LA POLITICA E IL DESIDERIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Febbraio, 2018 @ 6:45 pm

Detto altrimenti: il desiderio e la politica         (post 3078)

Il desiderio. Ne ho parlato due post fa in relazione alla sua funzione sostitutiva rispetto all’istanza penitenziale autopunitiva della Quaresima della birra (cfr. ivi). Oggi riprendo il discorso secondo l’ottica del grande filosofo francese Gilles Deleuze (1025-1995).

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           Gilles Deleuze

Guardo la foto che ho scattato l’estate scorsa al mare, perché voglio rivivere le sensazioni vissute allora guardando quel mare. Ma qualcosa non funziona, non attingo più alle stesse sensazioni. Come mai? Nei termini posti da Deleuze, il problema è l’oggetto del desiderio o, per meglio dire, la possibilità che il desiderio possa avere un oggetto. Non rivivo le stesse sensazioni, cioè, perché ciò che le aveva generate non era un oggetto (che la foto potrebbe effettivamente rappresentarmi) ma un insieme (che le foto non può più rendere). Di che insieme parla Deleuze? Dipende: l’insieme del mare, del vento, delle conversazioni appena avute sulla spiaggia, dell’effetto della sabbia fra le dita dei piedi, del pensiero della cena che mi attende, della doccia di cui ho bisogno, ecc.. Proprio per questo non si desidera che un insieme.

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Il discorso è mutuabile a prescindere dal contesto. Una stessa partita di calcio vista da solo o in compagnia cambia perché cambia l’insieme, non perché cambia la partita. Questa sera ci sarà Milan-Sampdoria, e io – sampdoriano come mio figlio – la vedrò con lui, in un insieme diverso da quello che si costituirebbe se la vedessi da solo (finirà 1:0 per il Milan, acc…).

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Passando alla politica, la questione si ripropone e si arricchisce. Non soltanto si desidera sempre un insieme. Ciò che conta è che si desidera sempre insieme. Perché un insieme, come le cose su cui verte un programma politico, deve essere sempre desiderato insieme. A questo punto una domanda: perché il desiderio è stato espulso dalle categorie politiche in favore di una pura razionalità? Non esiste forse anche un desiderio immediatamente collettivo in cui riconoscersi assieme? E qui viene il simbolo, fattore di unione per tutti coloro che vi si riconoscono. Ma se taluno, fosse anche il suo ideatore, vuole fare del simbolo una proprietà privata, esso, da elemento di unione diventa fattore di guerra e di divisione e soffoca l’ “insieme desiderante”.

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