TRENTINO BOOK FESTIVAL: ANDREA NICOLUSSI GOLO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Giugno, 2015 @ 6:20 am

Detto altrimenti: il libro nella tempesta … e nei temporali …    (post 2082)

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Caldonazzo, cald … kalt … freddo? Come Caldaro-Kaltern forse, chissà? Tanti anni fa ci passai per scalare in bicicletta la Keiserjaegerweg, alias il “Menador”, splendida strada militare austriaca. L’Austria, l’Impero … Ero salito anche per vedere l’abez del prinzep, l’abete del principe, quasi una piccola sequoia. Ma questa è un’altra storia.  Ieri con amici, una scrittrice, Nadia Ioriatti (cfr. i vari post qui nel blog sulla sua opera “Io tinta di aria”) a visitare il Festival del libro. Fra un temporale e l’altro. Già, il tempo non è clemente in questi giorni. Peccato. Ci siamo andati “mirati”, per ascoltare la presentazione di un libro, “Diritto di Memoria” di Andrea Nicolussi Golo, scrittore Cimbro di Luserna, presentazione da parte del giornalista Carlo Martinelli, amico e “presentatore” anche di Nadia. Ecco, questa è l’anteprima. Ora possiamo iniziare.

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Andrea e il suo libro. Non è facile per me, blogger despecializzato di Trentoblog, cercare (/pretendere?) di “sostituirmi all’insostituibile” specializzatissima bookblogger Mirna Moretti (www.trentoblog.it/mirnamoretti) che non era presente alla serata. E poi non è facile per chiunque parlare di un libro che non si è letto e di un autore che si è conosciuto solo poche ore prima e per una sola ora. Ma tant’è … preferisco rischiare e scrivere “a caldo”  piuttosto che rimandare a quando fra qualche giorno avrò letto il libro. Da un libro puoi iniziare a conoscere l’Autore; dalla conoscenza dell’Autore puoi dire di iniziare a conoscerne il libro: e quest’ultimo è il mio caso. All’Autore, dunque!

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Carlo, Andrea, il Lettore

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Andrea parla con voce sommessa e se ne scusa, un sottotono che “persuade” con la stessa dieresi su quel “persuade” al pari di quella del “persuade” della voce dell’Ora di Barga. Un voce che conquista senza avere bisogno degli alti volumi, di essere amplificata e per questo a maggior ragione apprezzabile e apprezzata. La riprova? Un uditorio immobile, silenzioso, attento nonostante il temporale che roteava sul telone teso in un tentativo di  protezione.

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Dice … sono figlio di contadini, anche se mio padre faceva il muratore. Avevamo tre vacche, supporto all’alimentazione di sei figli. A Luserna, terra Cimbra. Martinelli lo provoca: sei Cimbro? Italiano? Andrea si dichiara 100% Italiano, 100% Cimbro, 100% di cultura tedesca etc.. Cimbro che scrive in una lingua straniera, l’italiano, visto che l’ha imparata dai sei anni in su, quando invece usualmente termina, per i bambini, il periodo di apprendimento della lingua madre.

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Con una foto del 2014 ho voluto “copiare” quella della copertina del libro (pista ciclabile verso Carisolo)

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Andrea non reclama per sè alcuna “identità” bensì solo una “appartenenza” fatta di una cultura “comune a”, ovvero di un insieme condiviso di conoscenze, storia, abitudini, tradizioni concrete, vissute giorno per giorno, e non di un sentirsi “identico” (ecco l’identità) ad altri ma solo per una pericolosa ed escludente definizione. Una “appartenenza” ad un gruppo che pratica l’accoglienza dell’Altro e non una “identità” che si chiude all’altro in quanto non-identico. A questo punto Andrea racconta come sua mamma accoglieva e rifocillava il vagabondo che ogni anno transitava da Luserna, un vagabondo che cantava un suo inno personale al Generale Diaz in casa di chi ne aveva subito le bombe. Ma tutto ciò non impediva l’accoglienza. Da Diaz – il riparatore dei danni del suo predecessore –  Andrea risale a Cadorna, il “macellaio della prima guerra mondiale” (queste sono parole mie, n.d.r.), il riesumatore della terribile legge della “decimazione” (parole sue, n.d.r.) ed alla prima guerra mondiale in genere, madre di tutte le guerre successive (concordo pienamente, n.d.r.) ed alla “fuga dalla guerra” di Zeno, il protagonista, che emigra in Sud America.

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Milano, Piazzale Cadorna, fermata MM “Cadorna”: ma per favore … cambiate quella intitolazione! Intitoliamo tutto a Diaz, che non si merita certo di essere ricordato principalmente per gli orrori della scuola di Genova!

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No, thanks: people love paper. Me too!

Carlo incalza: parola parlata o scritta?  “Le parole sono pietre” firmato Don Milani (citazione mia, n.d.r.), ma quali parole, quelle parlate o quelle scritte? E Andrea accetta questo nuovo confronto. Oggi si legge e si scrive di più d’un tempo, dice, ma soprattutto posta elettronica, scritti elettronici, parole scritte che puoi modificare in ogni momento. Quindi, forse, maggior valore ha la parola parlata oppure quella “scritta che resta”, quella “sui libri”. “Il libro è morto viva il libro” si legge in una mostra di disegni a favore del libro di carta (concedetemi un inciso personale: io non riesco, non voglio, non desidero passare dal libro di carta all’E-book). Ma … incalza, Carlo, per chi si scrive? E Andrea: io? Per me, non certo per il mondo! E’ vero, dico io, per se stessi e per chi vuole essere se stesso, con onestà, per chi, ad esempio, nell’emigrante Zeno, persona “nostra” vede gli immigrati di oggi. Noi ieri come loro oggi.

Zeno, uomo povero, non poveretto, specifica Andrea: “poveretto” è un insulto; “povero” è la semplice constatazione di una situazione economica. Zeno, chissà perché quel nome …  mi chiedo … forse per “La coscienza di Zeno” (Italo Svevo), ecco cosa mi viene in mente, un altro romanzo, una autobiografia, personaggi e storie diverse ma con un unico filo conduttore: alla fine  la previsione di una catastrofe, la guerra.

Zeno che rientra in patria su un transatlantico felliniano, lui che scopre lo stesso quadrilatero dell’Orsa Maggiore che ammirava dal suo paesello natìo, mentre i passeggeri della prima classe sono distratti,  affaccendati a consumare lussi superflui.

E la pìetas (attenti all’accento, sulla “i”, per favore), ovvero il rispetto degli Altri e soprattutto degli Dei – questa era infatti la pìetas romana, talvolta oggi erroneamente tradotta con “pietà” – la pìetas traspare dalle parole scritte del libro e lette dal lettore e dalla parole parlate dell’Autore, solo che agli Dei ha sostituito un solo Dio, quello che invita ad accogliere e ed amare il prossimo.

Per concludere: leggerò volentieri questo libro sull’appartenenza, l’accoglienza e contro la guerra. La copia che ho acquistato ha una dedica dell’Autore: “A Riccardo, con gratitudine”. Dice… sai, come posso scrivere “con stima” per una persona che non conosco … hai ragione, Andrea! E quella gratidudine anticipata spero di meritarmela a posteriori. Non tanto per la pubblicazione del post, che anch’io scrivo innanzi tutto per me stesso. Quanto piuttosto per i suoi contenuti, ovvero nella misura in cui io non abbia appena scritto su Zeno e Andrea corbellerie troppo evidenti. Ma ve l’avevo detto: preferisco in ogni caso scrivere eventuali corbellerie a caldo piuttosto che dotte e pretenziose  riflessioni a freddo.

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