DA DANTE A SENECA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2016 @ 2:44 pm

Detto altrimenti: qualche secolo indietro (rispetto al post precedente)          (post 2281)

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Questa mattina, in biblioteca Comunale di Trento per la lettura dei classici con la Prof Maria Lia Guardini. E’ stata la volta dell’ Apokolokyntosis di Seneca, ovvero della “Deificazione di una zucca” ovvero di uno zuccone. Altri titolano Ludus de morte Claudi, altri Divi Claudi apotheosis per saturam.

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thLUX74VH2Lucio Anneo Seneca, (4 a.C. – 65 d. C.), è stato filosofo, grammatico, retore, drammaturgo, educatore e politico romano, esponente dello stoicismo. Condannato a morte da Caligola ma graziato, esiliato in Sardegna da Claudio per una questione di donne, divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della di lui madre Agrippina. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l’esecuzione di quest’ultima come male minore. Alla morte di Claudio, Seneca scrisse una satira feroce, La “Deificazione di uno zuccone”. La satira, genere letterario difficile da comprendere appieno 2000 anni dopo se non altro per la mancanza di molti riferimenti personali, rappresenta in Seneca un triplice atto critico: contro la poesia epica, contro l’intero sistema degli Dei allora in carica, contro l’ex imperatore, il quale, “assistendo al suo funerale si accorse d’essere morto” : ancora oggi, a Roma, se l’auto che vi precede tarda a muoversi, il vostro tassista gli riserva un “Aho, quello è morto ma ancora nun gli l’ha  detto nessuno”.

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                       Claudio

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Seneca educatore di Nerone. Avrebbe voluto farne un governatore filosofo, sul modello dell’utopia platonica. Ma la storia ci dice che non ci riuscì. Seneca scrisse anche l’orazione funebre che Nerone lesse ai funerali di Claudio (la tradizione richiama la shekesperiana orazione di Antonio alla morte di Cesare), solo che l’eccesso delle lodi ivi contenute scatenò l’ilarità dei presenti. Insomma, quella di Seneca una vendetta nei confronti di Claudio ed una captatio benevolentiae nei confronti di Nerone.

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thCRIQDLOPSeneca osanna Nerone, prossimo imperatore e critica Claudio. Una accusa mossa al defunto è quella di avere fatto uccidere molte persone senza processo e di  “avere concesso la cittadinanza (romana) a Greci, Galli, Ispani e Britanni. In allora, una cittadinanza che oggi potrebbe equivalere a quella europea o di uno stato dell’UE. Altra critica, l’essersi fatto strumentalizzare dai liberti, oggi potremmo dire da immigrati divenuti cittadini. Come si vede il giudizio di Seneca è di parte, senza appello. Anzi, irriguardosamente calca la mano su una serie di difetti fisici del suo ex imperatore: malaticcio, zoppo, malato di gotta, etc.. Insomma, contraddice il detto “de mortuis nihil nisi bonum”. A questa mia osservazione la Prof ricorda che il suo babbo, portandola ragazzina a visitare il cimitero del paese natìo, dopo aver letto che era pieno di “sposo/a, padre/madre, figlia/o, lavoratore/trice etc. integerrimo/a”, e disse: “Ma allora i mascalzoni dove li hanno seppelliti?”

La pena comminata a Claudio? Dover giocare a dadi con un bussolotto sfondato! Un po’ come spingere i massi danteschi “inutilmente”, ovvero su e su e su …  e loro che tornano giù, infinite volte! Una pena banale per un uomo, secondo Seneca, banalmente reprobo.

Oggi, martedì grasso. Per noi quasi una coincidenza letteraria con la “carnevalata” di Seneca, il quale tuttavia, in una qualche misura “castigat ridendo mores”, se non altro dal suo punto di vista molto laico, per quanto sberleffa i suoi Dei. E bravo Seneca!”

Prossimo appuntamento: martedì 23 febbraio con le Satire di Orazio

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