ANTROPOLOGIA DELL’EXPO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Ottobre, 2015 @ 8:13 am

tto altrimenti: io non ci sono andato                             (post 2155)

 

  • Coda-allExpo-milanese-e1445183583565[1]Expo, quadratura dei costi-ricavi diretti? Molto probabile, benino.
  • Expo, grandi guadagni indiretti nell’indotto? Si, bene!
  • Expo, nostra vetrina internazionale? Si, molto bene!
  • Expo, importante focus sul problema dell’alimentazione globale? Si,  benissimo!

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Dice … ma allora perché tu non ci sei andato? Scialla raga, calma ragazzi: io sono stato condotto a questo mio comportamento da un super io, da una non-motivazione automatica, quasi esterna alla mia volontà. In che senso? Nel senso che più di “decidere di non andarci”,  semplicemente “non ho deciso di andarci”.

Ed ora, di fronte alle immagini ed alle testimonianze di sette-dieci ore di coda, mi chiedo: quale linguaggio parlava l’Expo? Sicuramente ne parlava molti:

  • un primo linguaggio è stato quello rivolto agli espositori: “Venite, sarà un’ottima vetrina anche per voi!”
  • Un secondo, alla comunità internazionale: “Vedete come siamo bravi noi Italiani? Investite in Italia!”
  • Un terzo alla gente comune: “Venite, potrete vedere molte cose e anche se le code troppo lunghe ve lo avranno impedito, potrete dire “Io ci sono stato, anzi, ci sono stato due volte”.

Ecco, mi soffermo su quest’ultimo passaggio, il quale – per carità, nessuno si offenda – non riguarda certo tutti … ma tant’è: una persona che conosco si è sobbarcata per ben due volte – in entrambi i casi inutilmente – la spesa e lo stress del viaggio per NON vedere il padiglione giapponese. Però non l’ho mai sentita lamentarsi di ciò, bensì solo vantarsi di “esserci stata ben due volte!” Ed arrivo alla considerazione antropologica: sarebbe interessante conoscere il grado di istruzione delle persone che hanno visitato l’Expo e che cosa ne hanno tratto.

 (Ed ora via … sarò accusato di qualunquismo, classismo, diversismo … chessò? Coraggio: sparate sul pianista!)


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