare una domanda o per ritornare da capo se qualcosa di interessante è andato perduto.

05Di nuovo ritorna qui l’importanza dell’immagine in un mondo in cui “tutti” tendono a diventare immagine. Si sa quanto anche i bambini sentano la tensione del confronto costante con i coetanei, il conflitto legato ai beni di consumo, su cui pare reggersi la società. Loro stessi si lasciano ammaliare dal fascino del successo.

Il far cogliere loro, per immagini e per immaginazione, che, per forza di cose, si è tutti diversi e che è giusto accettarsi come si è, perché c’è del buono e del bello in ognuno e che a tutti manca sempre qualcosa è un impegno e un’avventura da percorrere. La fiaba de “La maschera d’oro” e della sua protagonista Eleni, “che voleva essere diversa, speciale, unica, perché … perché … si sentiva la più bella”, è davvero di grande suggestione!

11La fiaba “nuova” non può prescindere dal cammino della nostra epoca: i nostri bambini (anche quelli che restano fissi ai temi tradizionali …) hanno bisogno di sentire cose e di vivere situazioni, in cui possono riconoscersi e trovare riscontri “vissuti”. Perché la fiaba è anche un veicolo attraverso cui passa l’amore!

Con un’ultima osservazione a questo proposito:

Si può pensare che la fiaba nasca come “inganno” (consapevole, delicato, ma sempre inganno), nel senso che noi adulti non potremmo (o non vorremmo) mai dire ai bambini che li abbiamo chiamati a condividere un mondo brutto, cattivo, ingiusto, bugiardo, ma piuttosto ad avere fiducia nel mondo che li attende. In pratica la fiaba cullerebbe le nostre illusioni.

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06Ma si può pensare anche che, essendo essa presente presso tutti i popoli, sotto tutti i cieli, la fiaba raccolga le aspirazioni alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà, come si è raccontato in tanti interventi straordinari di questo bel testo di Enrico Fuochi e dei suoi amici scrittori. Scrive Zara Zuffetti, una brava scrittrice di fiabe: “Un bambino, nel momento magico in cui vive una dimensione di assoluta fantasia al fianco di un adulto, si sente amato, accudito, al sicuro, in una condizione di intimità e di tranquillità, che costituisce un patrimonio immenso per tutto il suo futuro. Ma anche per un adulto è un dono la possibilità di raccontare una fiaba, perché anche per lui può essere un momento liberatorio e un modo per poter evadere dall’autocontrollo e dalla razionalità che la vita “vera” pare richiedere di continuo: un dolce modo per rassicurare e rassicurarsi, perché, anche se l’infanzia è lontana, le paure ( e che paure!) rimangono sempre”. (In “Servitium”  n, 151, pag. 78).

3 – La “tonalità” dell’etica nella fiaba

07Un’ultima attenzione va prestata a questa ricca raccolta di immagini (foto) e di immaginazione (racconti): la sua “tonalità etica”: quella che chiamiamo  “la morale” della fiaba, il suo insegnamento recondito o esplicito che serva a vivere umanamente, fecondamente, liberamente.

Gli interventi del Grillo Saggio, della fatina Rosabianca, di Mamma Carmela, di Vasilikos, l’angelo custode, della “Cassaforte della morale” aperta all’uopo esprimono in modo concreto, di volta in volta, la ricerca di un significato etico da ricavarsi da tutto l’andamento delle storie presentate. Altre volte ci si affida ad un ragionamento, che viene richiesto come partecipazione emotiva allo sviluppo del racconto stesso: “la morale c’è anche in questa fiaba, e chi ama gli animali la può trovare da solo” si afferma (pag. 34).

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08Così lo stesso: “La morale? Beh, è facile: “Non fidarti mai della prima impressione e nelle difficoltà impara a cavartela da solo con le sole tue forze. Non sempre chi sembra volerti aiutare è un vero amico” (pag. 45)”.

In effetti quasi tutti i racconti “usano” in proposito quello che si può chiamare “il principio di polarità”: cioè si mettono a confronto da una parte “la realtà” dell’evento nel suo lato di solito problematico; una fuga, una strada sbagliata, un rifiuto all’ideale, una chiusura esistenziale ecc. ecc. e, dall’atra il rimedio, un nuovo cominciamento, il richiamo all’onestà, alla fedeltà …(per fortuna non si usa mai la parola “sacrificio” …). E’ un modo facile per tutti e comprensibile (quasi) immediatamente! Mi piacerebbe elencare per tutte le fiabe questi binomi “etici”, come si potrebbero chiamare, a partire dai primi racconti:

Per esempio:

09paura – speranza; servitù – libertà; solitudine – compagnia; assenza – presenza; attesa – godimento; maschera – realtà/verità; ipocrisia – sincerità; vecchi – giovani; prepotenza – accoglienza; lontananza – vicinanza; staticità – mobilità; menzogna – verità; instabilità – equilibrio; lentezza – velocità; esteriorità – interiorità; disordine – ordine; punire – valorizzare; trascuratezza – attenzione; legame – indipendenza; nemico – amico.

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 10Come si può vedere si tratta di un autentico serio elenco di parole e di atteggiamenti che costituiscono i contenuti dell’esistenza delle donne e degli uomini di oggi, i loro entusiasmi le loro delusioni, le loro aspirazioni e le sconfitte. Trovo molto bello che questi diventino anche i punti di riferimento essenziali di quest’opera straordinaria. Forse con piccolissimo suggerimento che si fa domanda discreta: qualche volta l’esercizio della morale non conosce solo alternative secche (secondo il principio di polarità), ma anche la grigia dialettica del compromesso, della ripetitività, dello scacco. O no?

FINISCE

Che posso dire? Grazie, Enrico, grazie Marcello!

CONTINUA:

WP_20141011_22_59_20_PanoramaOggi, 11 ottobre 20914, mostra fotografica a Castel Drena aperta fino al 4 novembre, dalle ore 10,00 alle 17,00 dal martedì alla domenica. Grande successo di amici e di “recidivi”, cioè di persone che hanno seguito Enrico nei tre eventi di Riva del Garda, Trento ed oggi di Drena.

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WP_20141011_22_58_13_PanoramaEd io, oltre che essere un umilissimo “cofiabista”, oggi ho fatto il “fotografo del fotografo”: due macchine al collo, mi davo certe arie ….! E poi, con il  mio telefonino, ho scattato le due panoramiche della sala durante il discorso di benvenuto di Enrico. Il Libro? Lo trovate alla libreria il Papiro di Via Grazioli, a Trento.

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“E a me che sono nella foto della favola del blogger Riccardo, spumante … niente?”

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Fine di questo superpost per davvero, questa volta,  ma non prima di somministrare alla vostra pazienza una foto mia, questa qui a fianco, che ho creato oggi al ricevimento inaugurale della mostra, utilizzando e integrando una foto di Enrico.

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