LA PROPRIETÀ TRANSITIVA NELLA DEMOCRAZIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Agosto, 2016 @ 9:01 pm

Detto altrimenti: a pensar male …   (post 2451)

Il concetto di base è semplice: se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A è uguale a C. In politica ciò non sempre avviene. Prendiamo un sistema politico democratico. Un’Assemblea, sulla base di una tesi, elegge gli organi, ogni organo esprime un coordinatore. I coordinatori ( presidente, segretario, etc. )sono gli organi esecutivi, per così dire, attuativi della linea deliberata dall’Assemblea. Fedelmente.

Solo che qui talvolta interviene un inghippo anzi due: la mancanza del vincolo di mandato (1)  e poi. Poi … i nostri antichi progenitori romani lo definivano con poche parole: “Plurimae leges, corruptissima republica”, ovvero la res publica (oggi diremmo la repubblica democratica, la democrazia) è di fatto tanto più tradita, travisata, snaturata quanto più elevato è il numero delle leggi e delle regole che la governano. Infatti oggi assistiamo a leggi, statuti e regolamenti di partiti politici molto (troppo, n.d.r.) complessi, super articolati, che prevedono organi e sotto organi, partecipazioni allargatissime anzi confuse, con e senza diritto di voto, etc., per cui, talvolta, all’organo esecutivo superiore basta semplicemente ignorare le delibere degli organi inferiori ed agire in modo autonomo. Magari, essendo formalmente sostenuto ed eletto dalla propria maggioranza, cerca ed ottiene il sostegno anche della minoranza avvalorandone le tesi risulte sconfitte in Assemblea.

Ma dai, come è possibile ciò? Direte voi … e invece accade. Accade anche perchè la massa della popolazione è distratta, spesso ha perso l’affezione verso la politica, è stanca di beghe e controbeghe e poi. E poi accade un po’ come nel gioco del passa parola: si inizia con una parola e si finisce con un’altra! E chi partecipa ad una delle votazioni della catena della rappresentanza, spesso si accontenta di far prevalere la propria tesi in quella sede, ma poi non controlla se quella tesi viene travisata nei passaggi successivi. E chi prevarica il sistema politico sa bene tutto ciò.

Chi ci rimette? Ci rimette – coscientemente – chi è seriamente ed onestamente impegnato in politica e vede vanificato il proprio apporto. Ci rimette – inconsapevolmente – chi non “fa politica” nemmeno nel senso di prestare attenzione alle cose della politica: ma per costoro, tanto vale …

Quindi ogni “prevaricatore della democrazia” sa bene che purtroppo così come spesso “il diritto non è ciò che prevede la legge ma ciò che faranno i carabinieri e l’ufficiale giudiziario”, altrettanto sa bene che – purtroppo – talvolta la politica può essere quella dei fatti compiuti, dei titoli dei giornali (che sono la parte più letta di ogni articolo … quindi basta avere un titolista amico…) ed allora fa. Fa come vuole indipendentemente dalla catena dei successivi mandati dalla base in su. La massa segue, tace, poi in qualche modo andrà a votare.

E quelli che esigono il rispetto della catena omogenea dei mandati, ove reagiscano, sulla stampa diventano i “malpancisti”, i “velenosi”, “quelli che creano problemi”. Nella migliore della ipotesi,” i puri e duri”, ovviamente con un certo sarcasmo …

Ed allora il prevaricatore politico che altro fa? Lui che è stato eletto dalla maggioranza ma ha reintrodotto le tesi sconfitte in assemblea, lui che capo della maggioranza si è alleato con la minoranza, si erge a paciere fra maggioranza e minoranza!

Come rimediare a tutto ciò? Semplificando la catena degli organi della rappresentanza è istituendo il sistema Siemens. Sistema Siemens? Si, quello che prevede per ogni business/prodotto, tre controlli: preventivo, concomitante e successivo. Ovvero: dove è andato a finire ilo mio voto? Come è stato “onorato” dagli eletti? E poi. E poi – diciamocelo – basterebbe non essersi bevuto  il cervello …

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(1) Il vincolo di mandato formale – ove fosse statuito – impedirebbe al politico/amministratore di cambiare casacca (partito) dopo l’elezione. Il vincolo di mandato morale impedisce allo stesso soggetto – pur rimanendo all’interno dello stesso partito –  di cambiare tesi rispetto a quelle per le quali è stato eletto/nominato.