SOCIOLOGIA DELLA SEGGIOVIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Gennaio, 2017 @ 6:12 am

Detto altrimenti: per quanto … anche della funivia, ma è meglio la seggiovia (post 2601)

Mia moglie mi dice: “Ma … oggi … vai a sciare da solo?” Già il presupporre che il problema non sia l’andare a sciare, ma l’andarci da solo o meno, la dice (quasi) tutta. Per un appassionato (anche) dello sci, essere un V.I.P. (Vecchietto In Pensione); abitare a mezz’ora d’auto dalla prima seggiovia; avere in tasca l’abbonamento stagionale agli impianti di risalita … ecco, tutte queste pre-condizioni dovrebbero sciogliere il primo nodo interpretativo.

wp_20170101_001

.

Se poi ci aggiungete che a me piace alzarmi molto presto ed arrivare agli impianti di risalta ben prima della loro apertura … capirete perché spesso vado a sciare “da solo”!

.

wp_20170101_005

Ma i seggiolini in risalita non sono vuoti …

Ed allora veniamo al secondo, vero nodo, a quel “da solo”, iniziando dalla seggiovia. Ormai sono quasi tutte seggiovie a quattro posti. Raramente quindi sei solo. Se i miei compagni di viaggio parlano, a me piace indovinarne la provenienza: italiani, locali, ma di quale regione, stranieri. Il riconoscimento dei locali non è un problema: al massimo potrei sbagliare la valle alpina di provenienza, ma anche questo accade raramente: infatti dopo trent’anni di residenza, distinguo facilmente Rivani, Solandri, Nonesi, Fiammazzi, Roveretani, Trentini, etc.. E poi, come si fa a non individuare il turista di Parma (vocali molto laaaarghe!) rispetto al reggiano? Romani, Napoletani e Siciliani – d’altra parte – riconoscerli è come rubare in chiesa: troppo facile! Ma insomma, basta: queste sono solo esemplificazioni, perché volevo parlare di sociologia non di “etnia”, sociologia nella sua espressione più semplice e banale: comprensione studio della società (e della persona), nel caso mio, “di provenienza”.

imagesLa risalita in seggiovia per andare a sciare sulla neve ti aiuta. Per una serie di motivi. Innanzi tutto ogni passeggero è rivolto in avanti, cioè non si è uno di fronte all’altro. Ciò crea una sorta di moderna grata confessionale che aiuta ad aprirsi all’altro, senza vergogna o reticenza. Inoltre ormai tutti indossiamo un casco dotato di occhiali-mascherina che “mascherano” il volto ed  aiutano a vincere una certa sorta di diffidenza che spesso ognuno di noi nutre per lo sconosciuto.

.

emmanuel_levinas.

Insomma, siamo ben lungi dall’affrontare la responsabilità del Volto dell’Altro, di quel Volto che sta alla base della filosofia di Emmanuel Levinas (foto accanto), secondo i quale “… il Volto dell’Altro ti interroga e si aspetta una risposta da te”. Ma allora, in mancanza dell’interrogazione del Volto, come iniziare? Semplice. Con un “Buongiorno”, seguito da una considerazione sulla qualità della neve, l’affollamento delle piste, la temperatura, etc.. Ti accorgi subito se l’Altro è disponibile o meno (al 90% riscontro disponibilità piena). Se poi fra i tuoi compagni di viaggio vi sono bambini, allora sfoderi la tua qualità di nonno di una bimba di sei anni, sciatrice anch’essa, ed il gioco è fatto. Il gioco è fatto, il ghiaccio è rotto. E cominciano le scoperte. La scoperta di Persone che hanno le tue stesse aspirazioni, i tuoi stessi hobby, i tuoi stessi problemi, persone che conoscono persone che tu stesso conosci (“in tre passaggi arrivi al Papa: parroco, Vescovo, Papa” diceva quel tale).

In alcuni casi si arriva a parlare di lavoro, a confrontarsi anche su questo piano. L’unico discorso che evito è quello politico, perchè in caso di (forti) contrapposizioni – sempre possibili – nessuno degli interlocutori, al crescere della tensione, potrebbe scendere dalla seggiovia “anzitempo” per evitare che il confronto diventi “scontro”.

Ecco, mi accordo che mi sono già dilungato troppo. Volevo solo segnalare questo nuovo aspetto di una possibile indagine sociologica augurandomi che qualche sociologo “vero” ben più preparato e attento di me, che sono solo un ex manager di SpA, “vile meccanico manzoniano” della sociologia, approfondisca l’argomento.

Buone sciate sociologiche a tutte e a tutti!

P.S.: vi è poi anche la “sociologia della bicicletta”: esci da casa da solo e rientri accompagnato da nuove conoscenze che talvolta poi diventano vere amicizie. Ma questa è un’altra storia e ve ne parlerò in un prossimo post (per non parlare della sociologia di sciatori-ciclisti … v. post precedente!)

.

.