LA TERZA GUERRA MONDIALE E I NUOVI USA REPUBBLICANI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Novembre, 2014 @ 7:09 am

Detto altrimenti: … quella che stiamo vivendo             (post 1729)

La terza guerra mondiale, così Papa Francesco ha definito lo “stato di cose”(per usare un eufemismo!) che stiamo vivendo. Una terza guerra mondiale “a capitoli”, “a rate”.

thGU07MLVYIn questi giorni sto rileggendo “Il mondo di Atene” di Luciano Canfora (Laterza ed.). Parlando della lunghissima guerra del Peloponneso fra Atene e Sparta (431 – 404 a. C.), Canfora la analizza e rappresenta come una guerra “a capitoli”, “a rate”, ma senza fine,  in quanto mirata all’annientamento del diverso modo di vivere e governare dell’avversario. Sulla base delle sue considerazioni, la guerra del Peloponneso e la nostra attuale terza guerra mondiale sono entrambe simili fra di loro e a loro volta diverse da una “guerra civile” che non è (solo) quella combattuta all’interno di uno stesso Stato, bensì (anche) quella combattuta fra due stati aventi lo stesso modo di vivere e di governare.

Infatti Atene e Sparta avevano due modi di essere, vivere e governare assolutamente opposti. Lo stesso registriamo oggi fra il “nostro” mondo, il “nostro” modo di fare la guerra e le sue  (pseudo) ragioni e le caratteristiche e le motivazioni della nuova offensiva terroristica lanciata dai combattenti dell’Isis. Questa nuova, sciagurata, pericolosa terza guerra mondiale rischia quindi di essere molto lunga e a macchia di leopardo, una sorta infinita di “guerra dei guerriglieri” più che “guerra di eserciti” per la distruzione del nostro modo di vivere.

Perché scrivo queste mie osservazioni? Perché credo che il modo migliore per far trionfare la pace sia sì, quello di opporsi militarmente a questa iniziativa di morte, ma anche, nello stesso tempo, quello di rimuovere a monte le cause che l’hanno generata, e cioè evitare per il futuro lo strappo del passaggio da dittature o imperialismi coloniali  a improvvise pseudo-false-deboli-immature democrazie. Per fare ciò occorre esportare nel mondo la “libertà e capacità di progressiva e maturata crescita democratica”, non una democrazia top-down, preconfezionata e non assorbita dalle popolazioni interessate.

Per raggiugere questo scopo occorre un accordo fra gli USE- Stati Uniti d’Europa e gli USA-Stati Uniti d’America. Ma gli USE non ci sono ancora (e l’avanzare della destra francese non aiuta certo!)  e gli USA, con la sconfitta dei democratici, rischiano di imboccare una strada completamente diversa da quella che potrebbe portare a cambiare il mondo. Peccato …