EDIPO RE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Novembre, 2014 @ 2:13 pm

Detto altrimenti: gruppo di lettura dei classici “Maria Lia Guardini” presso la Biblioteca Comunale di Trento    (post 1766)

La prof ci raccomanda: nel leggere un testo teatrale occorre mettere in funzione la “cinematografia mentale” ed inoltre, in questo caso, tenere presente il modo nel quale gli antichi Greci assistevano alle rappresentazioni teatrali: dalla mattina in poi, a finire, tre tragedie ed un dramma satiresco. La gente si portava da mangiare, negli intervalli si riuniva in gruppetti chiaccherava, commentava, etc..

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La trama? Chi non la conosce, la trova quanto meno in internet: Edipo, re, scoprirà di avere ucciso il padre (per una banale lite di precedenza stradale, sic!) e di essersi congiunto con la madre. La madre-moglie si impicca, lui si acceca. Pier Paolo Pasolini ne ha tratto un film (1967).

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Sofocle. Edipo re. Tragedia rappresentata per la prima volta nel 411. Nel 414 c’era stato il disastro della spedizione ateniese in Sicilia. Gli oracoli, interrogati, erano stati propizi, e invece …. Nel 404 finirà la lunga “guerra totale”  del Peloponneso con la sconfitta di Atene, la distruzione delle sue mura, la consegna della sua flotta, l’imposizione del governo dei trenta tiranni, la guerra civile. Questo l’ambito, questo il clima. Fino alle successive egemonie: di Tebe, di Filippo il macedone, dei Romani. Punto.

Sofocle prende le mosse dal mito, da una sorta di coperchio che nasconde la realtà e lo fa ponendo Edipo in una situazione paradossale: tutti, spettatori compresi, conoscono la verità. Lui no. Lui è lo strumento innocente del fato del caso … innocente fino a quando non decide di potersi arrogare il potere di autopunirsi, accecandosi. Questo Sofocle non lo approva, a questo punto Sofocle non lo difende più. Perchè questa tragedia? nel “programma di sala” datato 411, per dire che la tragedia “è rappresentata” si usa il termine “didaskein”, che vuol dire “insegnare”. E il “maestro” è solo Sofocle, che  era l’autore e il regista di un insieme di parole, musiche (il coro) e azione. A lui, del resto si  è rifatto qualche anno dopo tale Wagner, maestro nella tri-rappresentazione di parola, musica e azione.

Gli dei, gli oracoli, chi li interroga, nel caso della spedizione siciliana, hanno indotto in errore  il governo di Atene. Anche l’oracolo di Delfi interrogato da Edipo era stato ambiguo: “Di chi sei figlio? Tu ucciderai tuo padre e ti unirai con tua madre”. Ambiguità “politica” dell’oracolo: Edipo fa di tutto per sfuggire al fato ma… ci casca in pieno. Morale? L’antropocentrismo (socratico) è un antropocentrismo limitato, condizionato da limiti esterni, a differenza di quello del superuomo novecentesco. Un Sofocle poi … un pessimista che non si fida degli oracoli: sarà l’uomo  a sue spese, che deve scoprire la verità!

A me, personalmente, piace vederci un ridimensionamento della credibilità degli oracoli (di tutti i tempi! N.d.r.) che avevano dato vincitrice Atene su Siracusa 20 a 1 e soprattutto quella degli uomini che a quegli oracoli avevano ciecamente creduto. Lo stesso Edipo, del resto, dimostra e dichiara di non tenere in gran conto le profezie degli oracoli. Tuttavia esse, talvolta, c’azzeccano, quindi se ne deduce che esse non sono attendibili! Il mito, gli oracoli “politici” portatori di una verità elastica che  viene adattata (dal caso, per carità … non dall’uomo!)  alla storia che si sta raccontando!. Edipo stesso, scoperta la sua origine incerta, afferma “Io sono figlio del caso”. Tukon, il caso, per caso … e poi “Io mi sono fatto da solo, quello che ho lo devo solo a me stesso”. E invece …

Nella lettura del testo appaiono quasi “saltabili” i vari interventi del coro: in Sofocle essi sono il commento al tutto, che coincide con il pensiero dell’autore (In Eschilo al contrario rappresentano il modo di pensare collettivo).

Et de hoc satis … fino ai  prossimi appuntamenti:

  • 9 dicembre 2014: Seneca, “Edipo”
  • 13 gennaio 2015: Sofocle, “Edipo a Colono”.

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